GLOBAL STOCKTAKE: DOPO LA PRIMA SETTIMANA CI SONO ANCORA TUTTE LE OPZIONI SUL TAVOLO
- Alla fine della prima settimana di COP28 i lavori sul Global Stocktake sono in ritardo, senza ancora un testo effettivo da trasmettere ai ministri.
- La bozza attuale presenta ancora tutte le opzioni possibili (ben 29), riflettendo la difficoltà di trovare un compromesso.
- Degna di nota la menzione del “phase-out” dei fossili e del rispetto dei diritti umani, che tuttavia difficilmente rimarranno.
Il Global Stocktake è il fulcro di questa COP, data la sua importanza per incrementare l’ambizione verso il conseguimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Era poi già chiaro dagli intermedi di Bonn che i negoziati su un tema onnicomprensivo quanto polarizzante sarebbero stati spinosi, e questa prima settimana di COP28 lo ha confermato.
Nonostante i negoziati su questo tema fossero iniziati già i primissimi giorni, la bozza attuale è ben lontana dall’essere un testo adottabile. Troppi i punti di vista divergenti, tanto che per rifletterli il testo presenta ben 29 opzioni diverse (i cosiddetti “building blocks”), da cui partire per determinare quali elementi tenere e quali eliminare.
Secondo il piano originale, i Paesi avrebbero dovuto fornire input concisi, “chirurgici”, in modo da ridurre il più possibile le opzioni aperte e produrre una bozza da trasmettere ai ministri come base per negoziare nella seconda settimana. La realtà è stata ben altra: i negoziati del 5 dicembre, durati tutta la sera, hanno visto diversi Paesi lanciarsi in lunghi interventi (record cinese di 27 minuti), elencando le modifiche desiderate punto per punto. È stato dunque impossibile per i co-chair produrre un nuovo testo nel poco tempo rimasto, dato che erano obbligati a chiudere la fase “tecnica” nella prima settimana per poi passare la palla ai ministri.
Di conseguenza, i co-chair hanno preso l’insolita decisione di trasmettere alla Presidenza la precedente bozza senza alcuna modifica che riflettesse gli ultimi input. Come prevedibile, diverse Parti hanno espresso riserve sulla procedura, che in un certo senso ignora tutte le lunghe discussioni del giorno precedente. Dopo una pausa di consultazione, le Parti sono riuscite per fortuna a raggiungere un consenso. Grazie all’iniziativa di un gruppo di Paesi guidati dal Canada (tra cui UE, Cina e India), si è deciso che le conclusioni del negoziato – esclusivamente “procedurali”, ovvero su come deve proseguire il processo – sottolineeranno che l’attuale bozza non riflette appieno tutti i punti di vista delle Parti e che è un semplice “work in progress”. Questi Paesi si sono inoltre offerti di compilare l’elenco degli input di tutte le Parti non solo dei negoziati del giorno precedente, ma di tutta la settimana. La Presidenza (o eventualmente le Parti) avrà poi il compito di redigere la nuova bozza per la seconda settimana, tenendo conto degli input inviati per iscritto. Dovremo dunque aspettarci che il testo cambi ancora.
Uno dei punti più contenziosi è sicuramente il famoso “phase-out”, ovvero l’abbandono dei combustibili fossili. Il termine trova attualmente spazio nella bozza, in cui si chiede alle Parti di intraprendere azioni in questo decennio critico che portino a un abbandono “ordinato e giusto” dei fossili, secondo la prima opzione. La seconda opzione, molto più blanda, parla invece di accelerare gli sforzi per abbandonare i fossili le cui emissioni non vengono compensate (unabated), con l’inclusione quindi di una scappatoia.
È degno di nota il fatto che il phase-out trovi spazio in entrambe le opzioni, anche se non vengono (ancora) menzionate alcune tempistiche. Sul tavolo, però, c’è anche una terza opzione che prevede di eliminare interamente questo punto. Purtroppo quest’ultima sembra la più probabile, data la resistenza di diversi Paesi.
In particolare, Arabia Saudita e Russia (con Vladimir Putin in visita proprio il 6 dicembre negli Emirati) continuano a ribadire che lo stocktake non debba includere nessun linguaggio prescrittivo – dunque nessun target specifico per esempio sulla riduzione delle emissioni o sul tipo di fonte energetica o settore – in quanto le misure da adottare a livello nazionale sono di esclusiva competenza del singolo Paese. Anche le grandi economie emergenti, Cina e India, sono restie a includere un linguaggio sul phase-out, sottolineando l’importanza dei fossili per garantire sicurezza energetica mentre la transizione è in corso.
Un’altra fonte di tensione è, anche qui prevedibilmente, la finanza. I Paesi più ricchi, Stati Uniti su tutti, continuano a osteggiare un linguaggio che sottolinei specificamente l’obbligo dei Paesi tradizionalmente sviluppati a fornire supporto finanziario. Le economie emergenti, d’altro canto, premono per un maggior riferimento ai “mezzi di attuazione”, l’insieme di risorse finanziarie, trasferimenti di tecnologie e capacity building di cui i Paesi in via di sviluppo hanno bisogno per attuare misure di mitigazione e adattamento.
Un altro elemento significativo che troviamo nella bozza è anche la menzione dei diritti umani, che ricorre più volte nel testo. Nel preambolo si fa infatti riferimento al rispetto per i diritti umani, il diritto a un ambiente sano e sostenibile, il diritto alla salute, i diritti delle popolazioni indigene, delle comunità locali, dei migranti, dei giovani, delle persone con disabilità e in situazioni vulnerabili, la parità di genere e l’equità intergenerazionale. Inoltre, un’opzione delle considerazioni generali nota come un approccio inclusivo e basato sui diritti umani favorisca l’azione climatica. Tuttavia, questi riferimenti hanno fatto storcere il naso a Paesi come Arabia Saudita e Russia, che probabilmente continueranno a opporsi al loro inserimento nel testo finale.
Alla chiusura della prima settimana e senza un vero testo effettivo da cui partire, la preoccupazione di diverse Parti come i Paesi meno sviluppati, nonché della società civile, è che questo ritardo nella fase tecnica rallenti l’intero processo. I ministri e le delegazioni avranno infatti solo cinque giorni per negoziare, sebbene sia probabile che la conferenza venga anche stavolta estesa di almeno un giorno. Qualsiasi minuto è prezioso, perché dai risultati di questo bilancio dipende il contenimento delle temperature medie globali entro 1,5°C e, con esso, la preservazione del pianeta e la vita di tante persone.
Articolo a cura di Teresa Giuffrè, Delegata Italian Climate Network a COP28
Immagine di copertina: Draft negotiating texts 05 Dec 2023