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“SOLDI E REGOLE” SU LOSS AND DAMAGE: RESOCONTO DELL’EVENTO ICN A COP28

  • L’evento “Money + rules” è servito a fare chiarezza sulle problematiche del futuro meccanismo di finanziamento su loss and damage
  • Dopo l’adozione del testo negoziale il primo giorno di COP, adesso è importante parlare sia di risorse finanziarie che di regole 
  • Un facilitato accesso delle società civile nella governance del Fondo sarà un un criterio imprescindibile.

Inizia puntualissimo alle 15.00 ora di Dubai il side event organizzato da Italian Climate Network in partenariato con la Northeastern University (USA) e con speaker da University College of London (GB), CMCC e Viracao e Jangada (Italia, Brasile), CAN International e Loss and Damage Youth Coalition.

A sorpresa in sala e poi tra gli speaker dell’evento l’Ambasciatore e Inviato Speciale per il Clima di Timor Est, S.E. Adao Soares Barbosa, membro (in quota Global South) della Transitional Committee che durante il 2023 ha definito le regole di funzionamento del Fondo poi adottate nel primo giorno di COP e storico protagonista dei negoziati sul tema.

Al momento dell’ideazione dell’evento, mesi fa, ci aspettavamo di poter trovarsi nella fase più critica dei negoziati sul funzionamento del nuovo Fondo Loss and Damage. Neanche le più positive previsioni avrebbero potuto prevedere lo scenario in cui, durante questo evento l’accordo sulle perdite e i danni sarebbe risultato adottato da già una settimana. L’evento “Money + rules” si è quindi svolto ad accordo trovato, acquistando paradossalmente un valore strumentale ancora più importante per comprendere e contestualizzare nel dettaglio il tema di come finanziare perdite e danni sotto il nuovo regime e spingere verso migliori risoluzioni in futuro, peraltro mentre proseguiva in parallelo il negoziato, collegato, sul Santiago Network.

Come contestualizzare gli impegni dichiarati dagli Stati nei primi giorni di COP, tra i quali i 100 milioni di euro dell’Italia?. Come rispondere o far proprie le agitazioni della società civile, che si interroga sull’efficacia delle regole istituite dalla Transitional Committee e sull’aderenza di queste ai valori basilari di giustizia climatica e responsabilità comuni ma differenziate? Proprio per provare a dare una risposta a questi interrogativi abbiamo dato la parola a esperti del mondo universitario, dei negoziati e della società civile. 

La prof. Lisa Vanhala dell’University College London ha evidenziato le problematicità del fondo nella sua forma attuale, da lei studiate approfonditamente. La prima è sicuramente la questione della collocazione del Fondo, anche se per un periodo-test abbastanza breve, quattro anni, sotto la Banca Mondiale, con una riflessione sul ruolo della stessa Banca nelle politiche internazionali. La seconda, come si posiziona il nuovo Fondo su Loss and damage all’interno dello spettro globale della finanza climatica? Quali i collegamenti, necessari, con il nuovo obiettivo quantitativo sulla finanza da approvare entro la prossima COP? Inoltre, qual è il ruolo del Fondo nel quadro del Global stocktake di quest’anno?  Molte le domande lasciate aperte dall”esperta”, in un contesto in cui in ogni caso “l’influenza esercitata dalla società civile è stata centrale” nello sviluppo del tema e del processo e dovrà continuare ad essere così.

Prima di poter aprire e capire la questione politica sulla collocazione del Fondo e sulla sua governance in termini di erogazioni è importante avere chiari i pattern dei meccanismi di finanza climatica già esistenti, come il Green Climate Fund,. 

A questo si è dedicato Istiakh Ahmed, ricercatore della Northeastern University che è intervenuto esponendo la metodologia ed i risultati di questo studio pubblicato sulla nota rivista Nature. Allo studio aveva partecipato, tra gli altri, Saleemul Huq, il direttore del Centro Internazionale per il Cambiamento Climatico e lo Sviluppo e veterano dei processi negoziali delle COP, venuto a mancare proprio qualche mese fa e che aveva dato la disponibilità a partecipare all’evento di ICN, prima di essere colto da problemi di salute. Dallo studio emergono molteplici problemi riguardanti il funzionamento del Green Climate Fund e lezioni da appuntarsi in vista del lancio operativo del nuovo Fondo su perdite e danni. Tra questi, la sua lentezza (basti pensare che possono passare fino a tre anni dal deposito della concept note alla chiusura di un progetto), la complessità di accesso da parte di organizzazioni non governative e della società civile (si pensi che i tre quarti dei progetti sono guidati da organizzazioni internazionali come UNDP e World Bank) e la difficoltà dello sblocco dei suoi fondi (solo il 28% di questi risulta infatti utilizzato per tempo e per lo scopo inizialmente previsto). Lo studio propone quattro soluzioni a questo problema: rilasciare finanziamenti rapidamente e facilmente, fornire supporto in base al bisogno, non alla bancabilità, ampliare l’accesso sia in termini di governance che di eligibilità e porre i Paesi a basso e medio reddito al centro della programmazione. 

Dopo lo stampo tecnico dell’intervento precedente ha preso la parola la ricercatrice, attivista e già delegata italiana Elisa Calliari che lavora nella divisione ‘Valutazione del Rischio e Strategie di Adattamento’ al CMCC, il centro Euro-Mediterraneo degli studi sul cambiamento climatico. La ricercatrice ha voluto portare all’attenzione il nesso tra scienza attuale e definizioni politiche, tentato di chiarire  dubbi riguardo al concetto di vulnerabilità (il concetto di “particolarmente vulnerabile” e altre formulazioni presenti, peraltro, nelle decisioni di COP27) fornendo riflessioni interessanti in relazione alla quantificazione dei costi attesi (sia diretti che indiretti) associati all’implementazione delle decisioni delle COP.

We were very strong because of the support of civil society” (“siamo stati molto forti grazie al supporto della società civile”) ha poi esordito l’Inviato speciale per il clima di Timor Est, l’Ambasciatore Adao Soares Barbosa, riportando la sua esperienza decennale con tutti i problemi e le discussioni, COP dopo COP, gravitanti attorno al tema della finanza a compensazione di perdite e danni. Soares ha a sua volta toccato anche il tema della possibile lentezza nell’erogazione dei futuri fondi, già citata da altri relatori rispetto alle esperienze di fondi esistenti ed ai testi negoziali approvati. Infine, l’esperto delegato ha voluto dedicare una riflessione alla non corrispondenza tra necessità (in termini finanziari) e promesse dei Paesi, nonostante un generico apprezzamento (forse più un incoraggiamento) rispetto alle donazioni di Italia, Germania, Francia ed Emirati Arabi Uniti. 

Harjeet Singh, responsabile delle politiche per Climate Action Network International (ICN fa parte di CAN Europa) ha chiosato l’intervento dell’Ambasciatore facendo riferimento al futuro: “we began a new journey from this COP”, “in questa COP abbiamo iniziato un nuovo viaggio” – riferendosi evidentemente alle decisioni dei primi giorni ed alle promesse dei primi donatori. Inoltre, Singh ha sottolineato l’importanza e l’urgenza, nell’attesa della partenza vera e  propria del Fondo, di utilizzare gli strumenti ad oggi disponibili, assicurando che i bisogni dei più vulnerabili siano soddisfatti e i diritti delle popolazioni già colpite rispettati nei limiti, ovviamente, degli strumenti di finanza climatica esistente, ma senza abbassare l’ambizione. 

Samuel Okorie, rappresentante del gruppo Loss and Damage Youth Coalition presente all’evento, ha citato il lavoro che stanno facendo su Perdite e danni internamente a YOUNGO, il raggruppamento sui giovani della società civile internamente all’UNFCCC, condividendo che si stanno attualmente focalizzando sul negoziato sul Santiago Network per la sua rilevanza di supporto tecnico al processo, ma anche istituzionale e politica. In conclusione del suo intervento, Okorie ha denunciato il fatto che il Fondo è stato istituito – cosa pur positiva – senza un reale coinvolgimento dei giovani. 

La breve sessione di domande ha portato la voce di ricercatori e addetti ai lavori di due Paesi. Dal Pakistan, un ricercatore ha interrogato il panel su come le popolazioni e le comunità indigene verranno incluse nel testo; da Porto Rico è invece arrivata una domanda tecnica sul come si è effettivamente calcolato l’obiettivo economico dei 100 milioni di euro per l’Italia. 

La domanda è stata sollecitata dall’intervento di chiusura del panel del moderatore, Jacopo Bencini di Italian Climate Network, che ha sottolineato come il contributo italiano al Fondo, per 100 milioni appunto, sia arrivata totalmente inattesa e peraltro dopo la bocciatura alla Camera di un testo che chiedeva al Governo di impegnarsi proprio per 100 milioni di euro, in favore di un altro molto più generico presentato dalla maggioranza.

L’evento di oggi è stato organizzato come parte delle azioni a COP28 dei partner del consorzio paneuropeo Spark! ed è stato trasmesso in diretta sul canale YouTube della UNFCCC, questo il link: https://www.youtube.com/live/Ei-lH-w_m_o?si=2PBJKGcIml3zWKJ7 

Articolo a cura di Cecilia Consalvo, Delegata Italian Climate Network

Immagine: i relatori del panel odierno, foto di Cecilia Consalvo

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