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Nov

NCQG, COSA DICE LA NUOVA BOZZA

Nel tardo pomeriggio del 15 novembre (18.30) a Baku è circolata una nuova bozza sul Nuovo Obiettivo Quantitativo Globale (NCQG). Abbiamo studiato sia il testo circolato che, con l’aiuto dei colleghi di CAN International, una versione editata che confrontava i track change tra questo e il precedente, del quale vi avevamo parlato in questo articolo. In sostanza, e duole dirlo a poche ore dal termine della settimana di negoziato tecnico, tutte le opzioni sono ancora sul tavolo e sembra che i Paesi siano lontani dal trovare la quadra. Peraltro, ci riportano dalla nostra delegazione, con capannelli caratterizzati da discussioni particolarmente accese e un susseguirsi di riunioni a porte chiuse lontano da osservatori e giornalisti. Nella mattinata di venerdì in molti hanno notato un diverbio tra le due delegazioni degli Stati Uniti e dell’Uganda.

Ma proviamo a vedere, punto per punto, di cosa si parla – oltre alle cose che vi avevamo già raccontato mercoledì.

Rimanere entro 2 gradi, o entro 1,5?

Leggendo il nuovo testo salta subito all’occhio lo spostamento verso il basso, nel caos delle opzioni e delle mille parentesi ancora presenti nel documento, dell’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro +1,5°C entro la fine del secolo, come sappiamo uno dei due obiettivi dell’Accordo di Parigi, quello più ambizioso. 
Dopo tutta la fatica degli ultimi anni nel far tornare l’obiettivo di +1,5°C nei testi negoziali come prioritario rispetto a quello meno ambizioso di +2°C, improvvisamente nel testo ricompare, in quello che immaginiamo diventerà il preambolo della decisione, solo un riferimento all’obiettivo minimo, +2°C. Ritroviamo poi l’altra dicitura numerosi paragrafi più in basso, e non è un buon segno. 

Non vedevamo una disputa negoziale sugli obiettivi-base dell’Accordo di Parigi dal G20 italiano del 2021 guidato da Draghi, che di fatto indicò il mandato dei Paesi industrializzati alla COP26 di Glasgow. Ripetiamo, il fatto stesso che se ne parli come di un tema divisivo (ne sono indice gli spostamenti nel testo, le parentesi, le cancellature) è un cattivo segno per l’ambizione climatica globale e potrebbe aprire la porta a una prima, crediamo prematura, dichiarazione di impotenza dell’Accordo di Parigi rispetto ai suoi stessi obiettivi.

Segnaliamo peraltro che una composizione testuale di questo tipo sarebbe parzialmente discordante da quando adottato a Dubai un anno fa con il Global Stocktake, un passo indietro.

Quanti soldi?

Tutte le opzioni dei giorni scorsi sono ancora sul tavolo e con ogni probabilità tali rimarranno verso il negoziato politico della seconda settimana. Volendo proporre una sintesi, possiamo dire che rimangono vive due scuole di pensiero: quella del mero superamento dell’obiettivo precedente dei 100 miliardi di dollari all’anno senza indicare una cifra esatta per il prossimo quinquennio o decennio e quella, assai più ambiziosa e radicata nel Sud globale, che propone un obiettivo più ampio e composito, nell’ordine delle migliaia di miliardi di dollari sullo stesso periodo, anche con indicazioni di mobilitazione annuale.

Opzioni di questo tipo nel testo indicano i bisogni (la parola non viene usata a caso qui, ma in quanto riferimento esplicito ai needs citati nell’Articolo 9 dell’Accordo) degli NDC dei Paesi in via di sviluppo tra 5,01 e 6,8 migliaia di miliardi di dollari da oggi al 2030 – se questi numeri vi sembrano nuovi nel contesto, lo sono: dopo giorni di opzioni tutte diverse abbiamo provato a tirare una media tra le varie proposte, prendendoci la responsabilità della semplificazione. Questo si tradurrebbe, secondo alcune opzioni, in bisogni stimati tra 455 e 584 miliardi di dollari all’anno.
Diamo qui per scontato che queste stime sui bisogni legati agli NDC tengano conto solo della parte condizionata ad aiuti esterni dei piani dei Paesi in via di sviluppo, cosa però non esplicitata in alcun punto del testo.

Numerose opzioni testuali fanno riferimento a un obiettivo di finanza climatica che sia “rispondente all’ambizione”, “rispondente al crescere dell’ambizione”. Sarà interessante capire, nel caso in cui questa dicitura sopravvivesse nella seconda settimana, quali implicazioni potrebbe avere verso un prossimo obiettivo post-2030 o post-2035, se non addirittura verso un NCQG aggiornabile al rialzo (opzione poco realistica, rimanendo al momento sui trilions).

Cosa pagare con questi soldi?

Rimanendo sul tema dei bisogni stimati, è lecito chiedersi cosa questa nuova finanza per il clima dovrebbe finanziare.
Nelle opzioni precedenti, riferite a bisogni e stime di mobilitazione, si parlava solo degli NDC. In un numero non esiguo di paragrafi e opzioni successive si parla invece anche dei Piani Nazionali di Adattamento, dei Piani di Azione per la Tecnologia, e altri.
Questo punto, se non chiarito e “ripulito” organicamente nel testo finale – che presumiamo sarà chiuso molto in fretta una volta trovato un accordo, sempre che venga trovato – potrebbe generare molta confusione nei prossimi anni.

La parolaccia: i combustibili fossili

Se non fossimo in una situazione globale drammatica, strapperebbe quasi un sorriso vedere come alcuni Paesi ancora cerchino di evitare di menzionare esplicitamente i combustibili fossili nelle decisioni sotto l’UNFCCC, nonostante lo storico accordo finale dello scorso anno a Dubai. Succede anche in questo contesto, sul NCQG. 
Nell’ultima iterazione del testo negoziale vediamo i delegati interrogarsi ancora in merito alla possibilità di scrivere appunto “combustibili fossili” o, in maniera meno diretta, “investimenti ad alta intensità di carbonio”. Un ulteriore tentativo di tornare indietro rispetto alla decisione finale del 2023, su uno dei punti-chiave di questi anni.

Segnaliamo che anche in questo caso, dovesse spuntarla questa opzione, il testo risulterebbe parzialmente discordante rispetto alla decisione finale dell’ultima COP.

Ma il Fondo Perdite e Danni?

Con tutte le opzioni ancora sul tavolo, è ancora troppo presto per dire se le compensazioni per Perdite e Danni rientreranno o meno sotto l’NCQG. Questo delicato tema sembra, a nostro avviso, allo stesso tempo la punta di lancia di alcune delegazioni di Paesi fragili e in via di sviluppo, e un’utile merce di scambio negoziale per altre.

La discussione, anche da un punto di vista di lettura legale dei trattati internazionali, verte intorno alla già citata definizione dei bisogni, needs (and priorities) dei Paesi in via di sviluppo secondo l’Articolo 9 dell’Accordo di Parigi che regola i principi-chiave della futura finanza per il clima.
Dato che secondo le delegazioni del Sud globale le compensazioni per Perdite e Danni sono evidentemente e formalmente sia un bisogno che una priorità negoziale, come collettivamente deciso nelle due ultime COP, tali fondi dovrebbero stare nell’NCQG. Altre delegazioni ribattono invece identificando solo in finanza per mitigazione e adattamento le destinazioni della finanza per il clima sotto l’Articolo 9, lettura quindi assai più restrittiva.

Ma il PACM qui cosa c’entra?

Nella giornata di venerdì numerose voci della società civile hanno alzato l’allerta rispetto a una possibile inclusione delle finanze in transito sotto il nuovo Meccanismo di Parigi per i Crediti di Carbonio (PACM, Paris Agreement Crediting Mechanism, ex Articolo 6.4) nel buglione del nascente NCQG, sollevando dubbi rispetto alla concretezza degli impegni di alcuni Paesi che potrebbero dirottare l’attenzione sull’offsettingNon troviamo simili disposizioni nel testo analizzato.

In ogni caso, ricordiamo che l’inclusione delle risorse in transito sotto il nuovo PACM sarebbe un fatto naturale, visto che nel Meccanismo i Paesi cooperano attraverso il finanziamento di progetti in Stati terzi alla riduzione delle emissioni secondo approcci di mercato e relativi aggiustamenti dei propri NDC; non ultimo, sotto il PACM è previsto che una quota fissa su ogni scambio venga trattenuta dalla UNFCCC per sostegno ai Paesi in via di sviluppo, quindi con un ulteriore e non escludibile elemento oggettivo di finanza climatica multilaterale.

E ora?

Come sempre, le bozze negoziali sono fatte per essere smontate, cambiate, rimontate. Attendiamo con voi la prossima bozza.

A cura della delegazione a COP29 di Italian Climate Network

Immagine di copertina: foto di UN Climate Change

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