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NDCs e Ambizione: Partnership per raggiungere gli obiettivi climatici dell´UNDP

di Marta Iacopetti

I contributi determinati a livello nazionale (NDCs) sono uno dei punti chiave delle negoziazioni dell’Accordo di Parigi. Essi sanciscono la prima transizione climatica globale in cui sono i singoli Paesi a definire la propria contribuzione di riduzione di emissioni di CO2. Ogni Paese ogni 5 anni è tenuto a modificare i suoi NDCs per aumentare l’ambizione del proprio target. Il programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) , insieme all’Agenzia Internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), collabora a numerosi progetti in Paesi in via di sviluppo (PSV) per favorire l’attuazione degli impegni degli NDC o la definizione di altri più ambiziosi. Alcune delle popolazioni più povere del mondo hanno poco accesso all’energia. Secondo Francesco la Camera, Direttore generale IRENA, lo sviluppo non è solo un tema scientifico, ma soprattutto una forma di giustizia ed equità. Per soddisfare la domanda crescente di energia delle economie emergenti è necessario lavorare ad una massiva elettrificazione del sistema, grazie alle fonti rinnovabili che potranno contribuire al 90% della riduzione delle emissioni del settore elettrico e all’impiego di tecnologie a idrogeno. È invece più complesso potersi basare sull’impiego del nucleare poiché l’orizzonte temporale è limitato a 10 anni (2020-2030).

In previsione della revisione quinquennale dei contributi determinati a livello nazionale della COP26, molti paesi sono tenuti a presentare uno specifico piano energetico di transizione che rifletta le proprie ambizioni rispetto allo stato attuale. Considerando i piani energetici previsti dagli NDCs della COP24, era stimata una produzione di circa tre TW (terawatt), mentre dati scientifici dimostrano che nei prossimi 10 anni la produzione potrà raggiungere più del doppio (7.7 TW) a fronte di un investimento addizionale (cumulativo del settore energetico) di 15 trilioni di dollari rispetto ai 95 comunque previsti nel settore energetico tra il 2015 e il 2050. L’intervento politico è fondamentale per supportare la transizione tecnologica riducendone i costi iniziali, si pensi solo che negli ultimi 8 anni il prezzo di stoccaggio dell’energia elettrica è stato dimezzato. Questa è la direzione politica giusta anche secondo il Ministro dell’Ambiente e dell’Energia della Costa Rica, Carlos Manuel. In Costa Rica storicamente il 60% dell’energia derivava dall’acqua e il restante 40% da fonti fossili estere. Grazie alla decisione del Governo di sviluppare un’economia interna forte basata sull’impiego di energie rinnovabili, oggi la Costa Rica è quasi totalmente indipendente. Sono stati mobilizzati più di 9 milioni di dollari, di cui circa 550milioni derivati dalle “Tropical Carbon Tax” per rendere le fonti fossili meno competitive.

Anche il Governo delle isole di Vanuatu sta lavorando per definire NDCs tecnici specifici per rendere l’offerta di energetica elettrica totalmente rinnovabile entro il 2030, ha spiegato Esline Garaebiti, Ministro dell’adattamento ai cambiamenti climatici, Ambiente ed Energia. Si sta facendo affidamento a risorse locali quali olio di cocco ed energia solare come fonti primarie per l’isola. Ma non sempre ci si può affidare al supporto della politica interna, come ha sottolineato Jeanne d’Arc Mujawamariya, Ministro dell’ambiente in Rwanda. L’impegno per rispettare il cambiamento climatico è prioritario per il suo Paese da ormai due decadi, ma uno dei problemi maggiori è rappresentato dai tassi di interesse molto elevati che sfiorano il 40%. Ciò si traduce per esempio in un elevato costo di accesso alle risorse energetiche per le famiglie. Il Ministro sottolinea l’importanza della collaborazione con esperti internazionali per sviluppare meccanismi finanziari per bilanciare indirettamente i costi di accesso all’energia. Proprio UNDP ha supportato il Paese generando i Rwanda Green Fund, che investe in sostenibilità fornendo finanziamenti strategici che favoriscono la costruzione di una maggiore resilienza climatica nel Paese.

Svenja Schulze, Ministro Federale dell’Ambiente, Conservazione della Natura e Sicurezza Nucleare in Germania ha confermato che il successo della trasformazione energetica sarà soprattutto dato dalla collaborazione internazionale.. L’Unione Europea deve essere in questo l’esempio. A settembre il governo tedesco ha adottato misure per ridurre l’impiego di risorse per lo sviluppo del nucleare e continua a favorire l’innalzamento del prezzo del carbone. Agire unicamente sul prezzo dei gas climalteranti non è però sufficiente secondo il Ministro tedesco; non esiste un unico strumento politico per ridurre le emissioni, è fondamentale invece definire strategie governative sostenibili e costruire alternative integrate. Anche in Norvegia l’attenzione a tematiche di salvaguardia del clima sta aumentando. Jens Frølich Holte, Ministro degli Affari Esteri in Norvegia, ha evidenziato che il governo si sta impegnando a ridurre massivamente la produzione di combustibili fossili, investendo in energia pulita, sviluppando batterie per la flotta marittima e azzerando la tassazione sulle macchine elettriche per esempio, facendo diventare la Norvegia il paese con maggior numero di veicoli elettrici pro capite al mondo.

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