PRESENTAZIONE DEL REPORT 2022 SULLO STATO DEL CLIMA IN EUROPA
Il 19 giugno 2023 a Dublino è stato presentato il report sullo stato del clima in Europa nel 2022, in occasione della conferenza europea per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
La World Meteorological Organization (WMO) ogni anno pubblica un report sullo stato del clima a livello globale che va a completare gli assessment report e gli special report dell’IPCC. Negli ultimi due anni ha iniziato a pubblicare in aggiunta anche dei report specifici per sei regioni del mondo: Nord America, America Latina e Caraibi, Africa, Europa, Asia, Pacifico Sud-Occidentale. Questo permette di conoscere gli impatti dei cambiamenti climatici specifici di ogni regione, essenziale per poter pianificare e attuare misure adeguate per l’adattamento ad ogni tipologia di impatto.
Il report sullo stato del clima in Europa viene pubblicato congiuntamente dal WMO e dal servizio Copernicus per i cambiamenti climatici della Commissione Europea.
Nel report vengono considerati sei indicatori chiave: temperatura, precipitazioni, ghiacciai terrestri, ghiacciai della Groenlandia, ghiacci marini e livello del mare. Inoltre, si può trovare un focus sulla transizione energetica e sulla resilienza del sistema energetico agli impatti dei cambiamenti climatici e alle nuove necessità richieste al sistema energetico stesso per la transizione.
L’energia in Europa viene utilizzata per il 40% per produrre calore, per il 15% per produrre elettricità e per il 45% per i trasporti. Con l’obiettivo posto in Unione Europea di raggiungere la neutralità climatica nel 2050 la transizione ad energie rinnovabili è la prima forma di mitigazione da attuare, ma il settore energetico deve adeguarsi alla disponibilità posta dalla natura (sole e vento principalmente), che non sempre è in linea con le necessità. In questo scenario lo stoccaggio dell’energia e una rete di distribuzione flessibile sono necessari. Per fare un esempio, la produzione di elettricità dal fotovoltaico è maggiore nel Sud Europa e la produzione da eolico è maggiore nel Nord Europa, motivo per cui è necessario potenziare la rete per trasportare l’energia da un territorio all’altro. In aggiunta, bisogna considerare la diversa richiesta energetica a causa dei cambiamenti climatici stessi. Ad esempio, la richiesta di elettricità per l’aria condizionata nella stagione estiva andrà via via aumentando. D’altra parte, i cambiamenti climatici possono avere degli impatti sulla produzione di energia. La potenziale riduzione della portata nei fiumi nel periodo estivo può causare problemi alla produzione di energia degli impianti termici che hanno bisogno di acqua per il raffreddamento degli impianti, così come alla produzione di energia idroelettrica. La rete stessa deve diventare resiliente a possibili shock climatici, come le ondate di calore che possono portare a guasti a causa delle alte temperature o il ghiaccio che potrebbe formarsi nella stagione invernale.
Il 2022 per il settore energetico è stato però un anno di success, in cui l’energia elettrica è stata prodotta per il 22.3% da fonti rinnovabili, quali solare ed eolico, superando per la prima volta la produzione da gas (20%). Si confida che l’aumento di produzione da carbone possa essere una condizione momentanea.
Una delle principali evidenze emerse da questo studio è che l’Europa è la regione al mondo che si è scaldata maggiormente e, al suo interno, i Paesi occidentali (Portogallo, UK, Francia e Italia) e i Paesi scandinavi sono tra quelli dove le temperature aumentano più velocemente. È interessante riconoscere che, durante la presentazione del report, l’Italia è stata spesso presa da esempio, in questo caso negativo, per gli impatti relativi a ciascuno degli indicatori considerati.
Vediamo ora brevemente i risultati che sono stati presentati dal Segretario Generale della WMO, Petteri Taalas, e dal direttore del servizio Copernicus per i cambiamenti climatici, Carlo Buontempo.
- Temperatura: l’anomalia di temperatura media annuale del 2022 è stata superiore di +0.79°C rispetto al periodo 1991-2020 e di +2.3°C rispetto al periodo pre-industriale (1850-1900). L’estate 2022 è stata la più calda mai registrata, mentre guardando l’intero anno possiamo inserirlo tra il secondo e il quarto più caldi.
- Precipitazioni: la maggior parte del territorio ha sofferto un deficit di precipitazioni durante l’anno, in particolare però i Paesi con il deficit maggiore sono stati il sud della Finlandia, il sud della Francia e il Nord-Ovest dell’Italia. Il 2022 è stato, inoltre, il terzo anno secco consecutivo sulle Alpi, soprattutto nel versante Sud, con scarsissime precipitazioni solide (nevicate) durante l’inverno. La neve al suolo è stata pari al solo 50% della media del periodo 2011-2021 e una situazione simile si è ripresentata nel 2023.
- Ghiacciai: in Europa nel periodo 1997-2022 sono stati persi 880 km3 di volume di ghiaccio sulle catene montuose. Focalizzandoci sulle Alpi, il volume perso nel 2022, pari a più di 3 metri di acqua equivalente (il volume di ghiaccio fuso corrisponde ad un certo volume di acqua equivalente che ritroviamo nei fiumi o nel sottosuolo), è al di fuori del range storico di variabilità, a causa delle scarse precipitazioni solide durante l’inverno, del deposito di sabbia dal Sahara durante la primavera e dell’estate eccezionalmente calda.
- Ghiaccio della Groenlandia: nel periodo 1972-2021 la Groenlandia ha perso 5362 Gt di ghiaccio contribuendo a 1.5 cm di innalzamento del livello medio del mare.
- Ghiaccio marino: il settore europeo dell’Artico è rimasto nella media 1991-2020 nel periodo gennaio–metà maggio per poi subire una rapida riduzione sotto la media a inizio giugno e a settembre.
- Innalzamento del livello del mare: i valori variano in base alle regioni, ma mediamente in Europa l’innalzamento è pari a 2-4 mm/anno, confrontati con i 3.4 mm/anno a livello globale. L’innalzamento del mare in alcune zone si somma al problema della subsidenza, andando ad aumentare la vulnerabilità di queste aree costiere al rischio di inondazioni.
Nel report vengono analizzati anche gli eventi estremi avvenuti nella regione, più di 200 nel 2022. I più impattanti sono stati: ondate di calore e incendi, siccità, precipitazioni intense e alluvioni, tempeste, ondate di calore marine.
In Europa nel 2022 ci sono state diverse ondate di calore molto intense, per la prima volta sono stati raggiunti i 40 °C in UK, causando più di 15.000 morti (stimati).
La siccità ha prevalso nel Sud-Ovest dell’Europa e nelle aree del Medio Oriente affacciate sul Mediterraneo. Le conseguenze sull’agricoltura e sul prezzo degli alimenti sono state rilevanti. I maggiori fiumi europei hanno registrato dei record di livello molto basso e le riserve idriche nei laghi hanno sofferto per la mancanza di precipitazioni. Il fiume Po, in particolare a causa dei livelli dell’acqua molto bassi, ha registrato un cuneo salino di 40 km con impatti sull’agricoltura e gli ecosistemi fluviali. Gli scarsi flussi nei fiumi hanno comportato anche una riduzione della produzione idroelettrica e termo-elettrica (per l’impossibilità di raffreddare gli impianti), soprattutto in Germania, a discapito della richiesta energetica per il raffrescamento degli edifici.
A causa della siccità e del caldo, inoltre, si sono verificati molti incendi, con un’area bruciata complessiva che è la seconda mai verificatesi per estensione.
Le precipitazioni intense e le conseguenti alluvioni hanno causato decine di morti e circa 2 miliardi di dollari di danni in tutta Europa, ma soprattutto in Bulgaria, Croazia, Grecia, Italia, Spagna e Turchia. Uno degli eventi di precipitazione più rilevanti è stato nelle Marche il 15-16 settembre, registrando 419 mm in 12 ore.
Le tempeste più intense si sono verificate invece nel Nord Europa, in Francia, Inghilterra e Galles.
Le ondate di caldo marine sono durate anche 4-5 mesi in alcune aree, come il Mediterraneo occidentale, il Canale della Manica e il sud del Mare Artico. Il 2022 è stato l’anno record per la temperatura media della superficie del mare nel Nord Atlantico, mentre il Mediterraneo ha raggiunto localmente il record di anomalia della temperatura superficiale pari a +4.6°C in giugno-agosto.
La conclusione della presentazione del report è stata una riflessione sull’importanza dei sistemi di allerta e dell’osservazione della Terra da satellite per l’adattamento ai cambiamenti climatici (Sustainable Development Goal #13, e sul lavoro che la WMO sta portando avanti soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (un terzo dei Paesi del mondo, tra cui il 60% dell’Africa, non ha sistemi di allerta per gli eventi estremi); tematica già affrontata a COP27 e riportata nel Sharm el-Sheikh Implementation Plan (la decisione finale di COP27). La WMO, infatti, supporta e coordina diversi servizi, come il Global Greenhouse Gas Watch (per il monitoraggio delle emissioni di gas climalteranti), la Systematic Observation Financing Facility SOFF (finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo e ai piccoli Stati insulari, provenienti principalmente da Unione Europea e Stati Uniti, per munirsi entro il 2026 di sistemi di previsione degli eventi meteorologici estremi) e la Early Warnings for All Initiative (assicurarsi che tutte le persone sulla Terra siano protette da sistemi di allerta entro 5 anni – 2027).
Il servizio Copernicus si inserisce in questo contesto poiché monitora da satellite e fornisce in tempo reale dati sul clima ed eventi estremi a livello globale e regionale. I dati, mappe satellitari originarie o già elaborate, sono disponibili gratuitamente per tutti, previa registrazione al servizio, di cui già usufruiscono più di 200.000 iscritti.
A causa degli ormai evidenti impatti dei cambiamenti climatici, non solo in Europa, ma in tutto il mondo, i sistemi di allerta sono cruciali per la protezione della vita delle persone in caso di eventi estremi e per la riduzione dei costi dovuti ai danni, da accoppiare a Piani di Emergenza.
Articolo a cura di Francesca Casale, Coordinatrice volontari Italian Climate Network
Foto di copertina: di Francesca Casale