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Giu

SB52: ambizione NDCs, nessun passo avanti sulla durata degli impegni nazionali

di Margherita Barbieri

Questo articolo fa parte del Bollettino ICN dai Negoziati Intermedi 2021 (UNFCCC SB52)
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(Foto: IISD)

La terza settimana di negoziati è terminata e rimangono diversi punti aperti in vista della COP 26 di Glasgow che si terrà a novembre. Un tema centrale che rimane aperto è delle scadenze temporali comuni per i contributi determinati a livello nazionale o nationally determinated contributions (NDCs). L’argomento era stato lasciato senza una decisione condivisa a Madrid nel 2019, e per questo è stata sottolineata da diversi stati l’urgenza di raggiungere un accordo prima della COP26, ambizione purtroppo non raggiunta in questi negoziati intermedi.

Il tema dei calendari comuni per gli NDCs è stato discusso sia in sessioni informali che in informali-informali nell’arco delle tre settimane. I principali argomenti di discussione, riassunti in una nota informale preparata dai co-facilitatori, sono stati:

  1. il quadro temporale da applicare agli NDCs comunicati entro il 2025;
  2. la scelta di parole per esprimere il grado di impegno richiesto ai paesi in materia di NDCs: i paesi “devono”, “sono invitati a”, “sono incoraggiati” a consegnare gli aggiornamenti dei propri contributi nazionali determinati;
  3. quali scadenze comuni applicare agli NDCs comunicati nel 2030, nel 2035, nel 2040;
  4. la possibilità di prevedere una revisione e aggiornamento degli NDCs esistenti ogni cinque anni.

Nelle sessioni ci sono state delle lunghe discussioni procedurali, in un susseguirsi di reclami poco dettati da vera necessità, e il ripetersi di posizioni già affermate dai paesi in precedenti negoziati circa le opzioni di durata degli NDCs: 5, 10 o 5+5 anni, opzioni che portano a diverse tempistiche di monitoraggio e quindi a possibili “strategie di plateau” da parte dei paesi meno ambiziosi. In sostanza, al momento non si è trovato un accordo sui tempi comuni degli NDCs, né è stato possibile ridurre il numero di opzioni possibili verso una decisione da prendere a Glasgow durante COP26.

Gli USA, il gruppo dei Least Developing Countries (LDCs), il Sud Africa e il gruppo Environmental Integrity Group (EIG) capeggiato dalla Svizzera hanno ribadito la loro preferenza per i calendari quinquennali in linea con il meccanismo di ambizione dell’Accordo di Parigi. Cina, Russia e Arabia Saudita hanno espresso la loro preferenza per un arco temporale più lungo: 10 anni. L’Unione Europea ha affermato di stare analizzando le diverse opzioni, per arrivare a una soluzione in vista di Glasgow. [MI1]  L’India ha manifestato la volontà di mantenere aperte più opzioni per permettere a tutti di raggiungere i propri NDCs in relazione al loro grado di sviluppo. A tal proposito è stata ribadita l’importanza che gioca la finanza climatica a supporto dei paesi per realizzare gli obiettivi degli NDCs. Infine, il gruppo dei paesi africani ha affermato la disponibilità a esplorare un’opzione “5+5” per venire incontro ai paesi contrari a un’opzione solo a 5 anni. Inoltre, alcune Parti hanno richiesto che le opzioni articolate a Madrid alla COP 25 vengano aggiunte alla nota informale preparata dal presidente dell’organo sussidiario per l’attuazione. Queste includevano tempi diversi per le componenti di mitigazione, adattamento e mezzi di implementazione degli NDCs, e tempi diversi per i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, secondo il principio di responsabilità comuni ma differenziate (CBDR).

Nonostante la richiesta di diversi paesi di arrivare con una proposta chiara e con un numero limitato di opzioni a Glasgow per facilitare il raggiungimento del risultato, le opzioni e sub-opzioni sul tavolo di discussione rimangono ancora troppe. Sebbene fosse deciso sin dall’inizio che questi negoziati intermedi non avrebbero portato a decisioni vere e proprie, era cruciale riuscire ad avanzare notevolmente nella discussione, in modo da raggiungere un accordo al più presto. Solo con la definizione di chiare regole sui calendari comuni degli NDCs sarà possibile per le Parti e gli osservatori monitorare in modo efficace l’impegno dei Paesi nel raggiungimento degli obiettivi climatici ed evitare un eterno posticipare.

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