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Side Event – Allevamenti intensivi e clima: una relazione confermata

di Francesca Mingrone e Mattia Battagion

Nell’ambito delle discussioni sul clima molto spesso viene dimenticato il settore che, singolarmente, contribuisce con la più alta percentuale alle emissioni di gas serra su scala globale: l’allevamento intensivo.

È quanto risulta dal report redatto nel 2015 da Chatham House –  Istituto Reale di Affari Internazionali, dal quale emerge che gli allevamenti sono responsabili del 14.5% delle emissioni, addirittura più dei trasporti, da sempre sotto il mirino degli ambientalisti e oggetto, tra l’altro, dei negoziati che si stanno svolgendo in questi giorni nell’ambito della COP21.

per la produzione di 1Kg di carne bovina occorrono 9Kg di cereali e 20.000l di acqua

Per avere un’idea più chiara delle dimensioni del fenomeno basti pensare che per la produzione di 1 Kg di carne bovina sono necessari 9 kg di cereali e 20 000 litri di acqua, proporzioni insostenibili nell’ottica di una popolazione mondiale che si dirige a grandi passi verso quota 10 miliardi, tanto che, stando alle previsioni della FAO, entro il 2050 le emissioni derivanti dagli allevamenti corrisponderanno al 50% del carbon budget.

La produzione ed il consumo di carne sono menzionati nei contributi nazionali volontari (INDCs) di 21 Paesi e rappresentano una problematica molto controversa, in cui dati scientifici, questioni morali e implicazioni sulla salute sono strettamente connessi: sarà quindi necessario intraprendere misure adeguate per non vedere vanificati gli sforzi per ridurre le emissioni in altri settori.

Sulla scena mondiale, gli attori principali del mercato della carne sono Stati Uniti, Brasile e Cina, che insieme costituiscono il cosiddetto “Triangolo”: gli Stati Uniti sono il maggiore esportatore, in Cina la richiesta di carne è in continua crescita ed il Brasile è teatro di conflitti serrati tra esigenze produttive e tutela di ecosistemi unici e delicati.

Anche l’Unione Europea, tuttavia, responsabile del 16% del consumo globale di carne, si pone come soggetto chiave nella soluzione di tale problema. In particolare, in base alle ricerche condotte dall’associazione Human Society International, l’UE dovrebbe porsi come obiettivo la riduzione del 30% del consumo di carne entro il 2030. Questo permetterebbe una riduzione delle emissioni di gas serra tra il 15 ed il 24% e la conversione del 14% dei terreni destinati ora all’allevamento, con un complessivo miglioramento della qualità dell’aria e dell’acqua.

La necessità di diminuire il consumo pro capite di carne è un tema particolarmente sentito anche in Cina, il cui Governo ha elaborato nel 2014 un piano per lo “Sviluppo per il cibo e l’alimentazione” al 2020, in cui si auspica la diminuzione del 50% del consumo di carne, pari attualmente a circa 60 kg per persona, nonostante tale cifra corrisponda alla metà della media statunitense.

Si assiste quotidianamente ad una carenza di informazione sulla relazione tra carne e metodi di produzione, che porta all’assenza di consapevolezza riguardo agli effetti degli allevamenti intensivi sul clima“, afferma Anthony Froggatt, della Chatham House. “È necessario che i Governi predispongano strategie adeguate, collaborando con i media ed i settori produttivi per la creazione di sistemi più sostenibili”.

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