GLI STATI UNITI SI SONO RITIRATI DAL FONDO PERDITE E DANNI
L’amministrazione Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dal fondo perdite e danni, che era stato istituito durante la COP28 per compensare gli effetti della crisi climatica che colpiscono i Paesi più vulnerabili. La decisione può rappresentare un duro colpo per la cooperazione internazionale sul clima e minare gli sforzi per un’equa ripartizione delle responsabilità tra i principali inquinatori e le nazioni più colpite, in particolare visto il peso delle responsabilità storiche degli Stati Uniti in termini di emissioni.
Un fondo conquistato dopo anni di negoziati
Il fondo perdite e danni è stato il risultato di anni di negoziati tra i Paesi in via di sviluppo e le economie più ricche, storicamente responsabili della maggior parte delle emissioni di gas serra. Il meccanismo di compensazione era stato accolto come un passo fondamentale per riconoscere i danni causati dalle conseguenze della crisi climatica, come fenomeni estremi, innalzamento del livello del mare, desertificazione, siccità, inondazioni.
Gli Stati Uniti, il più grande emettitore storico di gas serra, avevano finora promesso un contributo esiguo pari a 17,5 milioni di dollari al fondo, operativo dal il 1° gennaio 2025 (mentre l’Italia ha promesso 100 milioni da mobilitare principalmente tramite risorse private). Ora, con l’annuncio del ritiro, gli USA si tirano completamente fuori dall’iniziativa interrompendo, così apprendiamo, ogni impegno finanziario.
Una politica climatica all’insegna del negazionismo
Trump non è nuovo a mosse di questo tipo: nel 2017 aveva già annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, ritiro poi rientrato sotto la presidenza Biden (in quegli anni, per il combinato disposto di più articoli dell’Accordo di Parigi, gli Stati Uniti non erano mai veramente usciti formalmente, e stavolta l’uscita formale è prevista per il 2026). Nel suo nuovo mandato Donald Trump sta nuovamente smantellando ogni impegno internazionale in materia climatica, promuovendo politiche a favore dell’industria fossile e del drill, baby, drill.
Le temperature record registrate negli ultimi anni e gli eventi climatici estremi che hanno colpito duramente anche gli Stati Uniti – come incendi devastanti in California e alluvioni in Florida – non sembrano aver scalfito la strategia dell’amministrazione. Al contrario, gli Stati Uniti si confermano il primo produttore mondiale di petrolio e gas, con un ruolo geopoliticamente centrale per il gas naturale liquefatto.
Il futuro del fondo perdite e danni
Nonostante il ritiro statunitense il fondo perdite e danni resta operativo, con 27 Paesi che hanno finora stanziato un totale di 741 milioni di dollari, peraltro in buona parte in forma di mere promesse di mobilitazione. Una cifra che purtroppo è gravemente insufficiente rispetto alle perdite economiche annuali subite dai Paesi in via di sviluppo a causa della crisi climatica, stimate in miliardi di dollari.
Il ritiro degli Stati Uniti dal fondo perdite e danni rappresenta dunque un’ulteriore battuta d’arresto nella lotta per la giustizia climatica, lasciando ancora una volta i Paesi più poveri a pagare il prezzo più alto della crisi.
Il ruolo degli Stati Uniti alla COP30
Nonostante il ritiro degli Stati Uniti dal fondo perdite e danni e la promessa di abbandonare anche l’Accordo di Parigi, parlando con la stampa il presidente designato della COP30 André Corrêa do Lago ha sottolineato che il ruolo del Paese nella lotta alla crisi climatica resta centrale, e che il suo contributo non può essere ignorato.
Nella sua prima lettera come presidente designato della COP30, Corrêa do Lago ha ribadito che la crisi climatica non è più un’ipotesi scientifica, ma una realtà tangibile che impatta direttamente le nostre vite – e ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché la Conferenza non sia solo un momento di discussione, ma l’inizio di un’azione concreta e coordinata per affrontare il problema.Nel suo messaggio Corrêa do Lago ha ribadito che il cambiamento è inevitabile: possiamo sceglierlo consapevolmente o subirlo come catastrofe. Ha inoltre evocato il concetto brasiliano di mutirão, ossia di lavoro collettivo per un obiettivo comune, invitando il mondo a unirsi in un’azione globale contro i cambiamenti climatici. La COP30 dovrà segnare il passaggio dalle parole ai fatti, ha detto, trasformando le promesse in politiche concrete e favorendo una cooperazione internazionale che integri saperi tradizionali, innovazione e giustizia climatica.
Immagine di copertina: Facebook/Donald Trump