BRASILE, LUCI E OMBRE SUI PRIMI DUE MESI DI LULA
Il grande entusiasmo che ha accolto la ri-elezione di Ignacio Lula da Silva come Presidente del Brasile, nell’autunno scorso, riverberò anche tra i padiglioni di COP27 a Sharm el-Sheikh quando il neoeletto Presidente visitò il padiglione brasiliano assieme alla Ministra dell’Ambiente Marina Silva. Accolto con cori nell’abbraccio degli attivisti, Lula si era addirittura spinto a candidare il Brasile come paese ospite per COP30, prevista per il 2025, in Amazzonia, simbolicamente ricucendo la ferita prodotta dall’improvviso “no” di Bolsonaro del 2019, a COP25 già organizzata e poi migrata prima in Cile, quindi in Spagna, portandola ora in un luogo altamente simbolico.
Ma come sono andati i primi due mesi del governo Lula dal punto di vista dell’ambiente e del clima?Difficile, complice il complesso scenario internazionale, tratteggiare una linea netta, ma due storie raccontano bene questi primi due mesi. Quella di una nave e quella, appunto, della foresta.
Sono i primi giorni di febbraio e la nave portaerei San Paolo, già Ammiraglio Foch, naviga senza meta al largo delle coste brasiliane. Lunga 261 metri, la San Paolo era stata progettata per trasportare fino a 22 aerei da guerra e 17 elicotteri, oltre a numerosi armamenti e oltre mille persone di equipaggio. Varata nel 1960 in Francia con il nome, appunto, di Foch e poi venduta alla Marina Brasiliana nel 2000, nonostante un importante restyling non aveva mai ripreso pienamente vita operativa nel nuovo millennio, tanto che il suo lavoro di ammiraglia sotto bandiera verdeoro si era già esaurito, con la radiazione e vendita, nel 2018. Quasi sessant’anni di attività sulle spalle e costi eccessivi di manutenzione, per una nave progettata per strategie militari risalenti agli anni Cinquanta. Dopo la vendita, il calvario: acquistata da una società turca di dismissione e riciclo, aveva navigato fino al Mediterraneo per poi tornare però indietro verso il Brasile dopo un inatteso rifiuto turco di gestire lo smaltimento di quel colosso dei mari.
Ecco, quindi, che la nave torna verso il Brasile proprio mentre il nuovo governo, dichiaratamente a favore dell’ambiente, muove i primi passi. Eppure, una soluzione non si trova, nessuno – tantomeno il governo – vuole sostenere i costi di rottamazione e smaltimento. Si opta quindi, incredibilmente, per un affondamento programmato.
Il 3 febbraio unità della marina brasiliana minano e affondano la San Paolo, già Foch, a 350 chilometri dalla costa. Con la San Paolo finiscono disperse in mare 9,6 tonnellate di amianto, 644 tonnellate di inchiostri e altri materiali pericolosi, per un totale di 30.000 tonnellate complessive di rifiuti militari, chimici e tossici. Un disastro ambientale internazionale puro, senza appello, programmato dal governo per non spendere troppo nella dismissione. Una macchia che Lula farà fatica a togliersi, almeno davanti all’opinione pubblica con sensibilità ambientalista.
Negli stessi giorni dell’affondamento della San Paolo cominciavano però ad arrivare i primi dati sul ritmo della deforestazione dell’Amazzonia, dai quali si cominciava ad intravedere un primo importante rallentamento. In particolare, l’agenzia nazionale INPE – ripresa da Reuters – indicava una diminuzione del -61% dei territori deforestati nel mese di gennaio 2023 su gennaio 2022, quando si era segnato un picco in negativo su otto anni di misurazioni. Sempre in gennaio, riportavano fonti locali, erano iniziati i primi raid degli agenti forestali del governo contro alcune organizzazioni illegali impegnate nel taglio illecito di parti di foresta, dando quindi seguito alla promessa elettorale del neo-Presidente di fare il massimo, a livello di governo federale, contro un fenomeno divenuto ormai fuori controllo negli anni di Jair Bolsonaro.
I primi due mesi del governo Lula sono stati quindi segnati da un grande impegno, anche in campo internazionale e multilaterale, nel distanziarsi dalle politiche antiambientaliste di Bolsonaro rispetto ai problemi della deforestazione, dei diritti dei popoli indigeni e del clima, con i primi importanti risultati sulle foreste, sempre che i dati riportati dalle agenzie non siano viziati da altre dinamiche locali difficilmente osservabili. Allo stesso tempo, però, la scelta scellerata di affondare la San Paolo, programmando quindi a tavolino un disastro ambientale di dimensioni internazionali, offre il segno di un governo sicuramente sensibile e attento ai temi verdi, ma anche estremamente pragmatico nell’ignorarli in assenza di risorse o, apparentemente, soluzioni.
Questi primi ambigui due mesi sembrano aver avviato un processo di ri-allontanamento tra il governo e l’elettorato attento all’ambiente ed al clima, viste le importanti mobilitazioni del mondo ambientalista sul caso della San Paolo. Mondo ambientalista e della società civile cui spetta il compito, nei prossimi mesi, di osservare da vicino le politiche governative in particolare verso i prossimi appuntamenti internazionali.
Articolo a cura della sezione Clima e Advocacy
Immagine di copertina: foto Il Post