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Dic

Clima, quattro sfide per il 2017

di Federico Brocchieri

Il 2016 è stato un anno importante per il clima, in primo luogo per la firma e la successiva entrata in vigore dell’Accordo di Parigi raggiunto nel 2015 alla COP21. A partire dal primo negoziato intermedio dell’UNFCCC di Bonn nel mese di maggio e, successivamente, alla COP22 di Marrakech di novembre, si sono cominciate a gettare le basi per l’attuazione dell’Accordo con la creazione dei gruppi di lavoro che nei prossimi mesi saranno in azione per delineare gli elementi ed il contesto entro cui i Paesi ridurranno le proprie emissioni nel periodo 2020-2030.

A gettare ombre sui buoni propositi della comunità internazionale è arrivata – proprio durante la COP22 – l’elezione di Donald Trump come prossimo Presidente degli Stati Uniti. Il tycoon, il quale negli anni ha più volte definito il cambiamento climatico “una bufala inventata dai cinesi”, minaccia infatti di gettare al vento anni di lavoro che hanno portato non solo al raggiungimento dell’Accordo, ma soprattutto ad una consapevolezza internazionale di come il multilateralismo sia oggi l’unica via percorribile per raggiungere risultati concreti. E sebbene gli Stati Uniti non potranno formalmente abbandonare l’Accordo di Parigi prima di 4 anni (come illustrato nel dettaglio in questo articolo di Climalteranti), è innegabile come l’apporto degli USA in termini di riduzione delle emissioni e di contributi finanziari ai Paesi in via di sviluppo (per le misure di mitigazione e adattamento) siano concretamente a rischio.

In questo senso, l’aspetto forse più positivo della COP22 (una conferenza di transizione) è stato proprio il messaggio di “unione” rilasciato dai rappresentanti dei Paesi al termine della conferenza, con il quale hanno affermato la propria intenzione di proseguire nell’impegno sul clima indipendentemente dalle posizioni che gli Stati Uniti assumeranno nei prossimi mesi ed anni.

Quali possono essere le sfide del 2017 per il clima? Abbiamo delineato alcuni punti la cui implementazione sarebbe importante per poter guardare con fiducia al futuro.

A livello internazionale

1) Tenere in vita il “momentum”. A livello negoziale, il 2017 sarà un anno di transizione in virtù del fatto che i tavoli in azione per l’implementazione dell’Accordo di Parigi dovranno presentare i risultati del proprio lavoro solo alla COP24 del 2018, anno in cui avrà anche inizio il dialogo facilitativo per l’aggiornamento (al rialzo!) dei Contributi Nazionali Volontari (NDCs) presentati dai Paesi nel 2015. Sebbene non si vedranno subito risultati concreti, bisognerà fare il possibile per scongiurare ritardi e slittamenti all’anno successivo. In questa fase, sarà pertanto fondamentale l’azione della società civile, sia a livello nazionale – mantenendo alta la pressione sui governi – sia in sede negoziale elaborando proposte concrete in qualità di osservatori: il successo delle campagne di advocacy su educazione ed equità intergenerazionale, concetti introdotti esplicitamente nell’Accordo di Parigi proprio grazie all’azione diretta dei giovani e delle ONG che partecipano in prima linea al negoziato, lasciano ben sperare per successi futuri.

2) Coinvolgere efficacemente Regioni e Comuni. In questi anni, diverse regioni e città a livello globale hanno mostrato il proprio interesse alla definizione ed attuazione di strategie sul clima, talvolta con risultati positivi. Una delle maggiori difficoltà incontrate, tuttavia, è stata nella distinzione degli obiettivi di questi attori non-governativi rispetto a quelli dei rispettivi Stati: in molti casi, infatti, i target presentati (oggi solo “elencati” nella piattaforma NAZCA) hanno creato situazioni di “doppi conteggi” rispetto alle misure già presentate dai governi nazionali, lasciando dunque diversi dubbi circa il reale effetto addizionale delle misure regionali e locali. Per risolvere tale ostacolo, sarebbe importante il coinvolgimento di città, regioni ed altri enti locali a monte, nelle fasi di pianificazione, identificando linee guida chiare su come contabilizzare efficacemente i contributi. Un primo banco di prova per un simile scenario potrebbe verificarsi proprio negli USA, dove la California si è già detta pronta a “bypassare” il governo federale e proseguire nell’implementazione di politiche climatiche ambiziose. Seppur in un differente contesto, anche a livello italiano regole chiare potrebbero costituire un’ottima opportunità per responsabilizzare gli enti locali nell’assunzione di misure credibili.

In Italia

3) Avviare la nuova Strategia energetica e climatica nazionale. Nel nostro Paese, il 2017 dovrebbe vedere quantomeno l’avvio di un percorso che definisca le basi per una nuova strategia nazionale per l’energia ed il clima, possibilmente congiunte. Appare infatti ormai inderogabile un aggiornamento della Strategia Energetica Nazionale (SEN) che non solo ne revisioni i contenuti, ma che vi integri anche le considerazioni climatiche che dobbiamo osservare alla luce degli impegni europei già presi e, soprattutto, di quelli futuri: nei prossimi mesi infatti l’Unione Europea dovrà lavorare ad un aumento dei livelli di ambizione in materia di mitigazione che, inevitabilmente, coinvolgerà tutti gli Stati Membri. L’elemento essenziale appare qui l’adozione di una strategia nazionale con visione al 2050 (come hanno già fatto numerosi altri Paesi nel corso quest’anno, con la pubblicazione delle proprie strategie a medio-lungo termine), per fornire finalmente orizzonti temporali entro cui sia possibile per il mondo economico fare una programmazione concreta, avviando l’Italia verso una transizione energetica netta.

4) Investire seriamente sull’educazione ambientale. Riteniamo sia fondamentale dare seguito agli Stati Generali sull’Educazione Ambientale, organizzati dal Governo lo scorso 22 novembre, definendo obiettivi concreti: tra questi, a nostro giudizio, dovrebbe esservi rendere l’educazione ambientale e climatica strutturale ed incardinata nei programmi scolastici ministeriali. All’alba del 2017, l’assenza pressoché totale di tali argomenti dagli attuali programmi risulta ingiustificabile, trattandosi di alcune tra le sfide più grandi che le generazioni attuali e future dovranno fronteggiare nei prossimi decenni; senza pretendere che ogni cittadino diventi “esperto” di clima, è fondamentale formare i giovani affinché siano quantomeno in grado di cogliere la complessità del problema in atto, il contesto sociale ed economico entro cui si colloca e le possibili soluzioni – ovvero le condizioni minime perché gli elettori e la classe dirigente di domani possano assumere decisioni consapevoli.

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