cop15
08
Dic

COP15, I DISCORSI DEI LEADER ALLA PLENARIA DI APERTURA

  • Mercoledì 7 dicembre è iniziata la COP15 sulla biodiversità e i Paesi membri della Convenzione sulla biodiversità (CBD) si sono riuniti per la Plenaria di apertura.
  • Il discorso della Cina si è focalizzato sul ruolo dei fondi finanziari dei paesi sviluppati a supporto dei paesi in via di sviluppo. 
  • L’intervento europeo si è concluso con un aspro attacco alla Russia e la richiesta immediata di fermare la guerra in corso contro l’Ucraina.
  • L’African Group ha chiesto supporto finanziario adeguato di almeno 100 miliardi di dollari all’anno.

Mercoledì 7 Dicembre è iniziata la COP15 sulla biodiversità e i Paesi membri della Convenzione sulla biodiversità (CBD) si sono riuniti per la Plenaria di apertura, iniziata intorno alle quattro del pomeriggio ora italiana, alle 10 del mattino a Montreal. 

L’intervento del Presidente di COP15, il ministro dell’ambiente cinese Huang Runqiu, ha aperto la Plenaria, ricordando che COP15 è la prima conferenza internazionale sull’ambiente che si svolge sotto la Presidenza Cinese. Il discorso si è focalizzato poi sul ruolo dei fondi finanziari dei paesi sviluppati a supporto dei paesi in via di sviluppo. Questo è in linea con la posizione del gruppo negoziale Like-Minded Mega Diverse Countries (LMMDs) – di cui la Cina fa parte insieme a  Brasile, India, Sud Africa, e altri paesi che insieme ospitano oltre il 60% della biodiversità globale nei propri territori. 

La Cina ha sicuramente interesse a portare a casa un risultato rilevante a Montreal, e questo può giocare un ruolo chiave nell’approvare un accordo ambizioso e trasformativo a tutela della biodiversità nelle prossime 2 settimane. Inoltre è innegabile la forza politica internazionale della Cina in un conferenza multilaterale dove per altro manca l’altro attore chiave, gli Stati Uniti. Infatti gli USA sono l’unico paese al mondo, insieme al Vaticano, a non avere ratificato la Convenzione sulla Biodiversità nel 1992 (avevamo spiegato qui perché). Di conseguenza, la Cina ha campo libero per influenzare gli altri Paesi ad adottare un accordo importante a tutela della biodiversità, anche se non si tratta di un traguardo semplice da raggiungere, specie se Pechino continuerà a opporsi ad alcune questioni chiave di questo negoziato, come proteggere il 30% delle aree terrestri e marine entro il 2030, dimezzare gli impatti di produzione e consumi entro il 2030, e il phase out da pesticidi e dai fertilizzanti (come avevamo spiegato qui). A meno che la Cina non cambi la sua posizione su questi temi proprio a Montreal.

Durante la plenaria di apertura di COP15 è intervenuta anche l’Unione Europea. Tra i punti chiave del discorso l’importanza di contrastare le cause dirette e indirette della perdita di biodiversità, il ruolo fondamentale dei meccanismi di implementazione come sistemi di pianificazione, revisione e reportistica degli obiettivi, e di risorse finanziarie adeguate a raggiungere gli obiettivi dell’accordo.

L’UE si è detta pronta a fare la propria parte per supportare l’ambizione globale a protezione della natura, impegnandosi a mobilitare risorse finanziarie a sostegno dei paesi in via di sviluppo, supportando i processi di implementazione del protocollo di Nagoya (sull’accesso alle risorse genetiche e l’equa condivisione dei benefici derivanti dal loro utilizzo),  e il protocollo di Cartagena (sulla biosicurezza che ha come obiettivo la protezione della biodiversità dai rischi derivanti dal trasferimento, dalla manipolazione e dall’uso degli organismi geneticamente modificati ottenuti dalla biotecnologia). L’intervento europeo si è concluso con un aspro attacco alla Russia e con la richiesta di fermare la guerra in corso contro l’Ucraina, sottolineando i danni climatici e alla biodiversità che il conflitto sta creando. 

La condanna alla Russia e alla guerra contro l’Ucraina è stata ribadita anche dal gruppo negoziale JUSCANZ, di cui fanno parte Giappone, Svizzera, Canada, Australia, Nuova Zelanda. 

La Russia è intervenuta rivendicando il diritto di rispondere alle accuse dell’Unione Europea e il gruppo JSCANZ, rifiutando qualsiasi argomentazione al di fuori del contesto della biodiversità. La Russia ha affermato che quando sono scoppiate altre guerre – come quella in Afghanistan, in Iraq e in Siria – non sono stati criticati gli impatti ambientali legati ad esse: con questa affermazione quindi, Mosca non ha negato l’esistenza di una guerra in corso in Ucraina, come precedentemente fatto in altri contesti internazionali.
La Russia ha ribadito che i negoziati sulla biodiversità sono un forum depoliticizzato e ha accusato UE e JSCANZ di distruggere il processo negoziale con tematiche politiche che rendono ancora più difficile un negoziato già complesso e rischiano di sabotare la possibilità di trovare un accordo. 

Il gruppo negoziale dei Paesi africani (African Group) è intervenuto chiedendo supporto finanziario adeguato di almeno 100 miliardi di dollari all’anno.
Ai negoziati intermedi della COP15 – che si erano svolti a Ginevra a marzo -, un nuovo gruppo negoziale chiamato “Like-Minded Developing Countries on Biodiversity and Development”, di cui fa parte il Gruppo Africano, aveva già chiesto ai Paesi sviluppati di stanziare almeno 100 miliardi di dollari all’anno per la biodiversità, per un totale di 700 miliardi entro il 2030. 
Nella seconda parte dei negoziati intermedi, ospitata a giugno dal Kenya a Nairobi, il gruppo dei paesi sviluppati JUSCANZ e il Regno Unito si era opposto alle richieste di un nuovo fondo globale per la biodiversità. Anche l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) si è opposta alla creazione di un nuovo fondo per la biodiversità, affermando che la creazione di un nuovo strumento di finanziamento internazionale richiede tempo e non garantisce miglioramenti rispetto ai meccanismi esistenti. IUCN ha ribadito che, soprattutto nel breve periodo, è preferibile lavorare nell’ambito degli attuali strumenti e flussi finanziari.

Nel suo intervento durante l’apertura di COP15 l’African Group ha poi ribadito l’importanza del trasferimento di conoscenze e tecnologia, e ha manifestato preoccupazione per la poca rappresentanza della regione africana a COP15.

La Repubblica di Palau ha preso la parola in rappresentanza della regione dell’Asia Pacifico, supportando la richiesta del Gruppo Africano di creare del fondo a tutela della biodiversità, ribadendo l’importanza degli strumenti di implementazione e del trasferimento di tecnologia e capacity building. Palau ha inoltre affermato che non si sta dedicando abbastanza attenzione agli oceani nelle negoziazioni: ricordiamo che a Ginevra le negoziazioni sui temi legati agli oceani non si erano tenute per mancanza di tempo. 

Inger Andersen, direttrice esecutiva del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), ha ricordato che nei prossimi giorni a Montreal si chiuderà un viaggio iniziato quattro anni fa alla COP14 sulla biodiversità che era stata ospitata da Sharm El Sheikh. Andersen ha ricordato che stiamo vivendo molte crisi globali ambientali insieme: quella climatica, quella della biodiversità, quella dell’inquinamento, da plastica e non. E ha sottolineato l’importanza di allineare il risultato di COP15 all’Accordo di Parigi, agli strumenti dell’UNFCCC, alla Convenzione contro la desertificazione, e all’accordo contro l’inquinamento da plastica su cui si è negoziato in Uruguay la scorsa settimana e si tornerà a discutere nel maggio prossimo in Francia. 

Elizabeth Mrema, che guida la Convenzione sulla Biodiversità (CBD), ha chiuso la plenaria affermando che COP15 si svolge in totale rispetto delle comunità Indigene presenti e future, e che le voci di tutti gli stakeholders, incluse le popolazioni Indigene, i giovani e le donne, dovranno essere ascoltate. 

Mrema ha poi  ringraziato una lunga lista di paesi, tra cui molte nazioni occidentali, che hanno supportato il processo che ha portato a COP15, ma l’Italia non era tra i paesi citati. Infine, ha ricordato che ogni nazione conta a COP15, e che senza una collaborazione di tutte le parti non sarà possibile chiudere i negoziati con un accordo globale ambizioso e trasformativo.

A cura di Margherita Barbieri, volontaria di Italian Climate Network.

Immagine di copertina: crediti IISD (International Institute for Sustainable Development)

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