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08
Mar

GENERE E CLIMA: VERSO UGUAGLIANZA E GIUSTIZIA

Gli impatti dei cambiamenti climatici non sono distribuiti ugualmente nel mondo. Nonostante la loro natura globale, colpiscono prevalentemente le nazioni, le comunità e gli strati sociali più fragili e che presentano alti indici di vulnerabilità ed esposizione agli impatti di fenomeni climatici estremi. Le donne sono tra i gruppi considerati a rischio e, tra le ragioni che contribuiscono a questa loro condizione di vulnerabilità, c’è il mancato riconoscimento e realizzazione dei loro diritti in moltissimi Paesi. Comprendere che i cambiamenti climatici colpiscono le persone diversamente è, dunque, una delle chiavi per risolvere il divario di genere.

Oltre a fattori di disuguaglianza di tipo geografico, socio economico e politico, le disparità di genere influenzano negativamente le capacità di adattamento delle donne.  Queste ultime, in molti Paesi vengono escluse dall’approvigionamento alimentare così come delle risorse idriche e di attività e materiali utili alla vita domestica. Inoltre,soffrono maggiormente degli impatti causati da siccità, inondazioni e altri fenomeni estremi rispetto agli uomini. Infine , in molti contesti le donne continuano a essere vittime di violazioni dei propri diritti umani fondamentali. Le costanti barriere a cui fanno fronte le donne nell’accedere a processi decisionali politici, all’educazione, alla terra, alle risorse di tipo naturale, tecnologico ed economico, inaspriscono la loro vulnerabilità al cambiamento climatico e al conseguente degrado ambientale che ne deriva. Per esempio, l’insufficienza di fonti d’acqua dovuta a fenomeni di siccità e desertificazione, fa sì che le donne debbano percorrere lunghe distanze per trovare acqua necessaria alla sopravvivenza e che, di conseguenza, abbiano meno tempo a disposizione per dedicarsi ad attività economiche, allo studio e alla loro emancipazione dagli uomini. È per questo che, nonostante le donne rappresentino il 43% della forza lavoro agricola globale, il 70% dei poveri e l’80% delle persone sfollate a causa del cambiamento climatico nel mondo, sono donne.

Vari sono gli studi che documentano gli impatti del cambiamento climatico e della contaminazione ambientale sulla salute di donne e bambine, come l’aumento di attacchi di asma, rischi più elevati di cancro ai polmoni e di malattie cardiache verso la mezza età , ictus e demenza nelle donne anziane e nascite premature e morti intrauterine per le donne in gravidanza. Tali rischi sono particolarmente alti in contesti dove donne e bambine non hanno accesso a servizi igienico sanitari efficienti e dignitosi.

La scarsità di risorse naturali dovuta al cambiamento climatico è alla base dell’aumento di violenza di genere, dello sfruttamento lavorativo, dei matrimoni infantili e dei traffici di donne e altri membri di comunità vulnerabili, come dimostrato dalle pratiche di vari gruppi terroristici. Il degrado ambientale e climatico, così come la bilancia della disuguaglianza e del potere che tende ancora a favore degli uomini hanno spesso obbligato donne a offrire pratiche sessuali in cambio dell’accesso a cibo, prodotti o servizi essenziali. Nonostante tali disparità, le donne giocano un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico, soprattutto grazie alla loro conoscenza pratica del mondo naturale e alla loro capacità di formulare soluzioni sostenibili, inclusive e all’avanguardia rispetto a quelle introdotte in contesti decisionali principalmente dominati da uomini. È grazie a queste qualità che le donne si sono dimostrate in grado di aumentare le capacità di resilienza al cambiamento climatico di interi popoli e comunità e, quindi, di rafforzare il successo dell’azione climatica, a livello locale e internazionale.   

Tuttavia, dopo più di 25 anni dalla Conferenza Mondiale dell’ONU sulle Donne a Pechino, l’uguaglianza di genere continua ad essere insufficiente. Le donne putroppo continuano ad essere sottorappresentate negli spazi decisionali ad ogni livello: durante gli ultimi negoazi sul clima svoltasi a Glasgow (UNFCCC COP26) soltanto il 34% del comitati, e il 39% delle delegazioni presenti, erano donne; al G7 del 2021 c’era una sola donna tra i decisori politici parte del vertice. Risolvere i problemi legati alla disparità e discriminazione vissute dalle donne in materia climatica richiede azioni radicali: non solo un maggior rispetto in tema ambientale, ma anche l’ottenimento di risultati positivi in molteplici settori, come la salute, il progresso economico e la sicurezza alimentare.  

Tali obiettivi possono essere raggiunti solo attraverso leggi e politiche progettate, finanziate e monitorate adeguatamente al fine di ridurre, e progressivamente eliminare, gli atti di violenza, discriminazione, abuso e disuguaglianza subiti dalle donne. Inoltre, assicurare la partecipazione delle donne nei processi decisionali climatici e di tutti quegli aspetti inerenti alla loro sopravvivenza e modi di vita fondamentali, permetterà di riflettere concretamente le loro priorità e necessità, così come le loro conoscenze e abilità necessarie per portare avanti l’azione climatica.Infine, introdurre e implementare prospettive che affrontino tematiche di genere e giustizia sociale nei progetti di ricerca e valutazione degli impatti e rischi climatici è essenziale per ridurre la disuguaglianza sofferta dalle donne, anche nel contesto pandemico attuale, durante il quale gli episodi di violenza e discriminazione contro le donne sono aumentati drasticamente. Queste azioni sono possibili qualora si comprendano le strutture secolari di potere alla base del privilegio, dominio e controllo degli uomini sulle donne, e si valorizzino le donne come agenti essenziali, e non più in base alla loro vulnerabilità, nella lotta al cambiamento climatico. È dunque essenziale distinguere e differenziare gli impatti che ha il cambiamento climatico tra diversi individui in una stessa comunità per far si che le donne ottengano giustizia e avvenga una vera trasformazione.

di Andrea Scarpello, volontario di Italian Climate Network

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