GFANZ
19
Nov

GFANZ, INCIDENTI DI PERCORSO?

  • La GFANZ si è svincolata dalla supervisione dell’organismo delle Nazioni Unite che ne garantiva l’integrità, a seguito dell’introduzione di criteri espliciti di uscita dai combustibili fossili da parte dell’organismo UN.
  • Nonostante questo le regole GFANZ attuali, non aggiornate ai nuovi criteri UN, ne fanno già un’iniziativa potenzialmente molto efficace nell’accelerare il processo di decarbonizzazione.

GFANZ, chi detta le regole?

Per ridurre il rischio di greenwashing e garantire l’effettiva aderenza degli impegni alla scienza del clima, alla COP26 la Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ) fu affiancata a un organismo delle Nazioni Unite già esistente: la Race to Zero, finalizzata alla verifica degli impegni di settore privato, città, regioni (i cosiddetti non state actors). Questa avrebbe dovuto verificare la conformità ai criteri di adesione dei membri della GFANZ e potenzialmente espellere quelli inadempienti, oltre a definire l’ambizione climatica da perseguire e i criteri di base.

Solamente pochi giorni prima della COP27, però, la GFANZ ha relegato la Race to Zero a semplice advisor dell’Alleanza (fra diversi altri), privandola del suo ruolo di garanzia di integrità. GFANZ ha eliminato l’obbligo per i suoi membri di aderire alla campagna Race to Zero e ha dichiarato che, in futuro, essi saranno “incoraggiati, ma non obbligati, a collaborare con la Race to Zero”.

A giugno la Race to Zero aveva pubblicato una revisione più ambiziosa delle sue regole di adesione, menzionando per la prima volta esplicitamente i combustibili fossili: “phasing down and out all unabated fossil fuels as part of a global, just transition”. Secondo la guida ufficiale all’interpretazione ciò significa: “Ogni membro di Race to Zero dovrà eliminare [phase out] lo sviluppo, il finanziamento e l’agevolazione di nuovi asset di combustibili fossili unabated [ndr senza tecnologie di carbon capture and storage], incluso il carbone, in linea con gli appropriati scenari globali basati sulla scienza”.

La diretta citazione dei combustibili fossili non è piaciuta a diversi membri dell’Alleanza e ha infiammato il dibattito interno, fino alla “retrocessione” della Race to Zero. Questo benché i nuovi criteri non facciano altro che rimarcare quanto già previsto negli scenari Net Zero, dunque implicitamente già richiesto dalle precedenti regole. 

Per di più, la guida all’interpretazione aggiunge: “Race to Zero osserva che la “riduzione e l’eliminazione [phase out] dei combustibili fossili” non si riferisce a un’unica data universale per tutte le entità e i settori, ma è invece allineata a una transizione globale, scientifica e giusta. Ad esempio, lo scenario 2021 Net Zero della International Energy Agency prevede l’immediata cessazione della costruzione di nuovi impianti a carbone […]. Altri scenari credibili, come quelli dell’IPCC, differiscono in alcuni dettagli, ma tutti prevedono la riduzione e l’eliminazione graduale dei combustibili fossili.”

Resa alle “mele marce”?

Non c’è da stupirsi se i vertici GFANZ abbiano ceduto di fronte alle rimostranze interne, fra cui minacce di lasciare l’Alleanza. Infatti, l’ampia portata dell’iniziativa, con la vastissima adesione del mondo finanziario, non solo era stata presentata come una sua caratteristica distintiva alla COP26, ma è anche alla base della sua efficacia

Proprio questa ha indotto le istituzioni più piccole, altrimenti lontane da impegni Net Zero, ad almeno considerare l’adesione; di fatto, ha creato un vero e proprio obbligo per tutte quelle istituzioni che non volessero apparire arretrate in termini di sostenibilità. Un “obbligo” reputazionale che ha preceduto altre iniziative (ad esempio la Science Based Targets initiative che, nel settore finanziario, non ha ancora raggiunto volumi simili), accelerando così l’azione di mitigazione.

Cause

Perché si è arrivati a questo punto? 

A seguito del riferimento esplicito ai fossili, il dibattito all’interno della Alleanza sembra essersi concentrato su possibili attacchi da parte delle autorità antitrust nei confronti di azioni congiunte

In una lettera firmata dai due co-presidenti della GFANZ, viene sottolineato come l’approccio dell’Alleanza sia quello di facilitare la chiusura anticipata degli impianti ad alte emissioni, così da generare riduzioni reali della durata di tali impianti, anziché smettere di finanziarli, variandone solamente investitori o finanziatori: “il semplice disinvestimento può addirittura portare ad un aumento delle emissioni di gas serra nel mondo reale se coloro che acquistano e finanziano tali asset non si impegnano a loro volta ad allinearsi a Net Zero”.

L’affermazione è in realtà perfettamente in linea con quanto indicato dalla Race to Zero: “Le linee guida […] devono essere elaborate con attenzione per evitare […] il passaggio di beni legati ai combustibili fossili da un proprietario a un altro. […] Tuttavia, in assenza di un piano di transizione, il disinvestimento può essere l’unico modo per ottenere l’allineamento”.

Immagine che contiene testo

Descrizione generata automaticamente
Crediti: GFANZ 2022 Progress Report 

Insomma, non è da escludere che alcune istituzioni finanziarie possano aver colto l’occasione dei nuovi criteri per svincolarsi dalla possibilità di espulsione da parte della Race to Zero, con enorme danno reputazionale conseguente

Resta ora  da vedere come risponderanno – soprattutto in termini di supervisione dell’operato dei propri membri – le singole sotto-alleanze, che in certi casi già implementavano le nuove indicazioni Race to Zero. 

Alcune sotto-alleanze, infatti, prevedono l’applicazione di policy specifiche relative ai fossili: ad esempio la Net-Zero Asset Owner Alliance richiede l’immediata cessazione dei finanziamenti a nuovi progetti legati al carbone. Un’altra, la Net-Zero Insurance Alliance ha invece dichiarato di non poter introdurre una politica di esclusione sul carbone, adducendo la problematica della possibile violazione della legge sulla concorrenza.

In assenza di richieste specifiche in termini di policy, i target settoriali lasciano spazio, almeno in parte, a casi di sviluppo fossile anche a lungo termine. Questo perché riguardano la media di portafoglio: performance eccellenti possono compensare, in parte, clienti tutt’altro che virtuosi. Perdipiù in molti casi gli obiettivi sono espressi in termini relativi – emissioni per unità di energia fornita dal combustibile – e non emissioni totali: i nuovi criteri Race to Zero sconsigliano proprio questa tipologia di target per il settore fossile.

Un giudizio negativo?

Nonostante le diffuse critiche da parte della stampa e della società civile, sulla base dell’esperienza diretta dell’applicazione dei criteri GFANZ nelle banche, non si può non notare che forse nessuna delle iniziative volontarie di sostenibilità genera un impatto così definito e di ampio respiro all’interno del settore finanziario. Pur con tutti i difetti indicati, l’alleanza potrebbe rappresentare un passo importante verso un’ambizione climatica, quella del contenimento del global warming entro gli 1.5°C, per niente scontata.

Perdipiù, in tutti i settori su cui si concentrano i target la pressione di finanziatori e investitori è senz’altro una delle leve più efficaci per innescare l’azione di decarbonizzazione.

Fondamentale è, però, attendere che il potenziale dell’Alleanza si manifesti nell’economia reale. 

Se i criteri attuali delle singole sotto-alleanze non verranno annacquati e verranno implementati adeguati meccanismi di supervisione, i suoi effetti non saranno certo immediati, ma nemmeno di poco impatto.

[Per approfondire: La finanza privata per il Net Zero: GFANZ, cos’è e come funziona]

Articolo a cura di Elisa Terenghi, volontaria di Italian Climate Network

Immagine di copertina: Mark Carney via Twitter

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