07
Dic

VALUTAZIONE COMPLESSIVA SULLA FINANZA CLIMATICA: UN TEMA DIFFICILE DA DEFINIRE E IMPLEMENTARE

  • La Commissione Permanente sulla Finanza dall’analisi di cinque fonti non è riuscita a trovare una baseline univoca dei finanziamenti per l’adattamento nel 2019 per poter definire il raddoppio dei flussi entro il 2025.
  • Il meccanismo della finanza climatica non è trasparente. Ad oggi non esiste una chiara definizione su quali siano i flussi da conteggiare, e a causa delle diverse metodologie applicate dai Paesi i report non sono comparabili.
  • La finanza climatica è essenziale per rendere applicabili gli NDC dei Paesi in via di sviluppo, che sono molto ambiziosi ma non hanno le risorse sufficienti per renderli effettivi.

Ogni anno alle Conferenze delle Parti in agenda si trova un punto sulla valutazione del lavoro della commissione permanente sulla finanza (Standing Committee on Finance – SCF). La SCF è stata instaurata a COP16 per assistere le Parti nei loro negoziati relativi ai meccanismi di finanza climatica all’interno della convenzione UNFCCC. Tra i compiti della SCF ci sono i) il coordinamento dei finanziamenti per i cambiamenti climatici, ii) la razionalizzazione del meccanismo di finanza, iii) la mobilizzazione di risorse finanziarie, iv) e la verifica del supporto fornito ai Paesi in via di sviluppo.

Come abbiamo letto in altri articoli del bollettino a questa COP28, sulla finanza climatica ci sono molti punti di discussione ancora aperti e tanta incomprensione tra i Paesi, che rende difficile trovare un accordo tra Sud e Nord del mondo. Qui vedremo i risultati del lavoro di quest’anno della SCF, specificando perché il negoziato sulla finanza è spesso difficile da portare a termine.

I delegati dei Paesi si trovano ad analizzare il report delle attività svolte dalla SCF durante il 2023 e i rapporti tecnici pubblicati. In particolare, i temi trattati a COP28 riguardano:

  • raddoppio della finanza per l’adattamento,
  • raggruppamento dei diversi tipi di definizione di finanza climatica in uso,
  • modalità per il raggiungimento dell’articolo 2.1.c dell’Accordo di Parigi,
  • forum sulla finanza per la Just Transition,
  • autovalutazione delle funzioni della SCF,
  • bozza delle linee guida per le entità operative del meccanismo finanziario.

Inoltre, il report riassuntivo presentato riguarda la cooperazione tra SCF e subsidiary bodies dell’UNFCCC, il piano di lavoro per il 2024 e l’elenco dei tre report tecnici da pubblicare nel 2024 (overview dei flussi di finanza climatica, analisi delle necessità dei Paesi in via di sviluppo per l’implementazione dell’Accordo di Parigi, progressi nel raggiungimento del obiettivo di 100 miliardi USD all’anno per la finanza climatica)

Raddoppio della finanza per l’adattamento

Il raddoppio della finanza per l’adattamento è stato uno dei risultati della CMA del 2021, quando era stato deciso di raddoppiare i finanziamenti rispetto al 2019 entro il 2025, in modo da bilanciare la finanza per mitigazione e adattamento e con l’obiettivo di aumentare le risorse finanziarie, richiamando l’articolo 9.4 dell’Accordo di Parigi. Questo articolo fa riferimento alla necessità di tenere conto delle priorità dei Paesi in via di sviluppo, in particolare Paesi meno sviluppati e gli Stati delle piccole isole più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici e di sostenerli tramite sovvenzioni pubbliche per l’adattamento.

Uno degli aspetti più critici sollevati dalla SCF è la poca chiarezza nelle linee guida per misurare e tenere traccia dei miglioramenti nel raggiungimento del raddoppio. Ogni Paese ha approcci metodologici diversi di misura e trasmissione dei finanziamenti mobilizzati e ricevuti, rendendo difficile uniformare i dati. Inoltre, nella trasmissione delle informazioni ci sono anche mancanze e ritardi. La misura, quindi, della finanza climatica per mitigazione e adattamento e il rapporto tra le due non è univoca.

Ad esempio, la SCF, in base a cinque diverse fonti, ha assegnato alla finanza per l’adattamento nel 2019 tra i 7.1 miliardi e i 20.3 miliardi di dollari, così il raddoppio potrebbe variare tra i 14.2 miliardi e i 40.6 miliardi di dollari al 2025. Il risultato è una media di 19.4 miliardi di dollari nel 2019 da utilizzare come base di riferimento.

Le parti non sono rimaste soddisfatte del lavoro della SCF, che sembrerebbe non aver portato a termine il mandato di definire questa baseline per il raddoppio della finanza per l’adattamento, lasciandola molto vaga. Su questo quasi tutti i Paesi si sono trovati d’accordo, ma i Paesi del Nord globale ne hanno sicuramente approfittato per non prendere una posizione ferma sul tema.

Lo stesso vale per il bilanciamento tra adattamento e mitigazione: i due flussi sono difficili da definire ed è difficile da definire il rapporto che dovrebbero avere tra loro, date le diverse indicazioni di ogni Paese.

La SCF nel suo report sottolinea che è necessario che i Paesi sviluppati e in via di sviluppo migliorino il conteggio dei fondi finanziati e ricevuti, per poter avere dati affidabili. Inoltre, è necessario tenere aggiornati i Piani Nazionali di Adattamento e gli NDC, in modo da poter definire con chiarezza un obiettivo in termini di finanza per l’adattamento sul lungo termine. È stata l’occasione per alcuni Paesi in via di sviluppo, tra cui il Pakistan, per chiedere supporto per il capacity building e per il trasferimento di competenze per un’opportuna rendicontazione anche della finanza climatica.

Definizione di finanza climatica

L’altro tema che avrebbe dovuto approfondire la SCF nel 2023, ma su cui le Parti non sono soddisfatte, riguarda la definizione di finanza climatica, che al momento non è univoca, è poco dettagliata, e rende difficile capire cosa può essere conteggiato nei flussi finanziari, in termini di strumenti (sovvenzioni, capitale proprio, prestiti agevolati, garanzie) e fonti (pubblica o privata) di finanziamento.

Articolo 2.1.c dell’Accordo di Parigi

L’articolo 2.1.c dell’Accordo di Parigi chiede di rendere i flussi finanziari coerenti con le necessità per una traiettoria verso basse emissioni di gas climalteranti e per uno sviluppo clima-resiliente. La SCF aveva ricevuto mandato di definire le linee guida per l’implementazione dell’articolo. La SCF ha sottolineato l’importanza di lavorare in maniera coerente con lo Sharm el-Sheikh Dialogue sulla complementarità dell’art. 2.1.c e dell’art 9, e con il lavoro sul nuovo obiettivo di finanza climatica (NCQG). Su questo tema alcuni Paesi (Sud Africa, Cile, Canada, India) hanno evidenziato che lo sviluppo può essere inteso diversamente da ognuno, in base alle condizioni di partenza e alle prospettive diverse per ogni Paese. Questo riguarda le differenze interne tra i Paesi africani e le differenze con gli altri Paesi del gruppo G77-Cina. Inoltre, nel report non si fa riferimento alle necessità dei Paesi caraibici e dell’America Latina.

Il Regno Unito ha riassunto adeguatamente la visione dei Paesi del Nord globale sulle tematiche necessarie da approfondire: coerenza tra gli investimenti pubblici e gli obiettivi sul clima dei singoli Paesi, capacity building per i Paesi in via di sviluppo, modalità di accesso ai fondi e costo del capitale (interessi), trasparenza del meccanismo finanziario.

Forum sulla Just Transition

La COP ha dato mandato alla SCF di organizzare un forum sulla finanza per la Just Transition, la quale riporta i risultati della discussione. La transizione giusta deve portare a uno sviluppo a basse emissioni di gas climalteranti e resiliente ai cambiamenti climatici, deve essere integrata nelle politiche nazionali, ed è necessario che vengano mobilizzati dei finanziamenti affinché possa essere fattibile. Le quattro tematiche trattate durante il forum riguardano proprio:

  • integrazione della Just Transition nei piani nazionali sul clima e sulle strategie di sviluppo,
  • opzioni per mobilizzare e rendere accessibili le risorse finanziarie per la transizione,
  • definire le policies che permettano una giusta transizione,
  • focus sulle persone e l’economia: necessità di finanziare una transizione giusta ed inclusiva per tutti.

Tra i principali risultati riportati nel report finale della SCF viene sottolineata la necessità di identificare le opportunità che derivano da una transizione giusta verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi e degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Anche in questo caso si è parlato della possibilità di includere il settore privato nel finanziamento della transizione giusta.

In generale, il posizionamento dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi sviluppati sui risultati del report riassuntivo della SCF è opposto. Unione Europea, Norvegia, USA e altri si ritengono soddisfatti del lavoro della commissione, invece i Paesi del Sud del mondo (Etiopia, Arabia Saudita, Panama, Pakistan) non lo ritengono sufficiente. I mandati della SCF non sono quasi stati raggiunti, i commenti sono vaghi, le necessità relative alla finanza richieste dalle Parti non sono ben evidenziate, e non ci sono suggerimenti pratici nel testo, cosa che invece ci si aspettava. Non è ancora stata trovata una definizione di finanza climatica e della baseline per la finanza per l’adattamento. Anche il discorso della trasparenza non è abbastanza trattato nel testo. Tra le altre cose non si affronta il tema del rispetto dei diritti umani.

Il negoziato è continuato anche sull’articolo 4.5 dell’Accordo di Parigi, l’articolo in cui si parla dei pathway di mitigazione e della sottoscrizione dei national determined contribution. Alcuni Paesi in via di sviluppo (Pakistan, Sud Africa, Bangladesh, Egitto, Kenya, India) hanno sottolineato la necessità di fondi per poter raggiungere gli obiettivi che si sono posti nei loro NDC. Spesso gli NDC dei Paesi del Sud globale sono molto ambiziosi, ma mancano le risorse per metterli in pratica. Le azioni di mitigazione e adattamento sono molto costose, e a questo si aggiungono alti costi per i danni dei cambiamenti climatici. I Paesi sviluppati hanno una responsabilità nei confronti dei Paesi in via di sviluppo e per questo devono impegnarsi ad aumentare i loro finanziamenti, affinché gli NDC possano essere implementati. L’articolo 4.5 permette di raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ma se non si risolvono le disuguaglianze tra i Paesi e le regioni del mondo, il lavoro contro la crisi climatica rischia di fallire.

L’articolo 4.5 richiede, quindi, che ci sia cooperazione tra Paesi, soprattutto in termini finanziari, per l’effettiva implementazione dell’Accordo di Parigi.

Articolo a cura di Francesca Casale, Delegata Italian Climate Network

Foto di copertina: di Francesca Casale

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