com'è andata cop27
20
Nov

LA COP AFRICANA SBLOCCA IL SISTEMA, MA MITIGAZIONE E FINANZA RIMANDATE AL 2023

Si è conclusa in mattinata, dopo ore di negoziati notturni, la ventisettesima Conferenza delle Parti di Sharm el-Sheikh. Così il commento di Jacopo Bencini Policy Advisor e Capo Delegazione Italian Climate Network a COP27: “Ci aspettavamo una COP di transizione, in un contesto globale indebolito dalla pandemia, dal conflitto in Ucraina, dalle crisi alimentari e dei prezzi, dalla crescente conflittualità. Tutto fuorché uno scenario ottimale per arrivare a qualsivoglia passo avanti, nonostante l’avanzare disastroso dell’emergenza climatica. La possibilità di discutere la creazione di strumenti finanziari su Perdite e Danni era senza dubbio l’unica nota positiva prima della partenza per l’Egitto”. 

I Paesi del Sud del mondo hanno però visto uno spiraglio in questo scenario confuso e, con grande compattezza politica e negoziale, sono riusciti ad arrivare alla decisione di creare un Fondo a compensazione di Perdite e Danni, risultato inseguito da almeno trent’anni dal gruppo G77 dei Paesi in via di sviluppo e dalla società civile globale. Nelle due settimane a Sharm el-Sheikh questi Paesi, insieme alla Cina, sono riusciti a portare sulle proprie posizioni sia l’Unione Europea che, infine, anche gli Stati Uniti, apparsi molto sottotono quest’anno nel negoziato. L’Unione Europea ha giocato un ruolo centrale nello sbloccare la seconda settimana di negoziati rilanciando con un aggiornamento del proprio NDC e avvicinandosi alla posizione dei G77. 

La creazione del Fondo è però costata molto in termini di finanza e mitigazione, temi di fatto rimandati a COP28, mentre – positivamente – rimangono vivi sulla carta l’obiettivo di rimanere entro +1,5°C e l’accoglimento dei report IPCC nel processo negoziale. “Nonostante le emissioni globali continuino a crescere e il mondo si avvii sempre più verso una situazione di non ritorno, la COP africana sblocca il sistema multilaterale dal punto di vista delle compensazioni per responsabilità storiche, tema-tabù per oltre trent’anni – continua Bencini –. Quanto deciso a Sharm el-Sheikh rimarrà. Necessario ora concentrarsi da subito sull’aggiornamento degli obiettivi nazionali verso COP28 e sul reperimento di risorse finanziarie a sostegno della transizione globale, anche attraverso una ristrutturazione del sistema finanziario globale, tema emerso con forza a Sharm el-Sheikh”.

Per ognuno dei temi negoziali che Italian Climate Network ha seguito direttamente dalle sale con i propri Observer, vediamo ora un’analisi puntuale. Infine, un’ultima dichiarazione conclusiva.

Perdite e danni

Risultato storico e inatteso dei Paesi del Sud del mondo, in particolare: degli stati insulari, di quelli più fragili, degli africani. Viene stabilita la creazione di un Fondo su Perdite e Danni sotto l’Accordo di Parigi da rendere operativo entro COP28 con l’ausilio di un Comitato di transizione composto a maggioranza (14 su 24) da membri del Sud del mondo. Il Comitato avrà il compito di impostare il lavoro per creare una tassonomia di Perdite e Danni compensabili. Compito arduo e tempi stretti, ma il Fondo ora c’è e non si potrà tornare indietroSi aggiunge un terzo pilastro all’Accordo di Parigi oltre a mitigazione e adattamento. Tra le “sfide” conseguenti a Perdite e Danni cui rispondere collettivamente vengono inserite le migrazioni.

Finanza 

Neanche a COP27 si raggiunge l’obiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno per la finanza climatica, mentre i bisogni aumentano. La stessa COP, nella decisione finale, parla di almeno 4.000 miliardi di dollari per rimanere in una traiettoria che porti a emissioni zero entro il 2050. La decisione finale della COP fa propria la proposta, circolata con forza nelle due settimane, di una riforma del sistema finanziario globale e delle banche multilaterali di sviluppo, ormai palesemente inadeguato alla grandezza della sfida. Importante inclusione nel testo finale del tema dell’allineamento dei flussi finanziari agli obiettivi di Parigi, anche secondo le nuove linee guida ONU anti-greenwashing per gli attori privati. La COP richiede, infine, con urgenza ai Paesi ricchi di contribuire al secondo ciclo di finanziamento del Green Climate Fund, che nel 2021 ha potuto investire la cifra record di 10,8 miliardi di dollari, somma comunque ancora molto lontana dai bisogni reali. 

Impegni nazionali (NDC)

COP27 avrebbe dovuto essere la COP dell’implementazione. A Glasgow, infatti, i Paesi avevano promesso di presentare aggiornamenti dei propri impegni nazionali se non in linea, almeno con una traiettoria compatibile con lo scenario +1,5°C. Lo hanno fatto solo 33 su quasi 200. La decisione finale di COP27 copia, incolla e rimanda l’articolo 28 del Glasgow Climate Pact invitando di nuovo i Paesi ad aggiornare le promesse, specificando però “sugli obiettivi al 2030”. Gli aggiornamenti dovranno arrivare entro la fine del 2023.

Mitigazione ed energia

Si mantiene vivo l’obiettivo di mantenere l’innalzamento delle temperature globali entro +1,5°C, ma con un linguaggio meno forte rispetto a Glasgow. Nessun riferimento al picco emissivo globale entro il 2025, “red line” richiesta dall’Unione Europea in linea con i report IPCC. L’accoppiamento di energie rinnovabili ed energie a basse emissioni confonde e non spiega come possano coesistere verso l’obiettivo +1,5°C. Nessun passo avanti sull’uscita (“phase out”) dai combustibili fossili. Viene mantenuto identico il divisivo paragrafo di Glasgow: phase down dal carbone non mitigato da cattura e stoccaggio ed uscita dai sussidi fossili inefficienti. Si sottolinea anche l’importanza di proteggere e [restoring] la natura in quanto può contribuire alla mitigazione del clima.

Adattamento

Nessun riferimento puntuale al raddoppio dei fondi per l’adattamento promesso a Glasgow, né alle tempistiche per farlo. La questione rimane implicita, visto che comunque lo Sharm el-Sheikh Implementation Plan si basa sul Glasgow Climate Pact. Il testo risulta molto stringato rispetto alle bozze precedenti e non compare nessun riferimento al Global Goal on Adapation, né al programma di lavoro Glasgow – Sharm el-Sheikh iniziato a COP26.  Non viene enfatizzata a sufficienza neanche la necessità per tutte le Parti di avere Piani Nazionali di Adattamento specifici per le caratteristiche del territorio e basate sulle conoscenze locali e delle popolazioni indigene.

Articolo 6 

La decisione presa in merito all’articolo 6.4 dell’Accordo di Parigi, è un grande passo in avanti nell’istituzione di un meccanismo di generazioni crediti di riduzione delle emissioni, o di rimozione di CO2, che sostituirà il precedente meccanismo flessibile del protocollo di Kyoto, il CDM (Clean Development Mechanism). Il documento contiene un allegato in cui iniziano a prendere forma le procedure con cui sarà operativo questo meccanismo, con indicazioni, tra le altre, sul periodo di validità dei crediti, sulla transizione dal CDM, sull’istituzione di un registro e sull’utilizzo dei crediti per il raggiungimento degli NDCs. 

Il Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice nelle sue prossime riunioni dovrà continuare a lavorare sulle modalità operative di attuazione dell’articolo, e per questo l’art. 10 invita le Parti e le organizzazioni di osservatori ammesse a presentare le proprie opinioni.

Un punto che ha fatto discutere alla COP è quello di considerare in questo meccanismo non solo crediti derivanti dalla riduzione delle emissioni, ma anche da attività di rimozione di CO2. Il testo all’art. 19 invita le parti e le organizzazioni di osservatori ammesse a presentare le loro opinioni sulle attività che comportano rimozioni, compresi monitoraggio, rendicontazione, prevenzione delle perdite e prevenzione di altri impatti ambientali e sociali negativi. In sostanza, nei prossimi mesi si discuterà quali attività di rimozione considerare. A questo proposito, l’assenza nel testo di riferimenti alla tutela dei diritti umani delle popolazioni native, locali e indigene che vivono nelle aree coinvolte dai progetti, ha portato i principali gruppi della società civile a chiedere il ritiro del testo, poi invece approvato. 

Giovani e ACE

La Presidenza ha investito molto, almeno nella forma, nell’inclusione giovanile nel processo negoziale anche attraverso la nomina del primo Delegato Giovanile della Presidenza della COP, figura inedita fino ad ora. Nella decisione finale, la COP incoraggia i Paesi a coinvolgere i giovani nelle delegazioni nazionali ai negoziati. Si sostiene la creazione di un “dialogo dei giovani sul clima” e la nomina a livello delle Nazioni Unite di un inviato speciale dei giovani. La COP prende atto del Manifesto della COY17 (Climate Change Conference of Youth), ma nelle decisioni finali non viene mai menzionata l’iniziativa Youth4Climate, ora gestita da UNDP (United Nation Development Programme). Positivo passo avanti sull’Azione per l’Empowerment sul Clima con l’inclusione della tutela dei diritti umani nel testo della decisione finale. 

Diritti umani

La prima bozza del testo finale vedeva, con sorpresa degli attivisti, un intero capitolo dedicato ai diritti umani, alle politiche di genere, alle migrazioni climatiche, e al contrasto alle discriminazioni nell’azione climatica. Nel testo approvato il 20 novembre il capitolo risulta interamente cancellato. Rimane invece un paragrafo posto tra gli statements iniziali a cornice delle successive decisioni che di fatto riproduce il preambolo dell’Accordo di Parigi sui diritti umani senza discostarsene molto. L’unica sostanziale differenza è il riferimento al diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile.  Si nota inoltre che sono pochi i riferimenti superstiti in altre parti del testo più relative all’implementazione dell’Accordo di Parigi, rendendo di fatto inoperativo il linguaggio sui diritti umani. Valutato negativamente il combinato disposto con le decisioni sull’Articolo 6. Rimane anche disgiunto il punto inerente la nozione di giustizia climatica posta in un paragrafo a parte. Un complessivo passo indietro per i diritti umani che peggiora la qualità complessiva delle decisioni di questa COP.

Biodiversità

Nel testo manca una sezione ad hoc su questo tema, si parla dell’urgente necessità di affrontare la crisi climatica e la perdita della biodiversità in modo sinergico, ma è del tutto assente un riferimento all’imminente COP15 e all’urgente necessità di un accordo ambizioso e trasformativo a protezione della biodiversità che venga adottato a Montreal. Si sottolinea l’importanza di proteggere, conservare, ripristinare e fare un utilizzo consapevole di natura e ecosistemi naturali, notando l’importanza di preservare la criosfera e la biodiversità e si riconosce il ruolo critico di proteggere, conservare e ripristinare gli ecosistemi legati all’acqua e il loro  ruolo chiave nell’adattamento. In merito alle soluzioni basate sulla natura e alla risoluzione 5/5 delle Nazioni Unite, niente più di un vago accenno. Gli oceani erano stati indicati come oggetto di meeting e dialoghi strutturati nel 2023 nelle prime bozze, iniziative poi cancellate dalla decisione finale insieme ai riferimenti sull’ aumento di finanziamenti ai Progetti REDD+.

Greenwashing

E’ presente il rimando alle raccomandazioni dell’High Level Expert Group sugli impegni a emissioni net-zero degli attori non statali, al fine di aumentare trasparenza e accountability degli impegni climatici di aziende, investitori, città e regioni. Si fa, quindi, di fatto menzione alle raccomandazioni del Report presentato a COP27 contro il greenwashing. È, inoltre, stato invitato il Segretariato a garantire una maggiore responsabilità delle iniziative volontarie attraverso la piattaforma “Non-State Actor Zone for Climate Action”: non abbiamo mai sentito nominare questa piattaforma a COP27, ma Guterres aveva invitato gli attori non statali a pubblicare i propri impegni net-zero su una piattaforma pubblica affinché confluisca nel portale ufficiale dell’UNFCCC entro COP28. 

Nota finale

Il conflitto russo-ucraino ha scosso il sistema multilaterale dall’immobilismo degli ultimi anni e questa COP ha dimostrato ai Paesi emergenti e vulnerabili che, se coalizzati, hanno i numeri per portare l’Occidente sulle loro posizioni dove vi sia uno spiraglio. – spiega Jacopo Bencini di Italian Climate Network – In un certo senso questa COP cambia la geopolitica con la creazione di un sistema condiviso e non imposto di compensazioni a livello globale. Rimane da vedere come il nuovo fondo sarà sviluppato e chi effettivamente si renderà disponibile a contribuire”. Nel blindare gli obiettivi di Glasgow – e in particolare quello di contenere il riscaldamento globale entro +1,5°C – ha avuto un ruolo centrale il G20, foro multilaterale ormai intrinsecamente legato alle COP nella definizione delle priorità. Tocca ora ai Paesi, nella speranza che il conflitto tra Federazione Russa e Ucraina termini il prima possibile, tornare all’ambizione e presentare nuovi impegni di mitigazione e finanza entro la prossima COP28 di Dubai. In poche parole, tornare a lavorare su tutti i temi sacrificati in Egitto in nome dell’accordo su Perdite e Danni.

Foto di copertina: UNFCCC

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