italian climate network COP26 - LA DIPLOMAZIA DEL CLIMA RIPARTE - ALOK SHARMA
14
Nov

LA DIPLOMAZIA DEL CLIMA RIPARTE

Ogni Conferenza sul clima ha degli obiettivi. Importanti temi sono stati affrontati in questa COP: trasparenza, finanza climatica, NDCs (Nationally Determined Contributions), Articolo 6 e diritti umani, adattamento e loss and damage.

Qui un commento specifico ad ognuno di questi temi negoziali che Italian Climate Network ha seguito direttamente con i propri Observer. Subito a seguire una dichiarazione di Marirosa Iannelli, Coordinatrice Clima e Advocacy e capo delegazione di Italian Climate Network ai negoziati COP26.

Molti gli aspetti approvati a questa COP26 hanno portato punti di avanzamento, ma il passaggio all’ultimo minuto da phase out a phase down (da eliminazione a riduzione di uso di carbone) ha dato una battuta d’arresto all’ambizione attesa da questa COP e lascia liberi ancora per troppi anni Paesi come India e Cina di investire in tecnologie climalteranti.

Noi come Italian Climate Network vogliamo superare la dicotomia successo o fallimento perché è chiaro che i negoziati sono un processo incrementale. La COP26 è stata sicuramente la COP più politica dopo Parigi che ha riportato al dialogo costruttivo i Paesi. Molti gli accordi bilaterali e multilaterali che hanno indicato un passo avanti anche se in alcune parti incomplete o in progressione, uno su tutti l’accordo lanciato da USA e Unione Europea sulle emissioni di metano. L’obiettivo 1.5°C è rientrato nei testi negoziali a gran forza come da raccomandazioni e scenari dell’IPCC, assenti nelle decisioni almeno da Katowice

Marirosa Iannelli, Coordinatrice Clima&Advocacy

TRASPARENZA
Adottate finalmente le tabelle per la nuova reportistica, un sistema di controllo reciproco e monitoraggio degli impegni nazionali che entrerà in vigore per tutti i paesi – sviluppati e non – entro il 2024. Nonostante la ritrosia di Paesi meno inclini a comunicare in maniera trasparente i dati sulle proprie emissioni e progressi nella mitigazione, si raggiunge un risultato soddisfacente sulle modalità secondo le quali rendere operative le opzioni di flessibilità riservate ai Paesi in via di sviluppo che ne hanno bisogno: non sarà possibile per alcun paese omettere completamente dati che non si riesce (o vuole) comunicare, al posto del dato mancante si dovrà inserire un simbolo “FX” motivando la scelta a margine. Inserendo “FX” non si eliminano intere colonne o righe dal report e sarà possibile continuare a leggere gli altri dati. Un risultato non scontato vista la crescente delicatezza politica del tema, che consentirà di conservare la natura stessa del nuovo sistema globale (comune a tutti) di trasparenza.

FINANZA CLIMATICA
Si esce da COP26 senza i 100 miliardi di dollari promessi ai Paesi vulnerabili ormai da più di dieci anni e questo influenza in negativo il posizionamento di Cina e India su altre parti dell’accordo finale. Inoltre, rispetto al mandato di Parigi di quantificare un nuovo obiettivo di finanza climatica entro il 2025, non solo alla fine non si trova l’accordo sulla cifra (se ne è discusso a malapena), ma l’unico risultato di COP26 è la creazione di un gruppo di lavoro ad hoc sul tema per convocare quattro riunioni annuali con esperti dal 2022 al 2024 incluso. Insomma, davanti al primo dei problemi (i soldi), si decide di convocare un tavolo per parlarne. Ancora.

NDC
Si torna da Glasgow con orizzonti temporali comuni a 10 anni 
per gli NDC a partire dal 2025 (e poi sempre decennali da comunicare ogni 5 anni), che li renderanno finalmente confrontabili tra loro rispetto all’anarchia vista da Parigi in poi. Purtroppo, il testo viene approvato con una clausola di salvaguardia per quei paesi che per qualsiasi motivo non saranno in grado di comunicare il proprio NDC secondo le nuove regole già nel 2025, rimandando la presentazione dei nuovi impegni al 2030 con orizzonte 2040. Ci interroghiamo sul perché alcuni Paesi potrebbero non voler presentare un nuovo NDC secondo scadenze che peraltro sono le stesse decise nel 2015.

ARTICOLO 6 E DIRITTI UMANI
Diversi principi dei diritti umani sono “sopravvissuti” rimanendo inclusi nella parte operazionale dell’art.6, dedicato ai meccanismi di mercato del carbonio, approvata stasera. Questo è un risultato sicuramente positivo, diretta conseguenza di 6 anni di advocacy da parte della società civile, che ha fatto fronte comune all’interno dell’Human Rights Interconstituencies Working Group.

Rimangono poi delle riserve in merito all’implementazione pratica di questi mercati. Sarà necessario capire in che misura ci porteremo dietro rischi di doppio conteggio di crediti per emissioni nella cooperazione tra Paesi. L’Articolo 6 rimane una delle parti più tecniche e complesse del Paris Rule Book. Dalle prime analisi emergono delle aree grigie importanti che potrebbero permettere scappatoie burocratiche con conseguenze negative proprio per la protezione dei diritti delle persone e la tutela degli ecosistemi.

Se si considera che fino a 2 anni fa non c’era nessun riferimento ai diritti umani, quindi nessuna salvaguardia di tipo sociale e ambientale nelle misure che di fatto sostengono l’implementazione cooperativa degli NDC, si può però capire l’importanza del lavoro degli osservatori della società civile all’interno delle COP e considerare questo come un sostanziale progresso. 

ADATTAMENTO
Bene il raddoppio dei fondi internazionali per l’adattamento e bene che il testo finale sia arrivato in plenaria con un relativo equilibrio tra adattamento e mitigazione (quest’ultimo punto poi fortemente indebolito dalla sortita indiana). 
Inoltre, è stato approvato il programma di lavoro di due anni sul Global Goal of Adaptation che si chiama Glasgow Sharm-El-sheikh Work Programme che mira a monitorare le azioni di adattamento dei Paesi.

LOSS AND DAMAGE
Chi aveva bisogno di novità concrete su questo punto è rimasto fortemente deluso. Il testo di Glasgow prevede l’avvio di un nuovo “dialogo” sul tema, quando i Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici chiedevano invece l’istituzione di una vera e proprio “facility”, uno strumento formale di coordinamento e azione con propri staff, riunioni annuali, inclusione di portatori d’interesse ed attori locali, per meglio coordinare le attività globali sul tema. Conclusione molto debole che lascia ampiamente insoddisfatti su un tema ancora poco compreso dagli Stati ricchi.

Questo articolo del Bollettino COP di ICN fa parte del progetto EC DEAR SPARK. ICN monitora i negoziati e riporta quanto accade in italiano e in inglese, sul nostro sito e sui canali social, come parte di un consorzio paneuropeo di oltre 20 organizzazioni no-profit impegnate nel promuovere la coscienza climatica con particolare attenzione al ruolo dei giovani e ai temi della cooperazione internazionale e delle politiche di genere.

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