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Nov

LA FINANZA PRIVATA PER IL NET ZERO: COS’È E COME FUNZIONA LA GFANZ

La Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ) rappresenta senza ombra di dubbio il maggiore impegno (almeno in termini di quantità di capitale allocato), sottoscritto dalla finanza privata a favore del raggiungimento del Net Zero al 2050. Fondata nell’Aprile 2021 e presentata da Mark Carney durante la COP26, essa raccoglie oggi più di 550 istituzioni finanziarie, per un totale di più di 130 mila miliardi di dollari gestiti. 

L’Allenza raccoglie sotto il suo ombrello sette iniziative indipendenti, ognuna relativa a uno specifico sottosettore del mondo finanziario: fra queste ricordiamo la Net-Zero Banking Alliance, la Net-Zero Asset Owner Alliance, la Net Zero Asset Managers initiativeOgnuna di queste alleanze ha già sviluppato, o sta ancora mettendo a punto, proprie linee-guida per la definizione di target di riduzione delle emissioni finanziate e di piani per il raggiungimento degli obiettivi.

Gli obiettivi da fissare da parte di banche, assicurazioni, asset manager per il contenimento del global warming entro i +1,5°C a fine secolo, sono relativi alle emissioni dei clienti che finanziano, in cui investono, o a cui forniscono servizi di assicurazione.

Crediti: GFANZ 2022 Progress Report 

Buona parte di questi target sono specifici per i vari settori economici (acciaio, cemento, trasporti, power, oil&gas, etc.) in cui operano i diversi clienti e, in questo caso, vengono in genere definiti sulla base degli obiettivi settoriali identificati negli scenari Net Zero da IPCCIEA, o altre istituzioni di riferimento.  Ad esempio, possono prevedere l’allineamento al tasso di elettrificazione dell’industria automobilistica o al tasso di sostituzione della generazione elettrica fossile con generazione rinnovabile indicati negli scenari.

Una volta definiti i target – non solo al 2050 ma anche intermedi, cioè al 2030 o precedenti – i gestori finanziari devono elaborare la strategia per raggiungerli.

Questi i principali approcci:  

  • Disinvestimento: è l’opzione all’apparenza più efficace, ma in realtà destinata ad avere un effetto minimo, se non addirittura controproducente, sulla riduzione effettiva delle emissioni. L’istituzione che disinveste sarebbe infatti ben presto sostituita da un’altra, con tutta probabilità ben meno attenta alla performance ambientale dei propri clienti. Si parla di riduzione delle emissioni “virtuale” anziché “real world”.
  • Engagement: l’istituzione, da sola o in gruppo con altre, esercita la propria influenza sul cliente (più o meno forte a seconda della quantità di azioni possedute o dell’entità delle linee di credito), in modo da accompagnarlo in un percorso di decarbonizzazione in linea con i +1,5°C. Nel caso di prestiti, ad esempio, gli interessi corrisposti possono variare in base al raggiungimento di obiettivi climatici prefissati. Nel caso di investimenti, gli azionisti possono esercitare pressioni sul management, ad esempio legandone le retribuzioni al raggiungimento degli obiettivi posti, fino a rimuovere e sostituire i membri del Consiglio di Amministrazione o a richiedere che il piano di decarbonizzazione venga votato nell’assemblea degli azionisti. In genere l’azione di engagement avviene in base a un preciso piano di scadenze che culmina, in caso di fallimento, con il disinvestimento.
  • Offerta di prodotti finanziari specifici, ad esempio per il finanziamento di progetti di decarbonizzazione, prodotti che possono anche essere disegnati sulle singole aziende clienti nell’ambito del processo di engagement. 
  • Assistenza tramite specifici servizi di consulenza relativi alle opzioni di decarbonizzazione.
Crediti: GFANZ 2022 Progress Report 

Le sotto-alleanze hanno definito scadenze variabili per la definizione e pubblicazione dei target e dei piani per raggiungerli. In generale, si tratta di un processo ancora in atto, che ad oggi ha visto la presentazione dei target spesso in anticipo sulle scadenze, da parte delle istituzioni più grandi e quindi dotate di maggiori risorse – anche in termini di competenze interne – per la loro definizione, tutt’altro che banale nella pratica. L’individuazione ed implementazione dei piani di transizione è oggetto di analisi da pochi mesi, con qualche eccezione per pochi capofila e per chi già da anni aveva iniziato ad implementare processi di questo tipo. 

Nonostante la sua giovane età, però, la GFANZ ha già assistito al sorgere di diversi “malumori” interni, che esternamente si sono tradotti in cambiamenti le cui conseguenze devono ancora venire e non risultano totalmente prevedibili.

Articolo a cura di Elisa Terenghi, volontaria di Italian Climate Network

Immagine di copertina: crediti United Nations

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