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Ott

LA SOCIETÀ CIVILE VERSO LA COP27: I DIRITTI UMANI DEVONO ESSERE ALLA BASE DI PERDITE E DANNI

La 27esima Conferenza delle Parti (COP27) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (Unite Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC), inizierà tra poco più di una settimana e la presidenza egiziana, i rappresentanti governativi, i tecnici, gli scienziati e la società civile si stanno preparando per un altro round di negoziati. Trovare soluzioni per un’azione comune in ambito climatico è drammaticamente urgente, ma purtroppo le Parti sembrano non dare segnali di voler superare la situazione di stallo creatasi su questioni chiave come Perdite e Danni e Finanza climatica.

La serietà della crisi climatica ci è stata ripresentata ancora una volta dalla scienza. Quest’anno è stato pubblicato il sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite (IPCC), dedicato anche a “Impatti, adattamento e vulnerabilità”. Il documento offre una panoramica allarmante degli impatti dei cambiamenti climatici, presenti e futuri, focalizzandosi in particolare sulle ricadute sociali, e quindi sulle implicazioni per i diritti umani, in caso di un mancato azzeramento delle emissioni climalteranti. In aggiunta al rapporto IPCC, il 2022 ha visto un aumento degli eventi meteorologici estremi alimentati dal clima, tra cui l’intensificarsi di inondazioni, siccità e cicloni, nonché processi a insorgenza lenta, come l’aumento delle temperature e l’innalzamento del livello del mare, fenomeni che hanno compromesso gravemente il godimento dei diritti umani di milioni di persone.

La scienza, inoltre, individua chiaramente le responsabilità storiche della crisi climatica, ovvero il processo di industrializzazione dei Paesi attualmente più ricchi del pianeta, supportato anche dall’azione delle grandi corporazioni internazionali. I Paesi, i popoli e le comunità locali, in particolare i popoli indigeni e quelli del Sud del mondo, che meno hanno contribuito alla creazione di emissioni climalteranti, sono i più colpiti in termini di Perdite e Danni, e hanno minori risorse per proteggersi anche grazie all’eredità coloniale, che li ha visti depredati per secoli di risorse chiave per il loro sviluppo ed indipendenza.

È su queste premesse che la società civile si sta preparando per arrivare a COP27 con richieste precise sulle questioni chiave da risolvere al più presto per potersi mettere in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e lavorare per una vera Giustizia Climatica.

PERDITE E DANNI: UN APPROCCIO BASATO SUI DIRITTI UMANI

Negli ultimi anni, l’obbligo da parte degli Stati di proteggere le persone e le comunità che subiscono Perdite e Danni a causa del cambiamento climatico, è stato dichiarato da organismi internazionali e in certi casi anche da tribunali nazionali*. Si sta, quindi, affermando sempre di più la consapevolezza che gli obblighi già esistenti a livello internazionale in ambito di diritti umani, cooperazione e assistenza non possano più essere considerati come a sé stanti rispetto alla crisi climatica. Tenendo conto delle rispettive responsabilità storiche, e della loro diversa entità, la Parti devono intraprendere azioni adeguate e urgenti per ridurre le emissioni, sostenendo il processo di adattamento e fornendo forme di riparazione a coloro i cui diritti sono stati violati dagli impatti dei cambiamenti climatici. I diritti umani e la giustizia climatica devono essere al centro della risposta a perdite e danni, in modo coerente e coordinato a livello multilaterale, includendo anche danni non economici come sfollamenti/migrazioni legati al clima. 

Nuovi finanziamenti dedicati a Perdite e Danni incentrati sui diritti umani

L’Accordo di Parigi sottolinea l’importanza di evitare, ridurre al minimo e affrontare Perdite e Danni. Ciononostante, i finanziamenti messi a disposizione fino a questo momento si sono concentrati solo sui primi due aspetti, ovvero sulla mitigazione (evitare) e sull’adattamento (ridurre al minimo). Manca quello che dovrebbe essere il terzo pilastro della finanza climatica. Oltre ad aumentare le linee di finanziamento esistenti, che purtroppo non sono ancora sufficienti, è imperativo che vengano aggiunti finanziamenti dedicati agli impatti dei cambiamenti climatici sui diritti umani, fornendo anche forme di riparazione in casi di violazioni.

La proposta avanzata dal gruppo G77+Cina all’interno dei negoziati di istituire un meccanismo di finanziamento ad hoc  è stata respinta a COP26, e il Glasgow Dialogue, linea informale del negoziato che ha discusso le modalità di finanziamento per Perdite e Danni, non ha aiutato a far aumentare l’impegno delle Parti su questo punto, risultando, per ora, un esercizio deludente. C’è bisogno di maggiore ambizione, e in fretta.  

I Paesi con posizioni egemoniche nell’economia globale e con le maggiori responsabilità storiche nella produzione di gas climalteranti devono assumere un ruolo guida nel fornire una quota significativa dei finanziamenti richiesti. Questi finanziamenti devono, inoltre, essere differenziati e aggiunti agli già scarsi finanziamenti per la cooperazione allo sviluppo e per le emergenze umanitarie, che rappresentano comunque soluzioni temporanee data la natura occasionale di questi interventi, su cui viene operato un controllo poco rigoroso. Le Parti, infine , dovrebbero sostenere la cancellazione immediata e incondizionata dei debiti del Sud Globale del mondo, perché troppo spesso insostenibili e in molti casi illegittimi, creati con forme di colonialismo economico e/o intrusioni nella vita politica di questi Paesi. Questo punto è fondamentale non solo per liberare fondi per far fronte a Perdite e Danni, ma anche per poter progredire nella realizzazione dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, componente fondamentale e complementare all’azione climatica.

Il Comitato Esecutivo del Meccanismo di Varsavia deve tutelare i diritti delle persone più colpite

Il Meccanismo Internazionale di Varsavia per Perdite e Danni (Warsaw International Mechanism for Loss and D – WIM), è un meccanismo internazionale volto a migliorare la protezione dei Paesi più vulnerabili. Istituito nel 2018 durante la COP19 di Varsavia, ha il compito di migliorare la conoscenza e la comprensione di approcci completi di gestione del rischio di Perdite e Danni; rafforzare il dialogo, il coordinamento, la coerenza e le sinergie tra le parti interessate; migliorare l’azione e il sostegno, compresi finanziamenti, tecnologia e rafforzamento delle capacità, per affrontare Perdite e Danni.  

Il suo braccio politico, il Comitato Esecutivo (ExCom) presenterà a COP27 il suo secondo piano di lavoro quinquennale. Nonostante la revisione del 2019 del WIM, il piano di lavoro si concentra ancora principalmente sulle due prime funzioni per migliorare la conoscenza e rafforzare il dialogo, trascurando la terza funzione sull’azione e il sostegno, quella più legata ai diritti umani.

A COP27 le Parti dovrebbero potenziare questa terza funzione dell’ExCom, garantendo sinergie tra il Comitato e le istituzioni per i diritti umani delle Nazioni Unite e l’integrazione sostanziale di principi dei diritti umani nel suo secondo piano di lavoro.

La Rete di Santiago deve essere resa operativa

La Rete di Santiago (Santiago Network) dovrebbe essere il braccio operativo del WIM, ma non è mai entrato in azione. Istituito nel 2019, nasce a seguito della revisione del WIM che non stava portando a nessun risultato nella sua terza funzione (azione e sostegno), con lo scopo di colmare questa lacuna, catalizzando l’assistenza tecnica di organizzazioni, organismi, reti ed esperti per l’attuazione di approcci per affrontare Perdite e Danni. Le Parti hanno concordato le sue funzioni, ma non hanno concluso i negoziati sui suoi accordi istituzionali. 

A COP27 le parti negozieranno la struttura della Rete di Santiago e il ruolo dell’ExCom per garantire che il lavoro dei due organismi sia complementare. L’assistenza tecnica fornita dalla Rete di Santiago dovrebbe dare la priorità ai bisogni di coloro che sono stati resi vulnerabili dall’emarginazione storica e mirare al rispetto, alla promozione e alla protezione dei loro diritti umani, e le modalità operative dovrebbero essere basate su principi dei diritti umani, oltre ad essere inclusive e trasparenti, consentendo una partecipazione pubblica significativa. I Paesi “sviluppati” dovrebbero impegnarsi a finanziare in modo sostanziale la Rete di Santiago sia per le sue operazioni che per la fornitura di assistenza tecnica.

Integrare i diritti umani e Perdite e Danni anche nel Global Stocktake

Il primo Global Stocktake (GST) il processo previsto dall’articolo 14 dell’Accordo di Parigi, per la revisione quinquennale degli impegni presi dalle nazioni aderenti all’accordo per la riduzione delle proprie emissioni climalteranti, è stato avviato a COP26 e si concluderà a COP28. Il GST si concentra formalmente su azioni di mitigazione, adattamento e mezzi di attuazione (finanza, tecnologia e rafforzamento delle capacità). Nell’affrontare tali argomenti, Perdite e Danni “possono essere presi in considerazione” (19/CMA.1), ma purtroppo durante i negoziati intermedi svoltasi a giugno 2022 hanno ricevuto poca attenzione nella revisione tecnica. Le Parti dovranno assicurarsi che Perdite e Danni, e il relativo impatto sui diritti umani, siano adeguatamente inclusi nel dialogo tecnico che si svolgerà a COP27, evidenziando in particolare che le lacune nelle azioni di mitigazione e adattamento, aggravate dal mancato adempimento dei propri obblighi di finanziamento da parte dei Paesi “sviluppati”, aumentano impatti notevoli sulle  persone e sulle  comunità più povere ed emarginate.

Rafforzare il Piano d’Azione di Genere (GAP) includendo Perdite e Danni come aree di miglioramento

A COP27 le Parti continueranno la revisione intermedia dei progressi nell’attuazione del Piano d’Azione di Genere (GAP) dell’UNFCCC nell’ambito del Programma di Lavoro di Lima sul Genere (Lima Work Programme on Gender), iniziato nel giugno di quest’anno. Le Parti e gli osservatori hanno già identificato la Perdite e Danni come un’area di interesse mancante nell’ambito del GAP, che necessita di essere integrata per poter garantire che il programma possa rilevare e gestire appropriatamente l’impatto sproporzionato di perdite e danni su donne e ragazze.

Articolo a cura di Chiara Soletti, Policy Advisor e coordinatrice sezione Clima e Diritti

* Daniel Billy and others v Australia (Torres Strait Islanders Petition), CCPR/C/135/D/3624/2019, 2019; David Richard Boyd, Safe Climate: A Report of the Special Rapporteur of Human Rights and the Environment, UN Special Procedures, A/74/161, 2019, paras 65, 91 and 92, https://www.ohchr.org/en/special-procedures/sr-environment/safe-climate-report; Frequently Asked Questions on Climate Change and Human Rights-Fact Sheet No. 38, UN Office of the High Commissioner of Human Rights (OHCHR), 2021, https://www.ohchr.org/Documents/Publications/FSheet38_FAQ_HR_CC_EN.pdf; UN Committee on Economic, Social and Cultural Rights (CESCR), Climate change and the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights, 8 October 2018: https://www.ohchr.org/en/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=23691&LangID=E; State of the Netherlands v. Urgenda Foundation, ECLI:NL:HR:2019:2007, Judgement (Sup. Ct. Neth. Dec. 20, 2019) (Neth.).

Italian Climate Network partecipa alle attività del Gruppo di lavoro su Clima e Diritti Umani che opera all’interno dell’UNFCCC. Articolo redatto sulla base del documento del gruppo: What does a human rights-based approach to addressing loss and damage look like? Key demands for the outcomes of COP 27 at the intersection of loss and damage and human rights; Human Rights-Climate Change Working Group (HR-CC WG), International Network for Economic, Social and Cultural Rights (ESCR-Net) and Loss & Damage Collaboration (L&DC), 2022. 

Foto di copertina: Misbahul Aulia on Unsplash

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