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Feb

LIFE CYCLE ASSESSMENT: NUOVE PROSPETTIVE SULLE FONTI DI ENERGIA

Uno degli indicatori utilizzati per valutare l’impatto delle attività umane – ad esempio la produzione di elettricità – è la quantità di gas climalteranti che viene emessa in atmosfera. Ciò è corretto, ma rappresenta solo una parte – seppure molto importante, dell’impatto sull’ambiente che può avere la produzione di energia elettrica, che ancora oggi si basa significativamente sui combustibili fossili. Una valutazione più completa, e più complessa, può essere effettuata analizzando l’intero ciclo di vita di una tecnologia o di una filiera energetica, utilizzando l’approccio LCA (Life Cycle Assessment). Gli impatti della produzione di energia elettrica sull’ambiente, infatti, sono molto diversificati e sfaccettati, includendo l’utilizzo del suolo, lo sfruttamento di risorse idriche e minerarie e la tossicità umana, solo per citarne alcuni.

Il metodo LCA e l’UNECE

Il Life Cycle Assessment (LCA) è uno strumento basato sulla contabilità completa dei flussi ambientali associati a un sistema produttivo. Definito “dalla culla alla tomba” (“cradle-to-grave”), il LCA considera l’intero ciclo di vita del sistema, garantendo la valutazione di tutti i flussi di materiali, energia, rifiuti ed emissioni, dalla fase di estrazione delle materie prime allo smaltimento finale. La completezza e l’affidabilità dell’LCA lo hanno reso uno dei principali strumenti su cui si basa la politica europea in tema di uso sostenibile delle risorse.

Riconoscendo l’urgenza di sviluppare politiche energetiche efficienti e allineate a un percorso di neutralità climatica, la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) ha avviato un approfondito studio per identificare e quantificare gli impatti ambientali di varie tecnologie di produzione di elettricità nelle regioni UNECE. I risultati di queste valutazioni sono illustrati nel rapporto “Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life Cycle Assessment of Electricity Sources” e sono di particolare interesse. 

Risultati sulle emissioni di gas climalteranti

Figura 1 –  Emissioni di gas climalteranti in grammi di CO2 equivalente per kWh elettrico prodotto, al 2020
*la legenda riporta le varie aree geografiche: Canada, Australia e Nuova Zelanda; Cina; Unione Europea; India; Giappone; America Latina; Medio Oriente e Africa del Nord; Altro Asia; Stati Extra UE; Ex-Unione Sovietica; Africa Sub-Sahariana; Stati Uniti D’America. 
Fonte: UNECE – Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life Cycle Assessment of Electricity Sources

La figura 1 illustra le emissioni di CO2 equivalente per kWh di elettricità prodotta da diverse fonti energetiche oggetto dello studio: carbone e gas naturale (senza e con cattura di carbonio in situ), idroelettrica, nucleare, solare a concentrazione, solare fotovoltaica ed eolica. Alcuni punti di interesse emergono chiaramente:

  1. Variabilità regionale delle emissioni, evidente anche nelle figure successive: la posizione geografica in cui una tecnologia è impiegata incide notevolmente sulle emissioni atmosferiche. Le diverse nazioni infatti presentano un mix unico di produzione di energia elettrica, filiere di estrazione/raffinazione/importazione dei combustibili fossili e disponibilità di risorse rinnovabili.
  2. Emissioni di gas climalteranti delle fonti rinnovabili: va notato che anche le fonti rinnovabili emettono gas serra se si considera l’intero ciclo di vita dell’impianto. Ad esempio, un pannello fotovoltaico in fase di funzionamento non emette gas climalteranti, ma la produzione, l’estrazione delle materie prime e lo smaltimento a fine vita hanno impatti emissivi significativi.
  3. Primato nelle emissioni specifiche: il carbone e il gas naturale si confermano come principali emettitori. Tuttavia, l’uso di tecnologie di CCS (Cattura e Sequestro del Carbonio) può notevolmente ridurre questo impatto. In alcuni casi infatti, un impianto a concentrazione solare potrebbe emettere più gas climalteranti di un impianto a gas naturale con CCS, specialmente in paesi con scarsa risorsa solare.
  4. Differenze nelle emissioni all’interno delle stesse fonti energetiche: la tecnologia specifica utilizzata ha un impatto significativo sulle emissioni. Ad esempio, un impianto fotovoltaico in silicio policristallino può emettere circa quattro volte più di un sistema in cadmio-tellurio, oppure impianti idroelettrici con una potenza installata di 660 MW o superiore hanno un impatto ambientale più di dieci volte maggiore rispetto a impianti di taglia uguale o inferiore a 360 MW.

Risultati sull’uso di suolo, materie prime e consumo idrico

Figura 2 – Indicatore normalizzato del consumo di suolo, per kWh elettrico prodotto, al 2020
*la legenda riporta le varie aree geografiche: Canada, Australia e Nuova Zelanda; Cina; Unione Europea; India; Giappone; America Latina; Medio Oriente e Africa del Nord; Altro Asia; Stati Extra UE; Ex-Unione Sovietica; Africa Sub-Sahariana; Stati Uniti D’America. 
Fonte: UNECE – Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life Cycle Assessment of Electricity Sources

La figura 2, che illustra un parametro normalizzato indicativo della superficie necessaria per produrre un kWh elettrico per le diverse tecnologie oggetto di studio, evidenzia due aspetti di interesse:

  1. Per quanto riguarda le fonti fossili, l’occupazione di suolo è maggiormente influenzata dall’estrazione del combustibile o delle materie prime necessarie. Nel caso delle fonti rinnovabili, invece, è l’occupazione del suolo durante l’esercizio dell’impianto a svolgere un ruolo dominante.
  2. Considerando l’intero ciclo di vita del sistema in termini di occupazione di suolo, le fonti rinnovabili mostrano un impatto simile, se non addirittura peggiore, rispetto alle fonti fossili. Al contrario, l’energia nucleare si presenta come la soluzione maggiormente sostenibile da questo punto di vista, seguita da eolico e gas. 
Figura 3 – Grammi di materie prime necessarie per produrre un MWh di elettricità, al 2020
Fonte: UNECE – Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life Cycle Assessment of Electricity Sources

Analizzando le materie prime, la figura 3 fa vedere i materiali richiesti dalle diverse tecnologie per produrre un MWh elettrico. Anche in questo caso, emergono alcuni elementi sorprendenti:
La fonte solare risulta la più impattante sul pianeta, sia nella versione fotovoltaica sia a concentrazione, seguita dall’eolico e dal carbone con cattura di carbonio in situ. Questo può essere spiegato considerando la significativa quantità di rame necessaria per le connessioni elettriche e gli inverter, ma anche a causa dell’alluminio (che però può essere facilmente riciclato) essenziale per i telai di supporto fotovoltaico ed il cromo richiesto dal solare a concentrazione per la produzione dell’acciaio inossidabile delle strutture.
Tra le fonti meno impattanti in termini di materiali richiesti, troviamo l’idroelettrico con una potenza massima di 360 MW, il gas naturale (sia senza sia con CCS) e anche l’energia nucleare.
Figura 4 – Litri di acqua necessari per produrre un kWh di elettricità, al 2020
Fonte: UNECE – Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life Cycle Assessment of Electricity Sources

Una risorsa naturale sempre più limitata con l’evolversi del cambiamento climatico è l’acqua. La figura 4 illustra i litri d’acqua richiesti da ciascuna tecnologia per produrre un kWh di elettricità. In questo caso, i dati evidenziano una marcata differenza tra le fonti rinnovabili e gli impianti termici a combustibile. Le fonti rinnovabili richiedono notevolmente meno acqua rispetto ai sistemi termici, con il carbone (con e senza CCS) che risulta maggiormente impattante sulle risorse idriche rispetto a qualsiasi altra fonte, seguito dal nucleare e dal gas con sequestro di carbonio. Tuttavia, si osserva un’eccezione: il fotovoltaico in silicio policristallino, a causa dell’input idrico necessario per la produzione delle celle fotovoltaiche, richiede molta più acqua rispetto alle altre fonti rinnovabili, raggiungendo quantità paragonabili a quelle del nucleare e del gas.

Gli impatti sugli ecosistemi
Figura 5 – Indicatore normalizzato degli impatti sugli ecosistemi delle varie tecnologie (cambiamento climatico escluso) per produrre un MWh di elettricità, al 2020
*la legenda riporta i diversi impatti: Ecotossicità terrestre; Trasformazione terre naturali; Ecotossicità marina; Eutrofizzazione acque dolci; Ecotossicità acque dolci; Occupazione terre agricole; Occupazione terre urbane; Acidificazione terrestre. 
Fonte: UNECE – Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life Cycle Assessment of Electricity Sources

In figura 5 sono rappresentati gli impatti di ogni tecnologia sugli ecosistemi per ogni MWh di elettricità prodotto, tralasciando momentaneamente il cambiamento climatico. Le componenti di questi impatti sono diverse e includono l’occupazione del suolo, l’aumento dell’ecotossicità degli elementi naturali e la loro eutrofizzazione. Notiamo che, escludendo il cambiamento climatico, l’occupazione del suolo risulta essere il maggiore impatto ambientale della produzione di elettricità, e in particolare, il carbone è di gran lunga la fonte più impattante sugli ecosistemi.

Tra le altre fonti, quella nucleare si presenta come la meno impattante, principalmente grazie all’elevata densità di energia del combustibile, seguita da eolico, gas naturale e solare fotovoltaico. Tuttavia, sia il solare a concentrazione sia il fotovoltaico presentano impatti elevati,  principalmente a causa della bassa densità di energia della fonte solare e quindi delle ampie aree di suolo necessarie per produrre quantità significative di elettricità.

Valutazione complessiva

Figura 6 – Indicatore normalizzato degli impatti complessivi delle tecnologie per produrre un TWh di elettricità, al 2020, in Europa
*la legenda riporta i vari impatti: Risorse minerali e metalli; Suolo; Combustibili Fossili; Acqua; Particolato; Formazione fotochimica di ozono; Distruzione Ozono; Tossicità umana non cancerogena; Radiazioni Ionizzanti; Tossicità umana cancerogena; Eutrofizzazione terrestre, marina, acque dolci; Ecotossicità; Acidificazione; Cambiamento Climatico. 
Fonte: UNECE – Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life Cycle Assessment of Electricity Sources

Infine, nella figura 6 viene presentato un riepilogo di tutte le valutazioni effettuate nello studio UNECE. Il risultato è un indicatore normalizzato degli impatti complessivi causati dalla produzione di 1 TWh di elettricità, in Europa, considerando gli effetti sull’ambiente, sulla salute umana e sull’uso delle risorse naturali. Le normalizzazioni (figura 5 e figura 6) degli indicatori sono calcolate moltiplicando ogni componente per un coefficiente inversamente proporzionale al corrispondente impatto ambientale di un singolo individuo. Ad esempio, se un europeo medio ha un’impronta di gas serra di circa 10 tonnellate di CO2 eq./anno, l’emissione di 1 tonnellata di CO2 eq. sarà normalizzata a 1/10 = 0,1.
È evidente che la fonte con il maggior impatto sia il carbone, soprattutto con CCS (Cattura e Sequestro di Carbonio), a causa principalmente dell’eutrofizzazione delle acque dolci derivante dall’uso di composti fosforosi durante l’estrazione del combustibile, che vengono successivamente rilasciati in acqua. A seguire si collocano il gas naturale e le fonti rinnovabili. In quest’ultimo caso, le componenti più impattanti sono la tossicità per gli esseri umani e l’uso di metalli e minerali. Le fonti che invece mostrano un impatto ambientale ridotto sono l’idroelettrico con una potenza di 360 MW o inferiore e l’energia nucleare.

Conclusioni

La complessità della crisi ambientale richiede una pluralità di risposte e non può essere affrontata focalizzandosi esclusivamente su una singola soluzione tecnologica. Tenendo conto di ciò e considerando l’attuale forte impulso all’elettrificazione dei consumi come passo fondamentale verso la decarbonizzazione dei sistemi produttivi, studi come quello condotto dall’UNECE svolgono un ruolo essenziale nel fornire elementi di valutazione su quali siano le fonti energetiche più sostenibili e sicure.
La prospettiva dell’Analisi del Ciclo di Vita (LCA) è altresì fondamentale, poiché consente una valutazione completa degli impatti di ogni soluzione, coprendo l’intero arco dalla fase di estrazione delle materie prime alla dismissione degli impianti. Attraverso questo approccio minuzioso, è possibile evidenziare peculiarità importanti, come la sostenibilità dell’energia nucleare, il notevole consumo di risorse naturali limitate (minerali e metalli) derivante dalla fabbricazione degli impianti a fonte rinnovabile, o l’elevatissimo impatto ambientale e sociale delle fonti fossili, anche al netto dell’emissione di gas climalteranti.

Articolo a cura di Valentino Attanasio, Volontario Italian Climate Network


Immagine di copertina: credits Colin Behrens from Pixabay

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