24
Ago

AGGIORNAMENTO DEGLI NDC: ANCORA MOLTI ASSENTI ALL’APPELLO

Al termine dei lavori di COP26, nel novembre 2021, i leader mondiali inserirono nel documento politico finale, il Glasgow Climate Pact, la promessa che ogni Stato membro dell’UNFCCC avrebbe presentato obbiettivi aggiornati su mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici entro COP27, o almeno entro al fine del 2022. Che fine ha fatto quella promessa? Quanti Paesi hanno effettivamente depositato aggiornamenti delle loro promesse nazionali (NDC) sul clima?

Ad oggi (agosto 2022) solo 17 Stati su 196 hanno depositato documenti aggiornati, meno del 9%. Peraltro, i 17 Paesi “virtuosi” sono responsabili solo per il 5,1% delle emissioni globali al 2020, con Corea del Sud, Brasile e Australia unici Paesi del gruppo sopra l’1%. Ben poco, considerando che in teoria, secondo l’impegno preso a Glasgow, mancano ancora all’appello 179 Stati responsabili per il 94,9% delle emissioni globali. Lecito attendersi l’arrivo di un certo numero di contributi a ridosso di COP27 (alcuni paesi come Indonesia, Turchia, Messico si sono espressi in questo senso), ma l’incerto scenario geopolitico internazionale e la crisi dell’energia in Europa sembrano influire globalmente nella definizione di nuove e più ambiziose politiche climatiche. Emblematico che, dei 55 Paesi membri dell’Unione Africana, solo 7 abbiano aggiornato il loro NDC, vista anche l’attuale confusione interna al gruppo negoziale africano in merito al ruolo del gas naturale negli energy mix del continente.

Tra gli NDC più pesanti in termine di responsabilità emissiva e (in teoria) da aggiornare entro novembre troviamo quello cinese (ultimo aggiornamento 28 ottobre 2021), quello degli Stati Uniti (ultimo aggiornamento 22 aprile 2021) e quello dell’Unione Europea, fermo addirittura al 18 ottobre 2020. Se da un lato niente sembra presagire un aggiornamento delle promesse nazionali statunitensi e cinesi, documenti tutto sommato abbastanza recenti, anche alla luce della recente interruzione della collaborazione politica sul clima a seguito della crisi di Taiwan, è invece assodato che l’Unione Europea non presenterà alcun aggiornamento alle proprie promesse. Già nel dicembre 2021, infatti, la Commissione Europea aveva chiarito che l’aggiornamento degli NDC secondo il Glasgow Climate Pact sarebbe stato obbligatorio solo per quei Paesi non ancora in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, mentre quelli europei lo sarebbero – nonostante studi indipendenti dicano il contrario. Insomma, non sembra che i primi tre responsabili delle emissioni globali si presenteranno a Sharm El-Sheikh con novità formali rilevanti, salvo sorprese.

Tra gli NDC aggiornati nel 2022 merita attenzione quello dell’Australia, che vede un importante passaggio dell’obiettivo nazionale di mitigazione da un blando -26-28% rispetto al 2005 entro il 2030 ad un più robusto -45%, come promesso dal Primo Ministro Albanese in campagna elettorale solo qualche mese fa. Solo pochi giorni fa, il 4 agosto, il Governo indiano ha annunciato l’approvazione di nuovi obiettivi nazionali sul clima e quindi di un nuovo NDC (ancora non depositato); i nuovi obiettivi confermano quanto promesso dal Presidente Modi a COP26, con una riduzione dell’intensità di carbonio nei prossimi sette anni del -45% rispetto ai livelli del 2005, un miglioramento di circa il 10% rispetto all’obiettivo precedente, pur con tutte le perplessità che possono derivare dal fatto che obiettivi sull’intensità (rispetto a quelli sulla quantità di climalteranti effettivamente emessi) possono sottendere una crescita delle emissioni reali. Nel nuovo NDC l’India indicherà anche la volontà di alimentare la domanda energetica del paese al 2030 al 50% da fonti rinnovabili, un +10% rispetto al precedente obiettivo.

Da segnalare infine l’ingresso della Santa Sede, rappresentante lo Stato della Città del Vaticano, nella Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) nello scorso luglio, seguita dall’endorsement vaticano alla proposta di un trattato contro la proliferazione delle fonti fossili (Fossil Fuel Non-Proliferation Treaty), campagna sostenuta da grandi città come Londra, Parigi, Barcellona, Amsterdam e migliaia di organizzazioni della società civile.

Come anticipato, è lecito aspettarsi che molti Paesi presenteranno promesse nazionali aggiornate a ridosso di COP27 se non nei primissimi giorni della conferenza, come spesso accaduto in passato. L’apparente ritardo nella redazione delle stesse e l’assenza di un dibattito internazionale in questo senso lasciano tuttavia presagire un certo annacquamento della promessa fatta a Glasgow, complice un ovviamente inatteso scenario internazionale che non potrà, però, fungere da scusa per ogni diminuzione dell’ambizione globale, al netto delle evidenti circostanze.

Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor e UNFCCC Contact Point per Italian Climate Network

Immagine: Flickr

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