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NET ZERO: AUMENTANO GLI IMPEGNI PER RIDURRE LE EMISSIONI, MA NON SEMPRE SONO CREDIBILI

È stata presentata a Bonn dal team Net Zero Tracker l’ultima analisi “The Net Zero Stocktake 2023”, il terzo bilancio annuale del consorzio NZT, che fa seguito a quelli di dicembre 2020 e giugno 2022.  NZT è un consorzio di ricerca indipendente, che comprende: The Energy & Climate Intelligence Unit (ECIU), Data-Driven EnviroLab (UNC), NewClimate Institute e Oxford Net Zero.

Tramite l’uso di approcci avanzati di Intelligenza Artificiale e Machine Learning che permettono di  estrarre automaticamente i dati e, soprattutto, grazie all’opera di tantissimi studenti universitari volontari, il consorzio ha costruito un database che raccoglie quasi tutti gli impegni net zero assunti da nazioni, stati e regioni, città e grandi aziende. 

In dettaglio sono inclusi gli impegni di:

  • tutti gli Stati membri dell’UNFCCC e un numero selezionato di territori;
  • gli Stati e le regioni subnazionali dei 25 Paesi con le maggiori emissioni; 
  • tutte le città del mondo con una popolazione superiore a 500.000 abitanti; 
  • le società quotate in borsa che sono state inserite nella classifica Forbes Global 2000 nel 2020.

Negli Stocktake che sono stati realizzati, si è valutata sia la misura in cui vengono fissati nuovi obiettivi, sia gli indicatori della loro solidità, facendo un confronto con i report degli anni precedenti.

Gli obiettivi net zero a livello nazionale

Lo Stocktake Net Zero Tracker del 2023 mostra che negli ultimi due anni e mezzo è stato raggiunto un chiaro consenso per ridurre le emissioni di gas serra a zero a livello di obiettivi nazionali. I target net zero nazionali rappresentano ora collettivamente:

  • l’88% delle emissioni globali di gas serra (dal 61% di dicembre 2020);
  • il 92% del PIL globale (dal 68% nel dicembre 2020);
  • l’89% della popolazione globale (dal 52% nel dicembre 2020).

L’analisi mostra che negli ultimi 12 mesi molti governi nazionali hanno spostato la loro attenzione sulla formalizzazione degli impegni informali già esistenti. In particolare 72 obiettivi nazionali net zero, tra cui quelli di Stati Uniti, Regno Unito, Nigeria e Giappone, sono o sanciti nella legislazione o delineati come obiettivo nei documenti politici.

Gli obiettivi net zero a livello subnazionale e aziendale

Purtroppo la situazione è ben peggiore per quanto riguarda le entità a livello subnazionale e le aziende.

Il 37% delle maggiori aziende mondiali non ha fissato alcun tipo di obiettivo di mitigazione dei gas serra. Tra quelle che li hanno dichiarati negli USA si contano il 49% delle aziende, a differenza dell’Unione Europea dove sono il 79%. Il 41% degli Stati del mondo non ha obiettivi di mitigazione, mentre li hanno quelli del  G7 (80%), la UE (75%) e gli Stati Uniti (72%). Solo 252 grandi città hanno fissato obiettivi di neutralità climatica, il che rappresenta il 37% dei 2,1 miliardi di persone che vivono nelle grandi città.

Per quanto riguarda le imprese– il cui contributo è assolutamente essenziale- c’è stata una crescita notevole, con il numero di obiettivi che è raddoppiato negli ultimi 2,5 anni (oggi sono 929; da 417 nel 2020 a 702 nel 2022). Ma, nonostante i progressi compiuti nella definizione degli obiettivi aziendali, l’NZT avverte che l’integrità degli obiettivi di riduzione delle emissioni delle imprese deve essere urgentemente migliorata se si vogliono raggiungere i tempi previsti. 

In particolare, questi sono i punti critici:

  • solo il 4% degli impegni net zero delle aziende soddisfa i criteri stabiliti nel giugno 2022 dalla campagna Race to Zero delle Nazioni Unite. Fra questi figurano: avere un chiaro piano di investimenti per la transizione, avere un target science-based al 2030, non condurre attività di lobbying contro le politiche green, non basare la propria strategia sull’offsetting. 
  • solo il 37% degli obiettivi copre completamente le emissioni indirette legate alla catena del valore ( ad esempio utilizzo dei prodotti venduti o produzione delle materie prime), che costituiscono in genere la maggiore fetta delle emissioni totali;
  • solo il 13% delle aziende analizzate dichiara criteri di qualità dei crediti di carbonio che verrebbero utilizzati.

Le aziende del fossile 

Lo Stocktake ha anche valutato una delle questioni politiche chiave in vista della COP28 ospitata dagli Emirati Arabi Uniti, ovvero gli impegni di decarbonizzazione delle aziende produttrici di combustibili fossili.

Il numero delle 114 maggiori aziende Oil&Gas analizzate con obiettivi net zero è salito bruscamente a 75 nel maggio 2023, da 51 nel giugno 2022.

Tuttavia, gli obiettivi climatici del settore presentano le seguenti lacune di credibilità:

  • la maggior parte dei 75 obiettivi net zero delle aziende Oil&Gas non copre interamente o non chiarisce la copertura delle emissioni di scope 3, cioèle emissioni legate alla catena del valore (da distinguere da scope 1 e 2, che sono invece le emissioni dirette). Questo li rende in sostanza irrilevanti dal momento che, ad esempio, le emissioni derivanti dall’utilizzo dei combustibili venduti rientrerebbero proprio in scope 3;
  • nessuna di queste 114 aziende ha assunto un obiettivo di completo abbandono delle attività legate ai combustibili fossili.

Ricordiamo che alla COP27 di Sharm El Sheik era stato presentato un rapporto commissionato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, dal titolo “Integrity Matters: Net Zero Commitments by Businesses, Financial Institutions, Cities and Regions”, di cui abbiamo parlato qui. Secondo il rapporto, per essere credibile, un impegno net zero deve includere obiettivi intermedi a breve termine, condizioni rigorose sull’uso dei crediti di compensazione, un arresto programmato dell’uso dei combustibili fossili e una transizione verso le energie rinnovabili. Insomma l’abbandono dei combustibili fossili è una parte obbligatoria di ogni piano credibile verso il net zero.

Gli standard volontari

L’NZT ha, inoltre, valutato l’evoluzione del panorama degli standard volontari. Il rapporto conclude che, in linea di massima, gli standard di accountability convergono ad alto livello, ma è necessaria un’ulteriore convergenza in aree specifiche, tra cui criteri e requisiti dettagliati riguardo: 

  • definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni in linea con il limite di temperatura di 1,5°C;
  • l’uso di dichiarazioni di compensazione;
  • finanziamento dei combustibili fossili nell’ambito di una strategia net zero;
  • definizione di obiettivi equi per le comunità interessate da transizioni nette a zero;
  • allineamento dell’azione per il clima con l’attività di lobbying e advocacy attraverso le associazioni di categoria.

Lo Stocktake ha ribadito, quindi, la sostanziale lacuna nella regolamentazione del clima, che è attualmente limitata alla disclosure, che deve essere colmata per far sì che le entità non statali rispondano delle loro affermazioni.

“Di recente abbiamo assistito a una promettente convergenza su principi di livello superiore su ciò che costituisce un buon net zero in tutte le linee guida disponibili”– ha commentato Frederic Hans, Senior Climate Policy Analyst del NewClimate Institute. “L’attenzione deve ora spostarsi sull’ottenere una convergenza su criteri più specifici e tradurli in pratica.

Articolo a cura di Elisa Terenghi, Volontaria ICN

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