27
Set

SDG SUMMIT: UN’OCCASIONE MANCATA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

La settimana di alto livello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) è il momento più “caldo” della diplomazia internazionale, con i capi di Stato e governo di tutto il mondo che si riuniscono a New York per trattare diversi temi, in una Manhattan rallentata dai posti di blocco e i pattugliamenti delle forze dell’ordine. Uno degli eventi centrali di questa sessione è stato l’SDG Summit del 18-19 settembre, focalizzato sull’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il vertice è stato organizzato per fare un bilancio dei progressi compiuti nel conseguimento dei 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals, SDG) dell’Agenda, che è stata adottata nel 2015 e dunque è arrivata a metà percorso.

Italian Climate Network, rappresentata dalla volontaria Teresa Giuffrè, è stata una delle organizzazioni della società civile con status consultivo al Consiglio Economico e Sociale dell’ONU (ECOSOC) ad avere accesso alla plenaria del summit dei leader al blindato Palazzo di vetro.

Nel discorso di apertura il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, si è appellato ai leader sottolineando la necessità di un “piano di soccorso” per gli obiettivi di sviluppo sostenibile. In particolare, urge aiutare i Paesi più vulnerabili a far fronte alla sempre più acuta crisi del debito, tramite meccanismi di riduzione del debito e aiuti finanziari come il Piano di incentivi per gli SDG proposto dallo stesso Guterres a inizio anno, che mira a erogare 500 miliardi di dollari all’anno di finanziamenti agevolati a lungo termine per favorire investimenti nello sviluppo sostenibile e nell’azione climatica. Il Segretario Generale ha inoltre ribadito l’impellenza di riformare il sistema finanziario internazionale “obsoleto, disfunzionale e ingiusto”, un’idea che sta trovando sempre più consensi anche nel Global North.

I delegati hanno poi tirato un sospiro di sollievo quando la Dichiarazione politica dell’SDG Summit, frutto di negoziazioni avvenute nel corso di vari mesi, è stata adottata senza alcuna obiezione. La dichiarazione riconosce la summenzionata necessità di una riforma del sistema finanziario, un passo avanti decisamente rivoluzionario. Tuttavia, spiega solo in vaghi termini le azioni da intraprendere per colmare le lacune nei progressi verso il conseguimento dell’Agenda 2030, meta che attualmente sembra difficile da raggiungere: solo il 15% degli obiettivi di sviluppo sostenibile sono infatti in linea con le previsioni. Grande assente, poi, è qualsiasi menzione all’abbandono dei combustibili fossili, nonostante essi siano tra le cause principali delle crisi multiple che ci troviamo ad affrontare oggi. I cambiamenti climatici, infatti, oltre ad essere al centro dell’SDG 13 (la lotta ai cambiamenti climatici), hanno ripercussioni negative su tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile, andando ad esempio a esacerbare condizioni di povertà e vulnerabilità e contribuendo all’inasprimento di conflitti. 

Pertanto, nonostante alcuni punti positivi presenti nella Dichiarazione Politica, di fatto l’SDG Summit è stata un’occasione mancata per catalizzare una maggiore ambizione. Come se non bastasse, pochi leader hanno annunciato nuove promesse relative all’avanzamento degli SDG, come previsto dal programma, e alcuni tra i più importanti hanno “snobbato” del tutto l’evento (tra questi il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il cinese Xi Jinping). 

Uno dei pochi leader del mondo occidentale a presenziare è stata la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che ha espresso il sostegno dell’UE al piano di incentivi finanziari voluto da Guterres. Ribadendo la necessità di attirare maggior capitale verso gli SDG, von der Leyen ha sottolineato la necessità di riformare le Banche multilaterali di sviluppo e incentivare gli investimenti privati. Anche l’intervento del Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è andato in questa direzione, con la promessa della Germania di immettere 300 milioni di euro di capitale ibrido nella Banca Mondiale per incentivare un effetto moltiplicatore sugli investimenti. 

Nonostante queste promesse siano un segnale positivo, è necessario sottoporre i finanziamenti climatici a un maggiore scrutinio. Inoltre, le proposte dei Paesi OCSE hanno tendenzialmente un focus sui finanziamenti privati, che seppur fortemente agevolati hanno comunque l’effetto di esacerbare il già grave indebitamento dei Paesi più vulnerabili, oltre ad avere una rendicontazione meno trasparente. È quanto ribadito dal Presidente del Senegal, Macky Sall, in occasione di uno dei dialoghi dei leader dell’SDG Summit sulla mobilitazione delle risorse finanziarie. L’Africa è costretta a sostenere costi più alti per contrarre i prestiti, fino a otto volte quelli dei Paesi sviluppati, ha sottolineato Sall. Anche i rappresentanti dei Paesi meno sviluppati e dei Piccoli stati insulari in via di sviluppo si sono uniti all’appello per chiedere un maggiore impegno da parte del Global North nell’erogare finanziamenti pubblici.

Purtroppo, l’SDG Summit è stato dunque caratterizzato dall’assenza di grosse proposte. Anche l’Italia, rappresentata dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani, si è limitata a esortare le Nazioni Unite a trovare soluzioni per risolvere la crisi migratoria e intensificare la lotta contro i trafficanti di esseri umani.

Il tiepido summit dei leader si contrappone all’ambizione dimostrata, invece, dalle richieste mosse dagli attori non governativi durante l’SDG Action Weekend del 16-17 settembre, un’occasione per riunire tutti gli stakeholder in una discussione sul raggiungimento degli SDG. Il messaggio principale emerso dal weekend è l’importanza di un processo inclusivo, che permetta la partecipazione di tutte le parti interessate, come i giovani, le donne, le popolazioni indigene, le persone con disabilità. È necessario facilitare l’accesso agli spazi ONU, oggi ancora difficoltoso, ai gruppi vulnerabili e poco rappresentati: risulta sempre più chiaro come il clima e i diritti umani, intergenerazionali e di genere siano questioni intersezionali, e il contributo di tutti gli stakeholder è indispensabile se vogliamo sperare di risolvere le attuali crisi interdipendenti.
Occasioni come l’Action Weekend, in cui società civile, giovani, donne e altri stakeholder possono confrontarsi apertamente con rappresentanti governativi, sono da ripetere e incoraggiare. Uno dei panel di alto livello del weekend, ad esempio, ha ospitato una discussione sul piano di incentivi per gli SDG, con la partecipazione di stakeholder non-governativi e ministri di governi del Global South e Global North che hanno condiviso proposte per affrontare il problema dell’indebitamento. 

Nonostante l’esito deludente, una buona notizia che emerge dal vertice è il consenso dei Paesi sulla necessità di una riconfigurazione radicale del sistema finanziario e, in generale, di conseguire gli SDG tramite il processo ONU. Questa dimostrazione di fiducia nei confronti del multilateralismo è un segnale positivo, dati i duri colpi da esso subiti di recente. Permangono, tuttavia, le solite divergenze che hanno finora impedito di accelerare i progressi nell’ambito degli SDG, come anche nei negoziati del clima dell’UNFCCC. Divergenze dimostrate, ancora una volta, anche in occasione dell’ultimo summit dei leader del G20, altrettanto deludente. L’abbandono dei combustibili fossili è il solito “elefante nella stanza” che alcuni Paesi si rifiutano sistematicamente di includere in qualsiasi decisione o dichiarazione politica. Solo superando questo stallo avremo la possibilità di conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile, nonché quelli dell’Accordo di Parigi.

Articolo a cura di Teresa Giuffrè, Volontaria Italian Climate Network

Foto di copertina: di Teresa Giuffrè

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