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Mar

VANUATU E LA VITTORIA CLIMATICA ALL’ONU: LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCERÀ SULLA CRISI CLIMATICA

Il 29 marzo è stato un giorno importante per lo Stato di Vanuatu che è riuscito a far adottare la Risoluzione A/77/L.58 all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’isola del Pacifico ha ottenuto una grande vittoria, ma per capire meglio cosa è successo, occorre fare qualche passo indietro.

Scenario

Secondo l’art. 96 della Carta delle Nazioni Unite, l’Assemblea Generale è uno degli organi ONU che può chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia – l’organo giudiziario principale delle Nazioni Unite – un parere non vincolante su una qualsiasi questione giuridica (c.d. parere consultivo). Una richiesta di questo tipo deve essere formulata in una risoluzione che esplicita in maniera dettagliata la questione da rivolgere alla Corte (art. 65 dello Statuto della Corte) e che deve essere votata e adottata a maggioranza semplice dei membri presenti e votanti in seno all’Assemblea Generale.

Durante le intense giornate di negoziato alla COP27, ICN aveva seguito l’appello che il Presidente di Vanuatu, Nikenike Vurobaruvu aveva lanciato a tutti i leader mondiali affinché permettessero che la “Corte più alta al mondo”, la Corte Internazionale di Giustizia, si pronunciasse sulla crisi climatica. In particolare, l’obiettivo era di chiarire, ai sensi del diritto internazionale, gli obblighi degli Stati di proteggere i diritti delle generazioni presenti e future dagli impatti negativi del cambiamento climatico.

Ai negoziati di Sharm El-Sheik, Vanuatu aveva condiviso informalmente una bozza di risoluzione, avviando diverse consultazioni informali. In quei giorni, già 80 Stati avevano deciso di supportare la causa in attesa della pubblicazione della bozza di risoluzione ufficiale che è arrivata poi il 20 febbraio 2023. Per un mese tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno potuto manifestare il loro appoggio diventando “co-sponsor” della Risoluzione, impegnandosi cioè a sostenerla durante il suo processo di adozione. Il 1° marzo 2023 erano 50 gli Stati, tra cui l’Italia, che confermavano il loro appoggio e oltre 220 le organizzazioni della società civile di tutto il mondo che invitavano i Ministri degli Esteri ad approvare la Risoluzione all’Assemblea Generale. Quando, il 29 marzo 2023 alle 10 di mattina (orario newyorkese), la decisione è stata presa nella “General Assembly Hall”, più di 130 Stati hanno supportato la Risoluzione e hanno permesso la sua adozione per consenso, senza bisogno di ulteriori votazioni.

Una vittoria storica

Questo è un passo avanti senza precedenti. La Risoluzione è una conquista, specialmente per uno Stato come Vanuatu che, solo qualche settimana fa, è stato colpita da ben due cicloni nell’arco di 72 ore.

L’adozione della Risoluzione per consenso è, infatti, un messaggio forte ed inequivocabile che sottolinea la volontà della maggioranza degli Stati di affrontare il cambiamento climatico. Se a livello procedurale poco ha importato che Cina, Stati Uniti e India,i maggiori emettitori di CO2 al mondo,e gli Stati del Golfo,i più importanti produttori di petrolio,hanno votato contro la Risoluzione, ciò ha reso ancora più palese la posizione di alcuni Stati in termini di responsabilità climatica. Più di 130, al contrario, sono stati d’accordo con le parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, secondo cui: “l’inasprimento dell’ingiustizia climatica alimenta le divisioni e minaccia di paralizzare l’azione climatica globale”. A Vanuatu va, dunque, il generale ringraziamento (nel nostro piccolo anche da parte di ICN) per aver guidato un processo che ha permesso di adottare un’iniziativa così importante per l’unanimità.

 Quali saranno gli sviluppi

Avvenuta l’approvazione, il Segretariato delle Nazioni Unite dovrà ora preparare tutti documenti e informazioni aggiuntive sulla questione in discussione da fornire alla Corte Internazionale di Giustizia. Quest’ultima emetterà, quindi, un’ordinanza procedurale invitando gli Stati e alcune organizzazioni intergovernative a presentare dichiarazioni scritte sul quesito giuridico posto dall’Assemblea Generale. Questa procedura si svolge solitamente in due momenti: il primo dopo circa 6 mesi dall’adozione della Risoluzione; il secondo dopo 3 mesi dal primo. Le organizzazioni non governative non sono autorizzate a partecipare direttamente ai procedimenti, ma le loro dichiarazioni e i documenti possono essere considerati “pubblicazioni facilmente disponibili” e citati da Stati e organizzazioni intergovernative partecipanti. Dopo 3-4 mesi dalla scadenza del secondo round di dichiarazioni, si svolgeranno le udienze della durata variabile da 3 giorni a due settimane durante le quali ogni Stato e organizzazione intergovernativa avranno la possibilità di intervenire. Questa lunga procedura avrà termine dopo 6-12 mesi dalla fine dell’udienza, quando il Presidente della Corte leggerà il testo dell’opinione in sede pubblica.

“Non siamo mai stati così ben attrezzati per risolvere la crisi climatica”

(Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres)

Ricordiamo che il parere della Corte non è vincolante, ma ha una sostanziale autorità giuridica, specialmente in casi simili. Questa pronuncia aiuterà a delineare in modo significativo gli obblighi degli Stati in materia climatica. Chiarirà le conseguenze giuridiche statali degli atti o omissioni che hanno causato significativi danni al clima e all’ambiente, con particolare riguardo ai piccoli Stati insulari in via di sviluppo altamente vulnerabili al cambiamento climatico e alle persone delle generazioni presenti e future colpite da tali effetti. La pressione derivante dagli obblighi internazionali richiederà agli Stati un rafforzamento dei quadri normativi nazionali, in particolare in settori ad alte emissioni di carbonio. 

Un parere consultivo riguardante gli obblighi alla lotta al cambiamento climatico è una novità per la giurisprudenza della Corte Internazionale di Giustizia che crea un importante precedente anche per altri tribunali e giurisdizioni nazionali e internazionali. Considerando il supporto avuto finora, ci si aspetta anche un grande coinvolgimento sociale che farà da eco ai procedimenti davanti alla Corte. Sarà un’occasione per la società civile, i movimenti giovanili e gli accademici di confrontarsi sulla questione, stimolando un dibattito eterogeneo e costruttivo sui diritti umani e la giustizia climatica. 

Ci sarà tempo per parlarne ancora. Per ora, Vanuatu insieme a più di 130 Stati ha fatto la storia.

Articolo a cura di Camilla Pollera, Co-coordinatrice sezione Clima e Diritti

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