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Dic

Approvati i testi di Katowice tra punti soddisfacenti ed elementi mancanti

Photo by IISD/ENB | Kiara Worth

di Margherita Bellanca e Lina Rodriguez

«Rispetto a quello che avrebbe potuto essere, è un miracolo. Rispetto a quello che avrebbe dovuto essere, è un disastro» Così George Monbiot, giornalista del Guardian scriveva a fine Dicembre 2015 per commentare l’Accordo di Parigi appena raggiunto. E questo commento, così perfettamente espresso, sembra adeguarsi anche al Paris Rulebook, appena raggiunto a Katowice. Il testo, rinominato Katowice Climate Package, serve ad implementare e a definire le regole di attuazione dell’Accordo di Parigi.

Il raggiungimento del Rulebook è stato un successo. Ieri sera è stato approvato accompagnato dalla soddisfazione della presidenza della COP24 e del segretariato dell’UNFCCC. È stato un successo specialmente guardando a come le negoziazioni si sono svolte nelle ultime due settimane: lo stallo politico e tecnico che si è presentato su varie tematiche ha realmente fatto temere, in certi momenti, che un accordo non sarebbe stato raggiunto, comportando un fallimento dell’assetto costruito dall’Accordo di Parigi stesso e quindi un crollo del tentativo di far funzionare il multilateralismo tra stati. La pressione presente da alcuni gruppi di Stati, come l’Unione Europea e i paesi in via di sviluppo più vulnerabili, ha invece indirizzato verso il raggiungimento di un accordo finale. Inoltre, la Presidenza polacca, per aiutare il processo di facilitazione, ha coinvolto negli ultimi giorni di negoziazione ministri di vari paesi per aiutare a trovare un accordo sui temi più sensibili. È stato inoltre fondamentale il ruolo della Cina, che insieme all’Unione Europea è stata capace di trovare il consenso del proprio blocco negoziale.

Ci sono poi anche dei passi avanti su alcuni temi spinosi che nel Rulebook sono stati raggiunti.  Prima di tutto, sui due dei temi più delicati e che hanno tenuto in stallo le negoziazioni, è stato trovato un accordo. Il primo di questi temi riguarda la finanza climatica. Su questo punto è stato riconfermato l’impegno a favore del raggiungimento dei 100 miliardi all’anno accordati nell’Accordo di Parigi. Inoltre, si è stabilito che i paesi sviluppati dovrebbero comunicare ogni due anni la disponibilità di fondi che mettono a disposizione dei paesi in via di sviluppo, così da garantire la prevedibilità della disponibilità finanziare per questi paesi.

Un altro tema riguarda la trasparenza. In questo caso, nel testo finale è stato delineato un framework che considera regole comuni per tutti gli Stati, ma flessibili: se un paese in via di sviluppo non pensa di riuscire a raggiungere gli standard richiesti lo potrà dichiarare e chiedere un sostegno per aumentare le sue capacità tecniche in quella direzione.

Anche in riguardo al Global Stocktake il testo riesce a creare delle buone basi, riconoscendo che questo dovrà essere basato sul principio di equità (su cui però non si ha una definizione condivisa) e sulla migliore scienza disponibile.

Per quanto concerne la dibattuta inclusione del Rapporto dell’IPCC sulle conseguenze di un innalzamento della temperatura sopra l’1.5°C,  è stato raggiunto un compromesso soddisfacente: se durante i lavori dell’Organo Sussisidiario di Consulenza Scientifica e Tecnologica (SBSTA) i negoziatori avevano incluso un semplice richiamo a considerare i risultati del rapporto, ora il testo del Rulebook invece richiede agli specialisti del SBSTA di riconsiderare il rapporto durante la loro prossima sessione negoziale prevista per giugno 2019.

Nonostante queste note positive rimane un testo che delude le aspettative. Il Paris Rulebook avrebbe dovuto includere un sistema di incentivi alle Parti per portare ad un aumento delle loro ambizioni riguardo i Contributi Nazionali Volontari (NDCs), cosa che non e’ avvenuta. I contributi finora presentati, non riusciranno a soddisfare l’obiettivo generale dell’Accordo di Parigi, portando ad un aumento del riscaldamento globale al di sopra dei 3° C. Per rimanere entro il grado e mezzo sarà necesaria una maggiore ambizione, come dichiarato da Patricia Espinosa durante la plenary di chiusura della COP24.

Inoltre, alcuni principi che erano stati raggiunti all’interno dell’Accordo di Parigi sono stati ridimensionati o comunque limitati in secondo piano. Nel testo approvato a Katowice, infatti, non sono presenti né riferimenti ai diritti umani, né riferimenti all’equità intergenerazionale o ai giovani.

Infine, un’altra tematica su cui non è stato possibile trovare un accordo ha riguardato i meccanismi di mercato per limitare le emissioni, la cui regolamentazione dovrebbe rientrare all’interno dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi. La discussione sul tema è stata rimandata alla prossima Conferenza delle Parti, dato che ogni proposta di rendicontazione per assicurare l’assenza di addizionalità delle emissioni e di doppio conteggio è stata rifiutata dal Brasile. Senza queste regole, però, il meccanismo rischierebbe di andare a minare l’integrità ambientale tutelata dall’Accordo di Parigi.

In generale, quindi, la Conferenza delle Parti di Katowice si è conclusa con un accordo che comprende sia aspetti positivi che negativi. Nonostante esso non sia un accordo del tutto soddisfacente, si può comunque essere contenti del fatto che non si sia invece giunti ad un fallimento della struttura delineata dall’Accordo di Parigi. Molte questioni rimangono però aperte e prima su tutte come aumentare le ambizioni dei contributi definiti dalle Parti. Tutto ciò che ci si può augurare ad oggi è che questo testo sia solamente un piccolo passo verso una migliore definizione del framework globale per l’azione climatica.

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