Successo o fallimento? Impressioni post-Katowice
di Rachele Rizzo
Ogni anno finisce la COP e i pensieri si confondono, è stato un successo? È stato un fallimento? C’è euforia: hanno approvato un testo, hanno trovato le regole per implementare l’Accordo di Parigi, si sbloccano altri fondi. C’è delusione: ci vorrebbe più ambizione, ci vorrebbe più velocità.
C’era fermento ed eccitazione alla COP, come ogni anno i tanti eventi e padiglioni hanno raccontato iniziative e progetti ambiziosi. Le testimonianze condivise nel dialogo Talanoa (un dialogo facilitativo tra attori statali e non statali) raccontano storie di successi e collaborazione per il clima da tutto il mondo e a tutti i livelli. Ma quando i padiglioni vengono smontati e le ore scorrono aspettando il testo e la decisione da adottare, le storie e i racconti cambiano colore, diventano meno intensi di fronte agli ostacoli su temi fondamentali e la paura di non raggiungere un accordo.
C’è una sfida, il cambiamento climatico, che avanza e ci costringe a fare i conti con eventi naturali sempre più forti e sempre più frequenti, che ci costringe a pensare ad un’economia differente, forse circolare. C’è un’altra sfida, la difficoltà di negoziare tra stati che si pronunciano leader convinti di una transizione climatica necessaria e di grandi ambizioni, mentre altri ancora si oppongono, pensando di poter nascondere o rinviare il problema.
Non so quale sia la vera COP: forse tutto questo, successo e fallimento, lentezza e velocità.
È il posto dove ogni anno i negoziatori si riuniscono e cercano di trasformare i proclami politici in regole ed azioni concrete. È qui che si respira la tensione, l’emozione e l’attesa di capire quale sarà il mondo dopo Parigi. Si fa tardi la notte cercando un compromesso tra visioni differenti e allo stesso tempo le parole giuste affinché queste intenzioni rimangano nel tempo e si traducano in azioni. Si negozia per giorni, discutendo parentesi e termini, lottando anche solo per includere i risultati di un report scientifico tra le considerazioni finali e andando avanti a passi piccoli e graduali.
È anche il luogo della società civile che scalpita, freme e si spazientisce per un percorso lento e talvolta non così coraggioso. Entrando la mattina nei corridoi dell’arena Spodek di Katowice incontriamo persone vestite da Accordo di Parigi, all’ora di pranzo le vediamo radunarsi a centinaia sulle scale d’ingresso per far sentir la propria voce, per far sì che i negoziatori si ricordino che al di fuori della COP c’è una sfida grande, il clima, che non rispetta i tempi della diplomazia e dell’indecisione.