09
Giu

BONN, PRIMA SETTIMANA: È DI NUOVO NORD CONTRO SUD

La prima settimana di negoziati intermedi sul clima a Bonn, in Germania, ci ha confermato che la strategia negoziale dei Paesi del Sud del mondo, supportati dalla Cina, risponde ad una visione di lungo periodo e multilivello. Per dirla in termini concreti, i Paesi del gruppo G77 ed i cinesi non si sono accontentati della storica vittoria negoziale del 2022 a Sharm el-Sheikh, quando riuscirono a spacchettare il fronte dei Paesi ricchi e far approvare la creazione di un fondo per perdite e danni dopo 30 anni di dibattito, a Bonn si sta infatti alzando il tiro, complice l’occasione del lancio del primo inventario globale degli sforzi dei Paesi previsto proprio per quest’anno alla COP: il cosiddetto global stocktake.

Ma di cosa si parla? Come spiegato negli scorsi articoli del nostro Bollettino COP da Bonn, in sintesi i Paesi dovranno confrontarsi sulla base di quanto fatto contro la crisi climatica e fossile – non promesso, ma fatto – collettivamente dal 2020 (inizio del periodo coperto dall’Accordo di Parigi) ad oggi, per aggiustare il tiro, migliorare le proprie politiche e rilanciare l’ambizione dell’Accordo per i prossimi anni, fino al prossimo stocktake tra cinque anni. Se nel 2022 i Paesi del Sud con forte supporto cinese hanno insistito sul tema, apparentemente fuori dall’agenda politica, di perdite e danni, quest’anno puntano a far accettare ai Paesi ricchi e sviluppati uno stocktake che tenga conto non soltanto di quanto prettamente fatto dal 2020 ad oggi, ma anche delle emissioni, politiche e responsabilità storiche pre-2020, semplicemente perché non tutti i Paesi sono partiti dallo stesso blocco di partenza.

Il concetto di “responsabilità comuni ma differenziate”, iscritto dal 1992 nella Convenzione Quadro che regola e indirizza il mondo dei negoziati sul clima dell’ONU, prevede (o prevedrebbe) infatti che le politiche, gli accordi, i protocolli successivi agli accordi del 1992 tengano conto, appunto, delle responsabilità storiche e le effettive capacità di spesa e intellettuali di ogni membro dell’ONU, dagli Stati Uniti allo Zimbabwe. Questo principio solidaristico ha, negli anni, trovato grande consenso ma scarsissima applicazione, specialmente quando riferito alle responsabilità storiche in termini emissivi. Ecco, quindi, che a soli sei mesi dal putsch su perdite e danni i G77 più  Cina ci riprovano, fino al punto di bloccare l’adozione dell’agenda dei lavori – cosa abbastanza inaudita nel mondo negoziale – per non vedere inserite nuove ambizioni globali sulla mitigazione da parte dei Paesi ricchi in assenza di concorrenti garanzie su adattamento, perdite e danni, finanza per il clima e, appunto, costruzione di uno stocktake equo e inclusivo.

In particolare, i Paesi del Sud del mondo hanno voluto ostacolare l’inserimento in agenda di un punto di lavoro sul Programma di Lavoro per la Mitigazione (MWP), lanciato a Glasgow due anni fa e rilanciato a Sharm el-Sheikh per dotare le COP di un percorso che potesse portare a nuovi impegni globali sulla mitigazione, tuttavia con la precisa indicazione di non fornire nuovi obiettivi quantitativi. I G77 più Cina hanno fatto ostruzionismo su questo punto perché trovano paradossale parlare di nuovi soldi da spendere per ridurre le emissioni (tutti i Paesi) quando i responsabili storici del problema non accettano di considerare il proprio pregresso nel “riesame” collettivo delle politiche.

A detta della delegazione dell’Unione Europea al negoziato, incontrata due volte dalla nostra volontaria Teresa Giuffré, alcuni Paesi del Sud si sono sentiti presi in giro sul MWP, in quanto appunto c’è la sensazione che, in un contesto di collaborazione quasi inesistente su altri temi quali finanza e perdite e danni, si pretenda anche l’inserimento di nuovi obiettivi numerici per i grandi inquinatori Cina e India, cosa non prevista dal mandato del Programma di lavoro. Tutto questo mentre sempre gli stessi Paesi del Sud reclamano l’inserimento, appunto, di un portato pre-2020 nei dati forniti per lo stocktake. Insomma, una notevole empasse.

In questo tipo di negoziati non si esce mai dall’ultima notte senza un accordo, anche se gli intermedi sono per definizione dei negoziati-ponte verso la prossima COP. Ad ogni modo, è evidente che la doppia vicenda MWP – stocktake si trascinerà fino agli ultimi giorni della prossima settimana, quando probabilmente diventerà necessario un intervento politico dalle capitali per uscire dallo stallo. Come sempre, vi terremo aggiornati tramite il nostro Bollettino COP dai negoziati intermedi.

Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor e UNFCCC Contact Point

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