07
Giu

STALLO SUL GLOBAL STOCKTAKE: TENSIONI GLOBAL SOUTH E NORTH

A tre giorni dall’apertura, è chiaro che ai negoziati intermedi di Bonn si è raggiunta un’impasse, che vede al centro il tema “caldo” – a ragion veduta – di quest’anno: il Global Stocktake (GST). Si conclude, infatti, a questo SB58 la fase tecnica del processo, da cui dovrà emergere una relazione onnicomprensiva che guiderà l’ultima fase, quella politica. La decisione finale di COP28 dovrà, non solo prendere atto dello stato attuale dei progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di Parigi, ma anche e soprattutto proporre soluzioni per intervenire laddove si siano riscontrate lacune. Ed è proprio il contenuto di questa decisione ad aver generato divergenze tra le Parti che riflettono, ancora una volta, le tensioni tra Global South e Global North. Tensioni che hanno influenzato già l’apertura degli intermedi, con la mancata adozione dell’agenda e, nuovamente, la plenaria di apertura dello stesso GST.

Dagli interventi delle Parti è emersa una divisione tra due blocchi: da un lato i Paesi dell’OECD, che vorrebbero una decisione sul GST maggiormente incentrata sulla mitigazione, che spinga tutti i Paesi ad accelerare la riduzione delle proprie emissioni. Dall’altro, il Global South che mantiene quella compattezza mostrata a COP27 (e che ha permesso di ottenere lo storico risultato sul fondo per le perdite e i danni). Questo fronte unito chiede che il GST rifletta le responsabilità storiche dei Paesi che hanno iniziato a emettere prima degli altri. Secondo il gruppo G77 e Cina, una decisione sui progressi futuri non può prescindere da una considerazione su come si è giunti alla situazione attuale. Questa richiesta è stata reiterata anche in una delle tavole rotonde che compongono il terzo (e ultimo) Technical Dialogue, quella dedicata alla mitigazione. Diversi Paesi del Global South hanno, infatti, proposto di includere nel GST un’analisi dei “gap” di ambizione dei Paesi più sviluppati.

Nel contempo, le economie emergenti temono che la mitigazione vada a scapito dell’adattamento, nonché del sostegno finanziario e tecnologico di cui hanno peraltro bisogno per realizzare i suddetti obiettivi di mitigazione.

Queste divisioni riflettono la diffidenza reciproca tra Global South e North dal momento che entrambi i componenti dubitano che la controparte abbia un genuino interesse ad ascoltare le loro richieste e sono, quindi, restii a proseguire il negoziato. 

In particolare, si nota la rigidità della posizione degli Stati Uniti che in plenaria afferma di ritenere inaccettabile una qualsiasi discussione sui gap di ambizione e sulla responsabilità dei Paesi sviluppati. 

Posizione più morbida sembra mostrare, invece, l’Unione Europea, che in occasione di un incontro bilaterale con la constituency YOUNGO (cui ha preso parte la volontaria di ICN Teresa Giuffrè) ha anche discusso dell’attuale stallo nel dialogo sul GST. La delegazione UE comprende il punto di vista dei Paesi in via di sviluppo e non è restia a una discussione sui gap di ambizione, ma al tempo stesso non ritiene che sia produttivo ai fini del GST che, secondo l’Accordo di Parigi, ha l’obiettivo di spingere verso la massima ambizione possibile. Il processo non può, quindi, limitarsi a guardare al passato, ma deve necessariamente impostare degli obiettivi futuri. Pertanto, non è chiaro se l’UE deciderà di assumere un ruolo di mediazione tra i due blocchi.

Se entrambi i punti di vista sono condivisibili, non si può ignorare il motivo alla base delle tensioni attuali, ovvero l’incapacità dei Paesi più ricchi di mantenere i loro impegni in materia di finanza climatica. L’obiettivo dei 100 miliardi di dollari annui (peraltro di per sé simbolico e largamente insufficiente) non è ancora stato raggiunto. Inoltre, si teme che i negoziati per la finanza post-2025, nonché per il nuovo fondo per le perdite e i danni, perpetuino gli stessi errori degli obiettivi stabiliti in precedenza, in termini di quantità, accessibilità e trasparenza dei fondi.

Atmosfera ben diversa si è percepita, invece, a un altro evento organizzato nel quadro del Technical Dialogue: il World Café, format innovativo già sperimentato a COP27 in cui le Parti e gli observer discutono insieme in tavole rotonde tematiche (ad es. su perdite e danni, adattamento o trasformazione del sistema finanziario mondiale). Questo meccanismo è stato molto apprezzato dalla società civile per la sua inclusività, trattandosi di uno dei pochi spazi in cui la barriera tra governi e observer viene davvero meno. Il successo dell’esperimento mostra che un nuovo tipo di engagement nel sistema UNFCCC è possibile e la speranza è che diventi un nuovo termine di paragone per avere in futuro negoziati altrettanto inclusivi. Tuttavia, la volontà di collaborare dimostrata a questo evento non si trasferisce purtroppo al negoziato nudo e crudo: i negoziati si sono aperti in un’atmosfera di alta tensione, che fa prospettare un processo lungo e difficile da qui a COP28. 

Articolo a cura di Teresa Giuffrè, Volontaria ICN

Foto di copertina di Teresa Giuffrè

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