COME LA LOTTA ALL’INQUINAMENTO E AL TRAFFICO ILLEGALE DI RIFIUTI PLASTICI CONTRIBUISCE A RIDURRE LE EMISSIONI DI CARBONIO
Dal Rapporto NDC del UNFCCC del 2021 risulta chiaro che gli impegni climatici non sono in linea con quanto sancito dall’Accordo di Parigi, e tra i fattori chiave per ridurre le emissioni ci sono anche i rifiuti plastici.
Dato che la maggior parte delle materie plastiche commercializzate deriva da risorse fossili, anche la riduzione della produzione di rifiuti, infatti, migliorarne la gestione, sviluppare nuovi materiali e favorire la collaborazione internazionale risultano misure fondamentali per sostenere e implementare gli accordi ambientali multilaterali:. Durante la COP27 a Sharm el-Sheikh, un side event ha approfondito queste tematiche con un focus sulla lotta all’inquinamento da materie plastiche.
I rifiuti plastici sono una minaccia per l’ambiente ed è necessario uno sforzo congiunto sia locale che internazionale per la loro eliminazione
Ogni ora circa sessanta milioni di bottiglie di plastica vengono utilizzate divenendo rifiuto. Di queste globalmente solo il 10% viene riciclato e il restante 90% finisce incenerito, interrato o disperso in fiumi, mari e oceani, dove lentamente si decompone nel corso di centinaia di anni diventando contaminando la flora marina, la fauna e perfino l’organismo degli esseri umani.
“L’ossigeno che respiriamo deriva per il 50% dagli oceani. È importante quindi mantenere un oceano in salute per respirare aria pulita, sempre che in futuro non si vogliano respirare microplastiche”, afferma con ironia Gustavo Manrique Miranda, ministro dell’ambiente, dell’acqua e della transizione ecologica dell’Equador e presidente del parco nazionale delle isole Galapagos.
Nel caso specifico del paradiso naturale, il 99% dell’inquinamento da plastica che ne lambisce le Galapagos deriva da fonti internazionali e solo l’1% viene prodotto nello stesso archipelago. Nel corso del suo discorso il ministro ha sottolineato l’importanza di stilare accordi internazionali per risolvere la questione dell’inquinamento da plastiche nei paesi in via di sviluppo, avvertendo che è necessariocreare nuove politiche che incentivino la raccolta di tali rifiuti.
A tal proposito, un’operazione in programma dello stesso governo equadoregno riguarderà, tramite apposito accordo ministeriale, il riconoscimento di onorificenze speciali per le flotte di navi che raccoglieranno rifiuti plastici derivanti dalle attività di pesca intensiva. L’intervento del ministro a COP27 si è concluso con un appello concitato – “tutti devono fare qualcosa, serve uno sforzo congiunto, internazionale” – e col suggerimento di creare tavole rotonde tra i paesi in via di sviluppo per condividere le esperienze di successo e le best practices adottate nella lotta all’inquinamento da plastiche.
Il problema della tratta di rifiuti plastici, lo smaltimento illegale e le conseguenze sull’ambiente
L’intervento di Carlos Martin Novella, deputy executive secretary della Basel, Rotterdam and Stockholm (BRS) Conventions, si è poi focalizzato sull’urgenza di fermare le tratte di trasporto e smaltimento illegale di rifiuti plastici, sottolineando la necessità di nuovi accordi multilaterali internazionali per sancire obblighi e pene specifiche. Ad oggi sono numerosissimi nel mondo gli impianti illegali di trattamento e conversione dei rifiuti, che attraverso una combustione parziale, inefficiente e non controllata sviluppano black carbon aerosol, sottoprodotti con una capacità di global warming cinquemila volte più alta rispetto a quella della CO2. Questo accade parallelamente anche come risultato dell’incenerimento incontrollato di rifiuti plastici in discariche illegali a cielo aperto, un problema molto serio riscontrato in diversi paesi in via di sviluppo. Novella ha concluso il suo intervento specificando che sulla base della Basel Convention il trasporto della plastica ritenuta pericolosa o che richiede speciale trattamento (mix unsorted plastic waste, ad esempio da fonti ospedaliere infette o contaminata da agenti tossici) deve essere certamente controllata e non può più essere trattata come normale rifiuto urbano). È quindi necessario un sistema per tracciare e predire con certezza i flussi di tali rifiuti a livello internazionale. In tal senso, Novella ha ringraziato gli enti UNEP, UNODC, UNCTAD e INTERPOL per i recenti sforzi congiunti di cooperazione volti a risolvere alla base la questione.
Le stime sull’incremento dei gas serra derivanti da fonti plastiche
Il side event è proseguito con una carrellata di dati impressionanti. Ogni anno globalmente vengono generate 315 milioni di tonnellate di plastica, che viene per lo più smaltita tramite incenerimento o in discarica, producendo annualmente circa 850 milioni di tonnellate di Green House Gases (GHG). Secondo le stime, entro il 2030 l’inquinamento generato da queste pratiche salirà fino a 1.34 miliardi di tonnellate, per raddoppiare ancora al 2050, afferma Nicholas Hardman, head of oceans and natural resources del Commonwealth Secretariat.
Cosa si può fare per ridurre l’inquinamento ambientale da plastiche?
Il panel del side event ha proposto diverse risposte a questa domanda. Il Commonwealth ad esempio ha intrapreso azioni legislative a livello di policy internazionale per combattere il monouso con il motto delle 6 R “Rethink, Redesign, Reduce, Reuse, Recycle, Recover”, e tramite l’applicazione di “taxes and bans”. Considerando che per raggiungere l’obiettivo del non superamento degli 1.5°C al 2050 è necessario ridurre le attuali emissioni di gas serra del 40%, è chiaro come risulti molto importante un cambiamento profondo nel sistema di gestione del rifiuto plastico. “È fondamentale creare una Circular Plastic Economy”, ha detto Susan Gardner, director della Ecosystem division UNEP.
Vie di pensiero alternative
Contro corrente gli ultimi interventi del panel, nei quali è stata da un lato presentata la necessità di affrancarsi dall’utilizzo delle plastiche, come sollevato da Aik Hoe Lim, director del Trade and Environment division del World Trade Organisation (WTO). “Il problema dell’inquinamento della plastica non è solo legato al suo fine vita, bisogna risolverlo alla radice, dalla sua produzione. Noi vogliamo la plastica, ne abbiamo bisogno. La sfida reale sta nell’imparare a fare a meno della plastica, poiché essa esisterà fintanto che la materia prima per produrla (fossil fuels) sarà economicamente conveniente.
Su una rotta parallela e innovativa l’intervento di Miho Shirotori, head of the trade negotiations and commercial diplomacy branch dello UNCTAD, che sta attivamente cercando possibili sostituti alla plastica convenzionale che siano biodegradabili, erodibili compostabili e riutilizzabili tramite la valorizzazione preferenziale delle materie prime di scarto agricolo. Lo scopo è quello di ridurre l’ inquinamento e gli scarti alimentari e favorire la crescita delle economie dei paesi in via di sviluppo che possono essere leader in questo settore.
Articolo a cura di Samuele Giovanardi, volontario Italian Climate Network
Fonte imagine di copertina UNCTAD: https://unctad.org/meeting/cop27-side-event-how-combatting-plastic-pollution-and-illegal-traffic-plastic-waste-can