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Dic

COP28, IN GIOCO L’1.5

  • Il successo di questa COP28 si gioca sul livello di ambizione per la mitigazione.
  • Al momento il programma di mitigazione rimane un testo privo di contenuto, in cui non si parla di phase out né di picco delle emissioni.
  • La cosa ancora più grave è che l’ambizione è stata notevolmente ridotta anche nel nuovo testo sul Global Stocktake

L’esito favorevole  di questa COP28 si gioca sul livello di ambizione per la mitigazione che si raggiungerà nelle prossime 24 ore, così ha detto Simon Stiell, segretario esecutivo dell’UNFCCC. 

Con le politiche attuali, le temperature globali vanno verso un aumento compreso tra 2.5 e 2.9°C rispetto ai livelli preindustriali, e dobbiamo ridurre le emissioni del 42 per cento nei prossimi 6 anni se vogliamo avere qualche chance di mantenere in vita l’obiettivo di restare entro 1.5°C.  

Data l’importanza vitale di ridurre le emissioni e limitare l’aumento delle temperature ci si aspetterebbe una grande attenzione sul filo negoziale del programma di ambizione sulla mitigazione (MWP, Mitigation Work Programme). 

Invece nemmeno lunedì è stata pubblicata alcuna nuova bozza, e il documento più aggiornato è di oltre cinque giorni fa. I Paesi non si sono neanche riuniti tutti i giorni per negoziare e il programma di mitigazione sembra passato completamente in secondo piano

Durante la Conferenza Stampa che ha tenuto lunedì, uno stanchissimo Simon Stiell ha detto senza mezzi termini che la partita si gioca ormai su due questioni: 

  • quanto sarà alta l’ambizione in materia di mitigazione,
  • quanto i Paesi saranno disposti a sostenere la transizione con i mezzi finanziari adeguati. 

Stiell ha tuonato che secondo l’UNFCCC è possibile raggiungere i massimi livelli di ambizione su entrambi i temi

Perché l’accordo finale di COP28 sia considerato soddisfacente servono tre cose: 

  • Eliminare i blocchi tattici negoziali che frenano l’ambizione e i negoziati. Stiell non ha citato Paesi specifici ma possiamo facilmente intuire che si riferisse a nazioni come Arabia Saudita, Russia, Iran e gli Emirati. Il segretario UNFCCC ha ricordato che il mondo sta guardando, e non c’è modo di nascondersi dalle proprie responsabilità: bisogna raggiungere un accordo ambizioso per il Global Stocktake, che possa aiutarci a uscire dal casino (“mess”) in cui ci siamo messi a furia di bruciare combustibili fossili.
  • Rifiutare l’incrementalismo. Ogni passo indietro rispetto alle più alte ambizioni costerà milioni di vite. Non ai prossimi leader che verranno, ma qui e adesso, in ogni paese. La massima ambizione climatica significa più posti di lavoro, economie più forti, crescita economica più sostenuta, meno inquinamento, salute migliore. E anche energia sicura e accessibile per tutti.
  • Abbandonare la logica “io vinco – tu perdi”: una ricetta per il fallimento collettivo quando in gioco c’è il futuro e la sicurezza di 8 miliardi di persone.

Stiell ha concluso ricordando che la scienza è la spina dorsale dell’Accordo di Parigi, soprattutto per quanto riguarda l’obiettivo dell’1.5, e questo centro deve reggere.

Il tema dell’ambizione sulla mitigazione è stato anche al centro della tavola rotonda ministeriale annuale di alto livello sulle ambizioni pre-2030 che si è svolta sabato 9. La sessione è stata aperta dal Ministro degli Esteri Norvegese, Espen Barth Eidee, e la Ministra dell’Ambiente di Singapore, Grace Fu, che hanno richiamato l’attenzione sugli obiettivi chiave del programma di ambizione sulla mitigazione (MWP): 

  • uscita dai combustibili fossili;
  • accelerare la giusta transizione energetica;
  • porre fine agli investimenti nella produzione di combustibili fossili e nelle relative infrastrutture;
  • raggiungere il picco delle emissioni prima del 2025;
  • adottare obiettivi globali quali: triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica.

Eppure nulla di tutto questo si è tradotto nel programma di mitigazione, che attualmente consiste in un testo di appena 3 pagine, prive di contenuto e principalmente procedurali, in cui non si parla di phase out dai combustibili fossili, (né di phase down), non si parla di picco delle emissioni al 2025, e non si parla di come concretizzare il programma in azioni. In sintesi un disastro, come avevamo raccontato qui

La cosa ancora più grave è che l’ambizione è stata notevolmente ridotta anche nel nuovo testo sul Global Stocktake, circolato lunedì nel pomeriggio. 

Qui non si fa riferimento al phase out dai combustibili fossili ma si fanno molti giri di parole per mascherare la mancanza di una chiara decisione di abbandonare i combustibili fossili. 

Infatti nell’ultima bozza si parla di:

  • triplicare le rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030: obiettivo importante ma che secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ridurrebbe solo il 30% del gap delle emissioni per mantenere in vita l’1.5 C° 
  • Phase down del carbone non abbattuto (unabated): un solido programma di mitigazione dovrebbe prevedere il phase out dal carbone, sia abbattuto che non abbattuto.)
  • accelerare gli sforzi globali verso sistemi energetici a emissioni nette zero (net-zero). Ricordiamo che annunciare di voler raggiungere lo zero netto non è sufficiente se non si specifica come e quando si intende farlo. La scienza chiede di ridurre almeno il 90% delle emissioni e di ricorrere a strumenti di neutralizzazione solo per le emissioni residue (al massimo il 10% delle emissioni totali). Non specificare che percentuale di emissioni possano essere neutralizzate (per esempio coi crediti di carbonio) per raggiungere il net-zero, riduce l’ambizione e apre la possibilità di continuare a bruciare combustibili fossili, limitandosi a neutralizzare le relative emissioni
  • Accelerare le tecnologie a zero e basse emissioni, come il nucleare, e tecnologie di abbattimento e rimozione, tra cui la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio.
  • Ridurre (la scelta di parole è “reducing” non phase out o down) sia il consumo sia la produzione di combustibili fossili.

Il testo non riflette la massima ambizione possibile, auspicata da Simon Stiell e da tutti noi, ed è il risultato del blocco negoziale portato avanti dai Paesi e lobby che hanno interesse a frenare l’ambizione. Si tratta di una conversazione tra due blocchi che non comunicano, e speriamo questo non porti a un’ulteriore ridimensionamento dell’ambizione nei testi che circoleranno nelle prossime ore, perché come ricordato da Stiell dobbiamo puntare ai massimi livelli di ambizione: in gioco ci sono vite umane, le nostre. 

Articolo a cura di Margherita Barbieri, delegata di Italian Climate Network a COP28.

Immagine di copertina: Photo by COP28 / Christopher Pike

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