I RECENTI AVANZAMENTI IN VISTA DELL’APPROVAZIONE DEL PIANO NAZIONALE PER L’ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Il 28 dicembre 2022 è stata pubblicata sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) la bozza aggiornata del Piano Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici – PNACC e il 16 febbraio 2023 si è aperta la consultazione pubblica prevista dalla procedura di (Valutazione Ambientale Strategica, VAS). La consultazione permette ai cittadini, alle comunità e a tutti i soggetti pubblici e privati di contribuire con osservazioni alla stesura del Piano. La consultazione ha avuto una durata di 45 giorni (termine 14 aprile), e attualmente il Piano risulta sottoposto alla valutazione della Commissione VAS.
La VAS è una procedura applicata ai piani e programmi che possono avere degli impatti sull’ambiente naturale, come i piani per la pianificazione territoriale. Ha la finalità di garantire una protezione dell’ambiente e verificare che, nell’elaborazione e adozione, i suddetti piani e programmi siano coerenti, contribuiscano ad uno sviluppo sostenibile ed evitino impatti ambientali negativi.
Il processo per la definizione di un piano di adattamento è iniziato nel 2015, quando è stata adottata la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNAC), ma dal 2017, con la presentazione della bozza del PNACC da parte del Ministero dell’Ambiente, il processo è proseguito a rilento. Nel 2018 il Ministero ha ritenuto che il Piano dovesse essere sottoposto a VAS, ma la verifica di assoggettabilità è terminata solo nel 2020. Dopo la fase di scoping e in seguito alla presentazione da parte della Commissione europea della nuova Strategia di adattamento per i Paesi comunitari, nel 2022 l’allora Ministero della Transizione Ecologica, ha istituito un apposito gruppo di lavoro in collaborazione con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) per rielaborare il Piano alla luce delle osservazioni poste dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale e per renderlo coerente alle nuove direttive europee.
COS’È IL PNACC E COME SI STRUTTURA
Il PNACC è uno strumento di pianificazione nazionale che individua i potenziali impatti dei cambiamenti climatici sul territorio e indirizza le istituzioni (nazionali, regionali e locali) nell’attuazione di azioni di adattamento che siano efficaci rispetto alle specificità del contesto dove si inseriscono, per minimizzare gli impatti e migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici.
Il PNACC è organizzato in 5 capitoli: i) quadro giuridico di riferimento, ii) quadro climatico nazionale, iii) impatti dei cambiamenti climatici in Italia, iv) misure e azioni di adattamento, v) governance di adattamento.
Il quadro climatico riporta un’analisi del clima per un periodo di riferimento 1981-2010 e le proiezioni per un trentennio a metà secolo 2036-2065 secondo tre scenari definiti dal quinto rapporto di valutazione dell’IPCC, RCP 2.6, 4.5 e 8.5, ovvero lo scenario con forte mitigazione, uno scenario intermedio e lo scenario business as usual. Le variazioni climatiche vengono descritte tramite 25 indicatori climatici, tra cui la precipitazione cumulata (stagionale e annuale), la temperatura media, gli indici di siccità, i massimi di precipitazione giornaliera, l’indice di durata dei periodi di caldo.
Il Piano si concentra sia sulle variazioni sulla terraferma, sia sulle aree marine e costiere e valuta gli impatti più rilevanti sui sistemi ambientali e sui settori socio-economici più vulnerabili a queste variazioni climatiche. Valuta, ad esempio, gli impatti sulla criosfera e sulla disponibilità di risorse idriche, con le conseguenze sul rischio idrogeologico e il deterioramento del suolo, così come sugli ecosistemi marini, terrestri, delle aree costiere e delle acque interne (laghi e fiumi). Entra poi nel dettaglio dei conseguenti impatti sul settore agricolo e della pesca, sul turismo e sull’industria.
I settori oggetto del PNACC sono 19: trasporti, energia, risorse idriche, agricoltura, foreste, pesca marittima, acquacoltura, dissesto geologico, idrologico e idraulico, ecosistemi acque interne e di transizione, ecosistemi marini e terrestri, insediamenti urbani, patrimonio culturale, salute, turismo e impatti socio-economici.
L’adattamento riguarda sia misure infrastrutturali, come la costruzione di vasche di laminazione per l’invaso dell’acqua durante gli eventi di piena o opere di difesa dall’innalzamento del livello del mare, sia cambiamenti comportamentali dei singoli cittadini, come cambiare la dieta alimentare verso alimenti che richiedono un consumo idrico inferiore.
Nel PNACC sono previste misure a tre livelli:
- soft:misure di policy, giuridiche, sociali, gestionali e finanziarie che possano modificare gli stili di vita e aumentare la consapevolezza dei potenziali impatti dei cambiamenti climatici e i comportamenti più adeguati. Rientrano nelle categorie di governance e informazione e sono finalizzate al rafforzamento amministrativo, tecnico, istituzionale e legislativo
- green: misure basate sulla natura (nature based solutions) che impiegano i servizi ecosistemici forniti dagli ambienti naturali per migliorare la resilienza dei territori
- grey: misure infrastrutturali e tecnologiche che rendono gli edifici, gli impianti, le infrastrutture, le reti e i territori più resilienti.
Sono state individuate 361 azioni settoriali di adattamento, raccolte in un database, a cui è stato dato un giudizio di valore (basso, medio, medio-alto e alto) rispetto ai seguenti criteri:
- efficienza (valutazione costi-benefici),
- efficacia,
- effetti di secondo ordine (positivi come la creazione di nuovi posti di lavoro, o negativi),
- performance in presenza di incertezza (flessibilità, cioè la capacità di adeguarsi a costi contenuti a diversi contesti, e robustezza, ovvero la capacità di essere efficace in diversi contesti),
- implementazione politica (multidimensionalità della misura, percorribilità istituzionale e urgenza).
Essendo l’adattamento necessariamente locale e specifico in base alle caratteristiche del territorio, il valore delle azioni varia in base al contesto geografico e socio-economico, ai diversi scenari climatici e ai rischi presi in considerazione.
Le azioni soft sono il 76% del totale, le misure green il 13% e le misure grey l’11%. L’agricoltura, gli insediamenti urbani, le foreste e le risorse idriche sono i nodi più significativi per un adattamento efficace, poiché le azioni sviluppate in questi settori riescono a coinvolgere il maggior numero di altri settori.L’area del Mediterraneo e l’arco alpino sono hot-spot per i cambiamenti climatici, l’Italia quindi risulta particolarmente vulnerabile. Inoltre gran parte del suo territorio è soggetto a diversi rischi naturali (dissesto idrogeologico, pericolo alluvionale, erosione costiera) che potrebbero essere amplificati in futuro a causa dei cambiamenti climatici. Il 29.5% del territorio nazionale è soggetto a pericolosità idraulica (elevata, media, e bassa) e il 20% sono aree a pericolosità da frana o di attenzione (rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia, edizione 2021, ISPRA). Ad esempio, il potenziale aumento in intensità e frequenza degli eventi di precipitazione intensa e l’innalzamento del livello del mare, sottolineati anche dall’ultimo rapporto dell’IPCC, possono contribuire rispettivamente ad un aumento dei pericoli sopra citati. È essenziale, quindi, che in Italia si inizi ad investire in piani e azioni di adattamento, come previsto dagli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi.
Articolo a cura di Francesca Casale, Coordinatrice sezione volontari Italian Climate Network