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Nov

L’EDITORIALE DI STEFANO CASERINI DA COP27

Doveva essere una COP dell’implementazione, e lo è stata. Action, innovation, net-zero carbon future, investments: queste le parole più frequenti che si leggono sugli stand degli stati o di osservatori, nei titoli dei side event, che si sono ascoltate negli incontri e dibattiti in questa prima settimana di COP27. Il negoziato è ancora lontano da vedere una conclusione sui punti più caldi, Loss and damage e Articolo 6. Non sorprende, dopo la prima settimana.

Sono lontani i tempi in cui lo spazio era occupato dagli obiettivi, dalle responsabilità comuni ma differenziate, dal superare o no la divisione fra Paesi Annex 1 e non-Annex 1. Si parla ancora di giustizia climatica, ma ormai è sullo sfondo. L’Accordo di Parigi sta iniziando a dare risultati, si sta passando all’azione. La mobilitazione sta crescendo, sta coinvolgendo sempre più soggetti. L’Africa in particolare, in questa COP27. 

Le soluzioni ci sono. Forse chiamarle soluzioni è eccessivo, perché la scienza del clima non lascia molti dubbi. Ormai gli impatti del cambiamento climatico sono una realtà, non sono qualcosa da immaginare per il futuro, come avveniva nelle prime COP. La lentezza esasperante degli ultimi 30 anni di negoziato lascia ora solo la possibilità di ridurre i danni, e farlo ha comunque la sua importanza: c’è un grande differenza negli impatti di un mondo più caldo di 1,5°C, 2 o 3°C. Quindi una soluzione oggi è qualcosa che limita i danni, ma non risolve il problema dell’interferenza umana con il clima del pianeta. Che c’è, e durerà per millenni.

Le soluzioni ci sono, dunque. Verso la fine della settimana c’è stato il Decarbonisation day, la giornata legata alla riduzione delle emissioni di gas serra. Anche qui il clima è cambiato. Ormai è un leit-motiv sentire che le energie rinnovabili sono competitive, che ci sono molte riduzioni delle emissioni possibili a costi bassi o addirittura nulli o negativi. Non solo i soliti noti, efficienza energetica, sole e vento, evitare la deforestazione, elettrificazione del trasporti e dei consumi degli edifici. E anche nucleare, cattura e stoccaggio della CO2 e sempre più anche di rimozione di CO2 atmosferica. Si è parlato di riduzione delle emissioni di metano come la migliore strategia per combattere il riscaldamento globale, della convenienza per una filiera dell’idrogeno in Africa, delle diete. E non solo perché i vegani anche quest’anno hanno manifestato all’ingresso della COP27.

Non solo tecnologie, il problema sono i finanziamenti, gli investimenti, i tassi di interesse maggiori pagati per il loro sviluppo nel sud del mondo rispetto ai paesi occidentali. 

A inizio settimana c’è stato il Finance day, ma il tema di come rendere disponibili i capitali per la transizione ha accompagnato finora tutte le giornate dei negoziati , ed è alla base della discussione sull’Art. 6 dell’Accordo di Parigi. Perché in fondo i meccanismi di mercato hanno lo scopo di permettere riduzioni a costi minori, di favorire il trasferimento tecnologico. Il negoziato si è avvitato sui dettagli relativi a come garantire integrità e trasparenza alle procedure, ai registri. Ancora materiale per gli addetti ai lavori, ma fra non molto, c’è da scommetterci,sarà una leva per muovere migliaia di miliardi di dollari a supporto della lotta al cambiamento climatico.

Sarà la seconda settimana a  concretizzate nei documenti UNFCCC gli avanzamenti formali del negoziato, ma la ruota continua a girare.

Articolo a cura di Stefano Caserini, socio fondatore e Professore di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici al Politecnico di Milano

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