07
Giu

NCQG: GLI SCHIERAMENTI SONO PRONTI

  • Riprende a Bonn il dialogo negoziale per la definizione del nuovo obiettivo quantitativo di finanza da approvare entro il 2024
  • Emergono due visioni compatte e contrastanti su alcuni temi fondamentali per il negoziato
  • Particolarmente duri gli interventi di Cina e Pakistan che rivendicano l’obbligatorietà della mobilitazione finanziaria da Paesi sviluppati a Paesi in via di sviluppo

Il 2024 è considerato l’anno della finanza per il clima, e agli intermedi di Bonn iniziati solo da pochi giorni, ne stiamo avendo la conferma. Già nelle prime negoziazioni, le Parti appaiono compattamente suddivise in due schieramenti: da un lato Paesi in via di sviluppo e dall’altro Paesi sviluppati. Le fonti di finanziamenti da includere nel nuovo obiettivo climatico, la sua quantificazione e le modalità di erogazione delle risorse finanziarie sono i punti focali della discussione. 

Sono, infatti, ripresi i negoziati sulla definizione di un nuovo obiettivo quantitativo di finanza, il New Collective Quantified Goal (NCQG), da approvare entro quest’anno. Le riunioni a cui stiamo assistendo qui a Bonn sono propedeutiche alla creazione di un testo negoziale per la prossima COP29 di Baku. In particolare, le Parti hanno espresso il proprio parere sulla prima versione dell’input paper (che potete trovare qui), preparata dai Co-chairs sulla base delle posizioni emerse nella riunione di Cartagena tenutasi il 25 ed il 26 aprile scorso. Ricorsivi sono stati gli interventi delle Parti in riferimento al testo, ritenuto troppo lungo (circa una sessantina di pagine), ricco di ripetizioni e difficile da utilizzare come strumento di lavoro.

Lo scontro tra le Parti,  suddivise in modo compatto tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, sembra essere incentrato su una serie di punti focali: quali saranno i tipi di finanziamenti che rientreranno nel nuovo obiettivo finanziario, quale il valore quantitativo del nuovo obiettivo e quali le modalità di erogazione delle risorse ai Paesi in via di sviluppo? 

Nei loro interventi, i Paesi sviluppati hanno condiviso e sottolineato l’urgenza di definire un obiettivo che permetta di mantenere l’incremento di temperatura al di sotto di 1.5°C. È stato espresso consenso da parte della Nuova Zelanda, Stati Uniti e Russia sulla possibilità di allargare il più possibile le fonti finanziarie che contribuiscono al raggiungimento del nuovo NCQG, aprendo la strada anche a fonti private, pubbliche, domestiche e internazionali. Motivo alla base di questa proposta sembra essere la difficoltà dei Paesi sviluppati di raggiungere il precedente obiettivo finanziario, fissato a 100 miliardi di dollari l’anno . Difficoltà che potrebbe essere ulteriormente esacerbata dal prevedibile aumento dell’obiettivo quantitativo previsto per coprire le crescenti necessità dei Paesi in via di sviluppo (attestate nell’ordine dei 1.000 miliardi di dollari). Ricordiamo, infatti, che gli Stati sviluppati hanno provveduto a mobilitare fondi sufficienti (115,9 miliardi di dollari)  per superare il goal solo nel 2022. In quell’anno, l’80% circa di questi fondi è provenuto da fonti pubbliche, sia attraverso accordi bilaterali che multilaterali, ed è stato erogato prevalentemente (circa il 70%) sotto forma di prestiti (loans)*. 

Gli interventi dei Paesi in via di sviluppo hanno insistito molto sull’urgenza relativa all’azione climatica e sul necessario aumento dell’ambizione finanziaria per raggiungere l’obiettivo dell’1.5°C. Particolare rilevanza è stata data ai considerevoli impatti che i cambiamenti climatici stanno già avendo sull’economia, la popolazione e gli ecosistemi di questi Paesi. Per questo, l’obiettivo finanziario viene ritenuto uno strumento fondamentale, non solo per coprire la necessità di effettuare una transizione giusta, ma anche per adattarsi ai cambiamenti in atto e per affrontare le perdite e i danni che ne derivano. 

Per rispondere ad uno dei punti deboli dello scorso NCQG, è stato proposto di identificare e di includere nel testo negoziale i metodi con cui suddividere i finanziamenti, tenendo in considerazione principi di uguaglianza e specifiche necessità. Inoltre, fondamentale sarà la definizione di metodi che permettano a tutti i Paesi di accedere alle risorse in maniera rapida ed efficiente. Largamente condivisa è l’opinione che i prestiti a tasso di mercato (loans) non dovrebbero rientrare nella definizione di finanza climatica, in quanto causano un aumento del debito delle generazioni future . Le risorse del NCQG dovrebbero, quindi, in larga parte, se non interamente, provenire da fonti pubbliche ed essere elargiti sotto forma di finanziamenti agevolati (concessional grants) senza ulteriori condizionalità. Dalla quasi la totalità degli interventi viene, inoltre, sottolineata l’aspettativa, in linea con l’Articolo 9 dell’Accordo di Parigi, che i Paesi sviluppati assumano un ruolo sempre più chiave nel mobilitare finanziamenti verso i Paesi in via di sviluppo, sulla base delle responsabilità storiche che detengono. 

Gli interventi di Cina e Pakistan, in particolare, si sono contraddistinti per la loro durezza. 

Per la Cina, il mancato raggiungimento degli obiettivi di finanza climatica per molti anni consecutivi dimostra il limitato interesse da parte dei Paesi sviluppati nel portare avanti gli impegni definiti nella Convenzione sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite e nell’Accordo di Parigi. Per rafforzare il messaggio, il delegato cinese ha letto a tutte le Parti il seguente paragrafo dell’Articolo 4.3 della Convenzione: “The developed country Parties and other developed Parties included in Annex II shall provide new and additional financial resources to meet the agreed full costs incurred by developing country Parties in complying with their obligations” (I Paesi sviluppati e altri Paesi sviluppati inclusi nell’Annex II devono fornire risorse finanziarie nuove e aggiuntive per far fronte ai costi totali concordati sostenuti dai Paesi in via di sviluppo per rispettare i loro impegni). È stato, inoltre, sottolineato come questi impegni siano di natura obbligatoria e non volontaria per i Paesi sviluppati, che sono stati quindi invitati ad assumere un ruolo di leadership in questo processo.

Per il Pakistan, le idee attualmente discusse dai Paesi sviluppati alluderebbero alla possibilità che siano gli stessi Paesi in via di sviluppo a dover mobilitare le risorse finanziarie da includere nel NCQG, in completa contraddizione gli obblighi e le responsabilità dei Paesi sviluppati. Le risorse finanziarie dovrebbero, invece, provenire direttamente dal prodotto interno lordo (GDP) e dal prodotto nazionale lordo (GNP) dei Paesi sviluppati. Esse non dovrebbero 

 avere alcun ritorno economico, al contrario di quanto accade attualmente. Il Pakistan ha, infine, anche esposto la possibilità di non partecipare più alla Convenzione e all’Accordo di Parigi se i finanziamenti offerti non saranno resi disponibili nella misura necessaria.

Aspettiamo quindi la prossima iterazione del processo negoziale, che vedrà su una versione dell’input paper rivisto sulla base degli interventi raccolti in questo articolo.

Articolo di Claudia Concaro e Cecilia Consalvo, Volontarie Italian Climate Network

*Fonte:  https://www.oecd.org/climate-change/finance-usd-100-billion-goal/

Immagine di copertina: Flickr

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