PLASMARE IL GLOBAL STOCKTAKE IN UN’OTTICA DI EQUITÀ E UMANITÀ
Uno dei temi centrali delle sessioni dei negoziati intermedi di quest’anno che si sono appena aperti a Bonn, è il Global Stocktake (GST). Nella prima giornata, quindi oltre alla plenaria di apertura, la maggior parte degli eventi si sono concentrati su esso.
Cosa è il Global Stocktake (GTS) e a che punto siamo?
Il GST è il meccanismo di revisione previsto dall’Art. 14 dell’Accordo di Parigi che ha come obiettivo quello di valutare ogni 5 anni i progressi compiuti e quanto ancora c’è da fare per il raggiungimento degli obiettivi ultimi dell’accordo stesso (qui il link al nostro precedente articolo per maggiori approfondimenti).
Per sua natura, il GST include nelle sue analisi tutti gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, nessuno escluso: dalla mitigazione all’adattamento, dalla finanza climatica al Loss & Damage, per menzionarne alcuni. Inoltre, come fa notare lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e i diritti umani, Ian Fry, il processo di GST non può ridursi a mere valutazioni e soluzioni tecniche che rischiano di ignorare il volto umano dei problemi che esso sottende. Il fine ultimo è proteggere il pianeta e le persone. Dunque, i diritti umani e i concetti di equità e giustizia devono farne parte a pieno diritto, così come il tema delle responsabilità storiche dei Paesi industrializzati.
Al momento si sta per chiudere la fase tecnica del primo ciclo di GST che si è focalizzata sulla raccolta e analisi di dati inerenti lo stato attuale di avanzamenti lavori delle politiche climatiche globali. Con COP28 si aprirà, invece, la fase politica di definizione degli obiettivi che dovranno essere raggiunti a livello nazionale e si porranno le basi per stabilire i successivi passi del secondo ciclo di GST. Inoltre, a breve sono attesi i Contributi Determinati Nazionali (NDC – Nationally Determined Contributions) per il periodo 2025-2030 e nel frattempo la finestra di azione per rimanere entro il limite dell’1.5°C si sta chiudendo.
Questo significa che queste sessioni intermedie e la prossima COP28, a fine novembre a Dubai, rappresentano un punto di svolta nel quale è necessario essere ambiziosi. La speranza è che COP28 si concluda con una decisione vincolante per gli Stati sugli obiettivi da raggiungere nel breve termine, con impegni fermi sulla transizione energetica e l’abbandono definitivo delle energie fossili (fossil fuel phase-out).
Diritti umani, equità e giustizia
Tutto questo rispettando i diritti umani e producendo risultati equi a favore di coloro che più subiscono e che meno hanno determinato il cambiamento climatico. In questo senso, già si pone l’attenzione sul rischio che i Paesi sviluppati puntino per lo più su soluzioni solo all’apparenza green come la geo-ingegneria. O ancora che tendono a spostare il focus del processo di GST quasi esclusivamente sulle misure di mitigazione, trascurando sia l’adattamento agli impatti già esistenti, che i mezzi finanziari a sostegno dei Paesi più vulnerabili.
Infine, sia la società civile che lo Special Rapporteur sollevano, già in queste sessioni intermedie, la forte preoccupazione sulla collaborazione della Presidenza emiratina (EAU).
Se la società civile aveva trovato nella Presidenza egiziana un alleato per l’inserimento del fondo sul Loss & Damage tra gli agenda items della COP27, gli EAU non sembrano altrettanto ambiziosi. Un’eventuale mancanza di leadership della Presidenza COP28 andrebbe a detrimento dei risultati attesi sul GST.
In ogni caso si attende l’apertura delle sessioni negoziali vere e proprie per capire come evolverà il dibattito intorno al GST.
Articolo a cura di Erika Moranduzzo e Teresa Giuffrè, volontarie ICN
Immagine di copertina: World Resources Institute