ARTICOLO 6.4, SCONTRO ASPRO VERSO LA DECISIONE FINALE
Il negoziato su come avviare, anche in termini di metodologie e definizioni sulle rimozioni di carbonio, il nuovo meccanismo globale di scambio dei crediti per emissioni istituito dall’art.- 6.4 dell’Accordo di Parigi si sta dimostrando uno dei più “caldi” di questa COP di Dubai. Tre giorni fa vi abbiamo raccontato della sessione, durata oltre 10 ore, che in teoria avrebbe dovuto portare ad una nuova bozza entro metà del giorno successivo (10 dicembre).
La nuova bozza è arrivata solo l’11 dicembre alle 16.30 ed ha immediatamente scatenato un acceso dibattito in sala. Questo tema infatti possiamo ancora seguirlo momento per momento, visto che in questa fase finale della COP questo tema è l’unico che rimane trattato in modo formale, quindi nelle sale negoziali aperte a noi osservatori e non dietro le quinte o nei Ministeriali. Non a caso, infatti, la nuova bozza circolata è stata redatta dai co-facilitatori e non dal Presidente della COP, a differenze di altre bozze che stanno circolando.
Il negoziato, tuttavia, è tutt’altro che semplice o tranquillo. Raramente, in anni di COP, avevamo assistito a interventi così duri da parte di alcune delegazioni. Su tutti quella cinese, cui questa bozza piace così com’è. Come, del resto, piace al gruppo dei Paesi arabi, alla Russia, al Brasile e, per mero “spirito di pragmatismo”, al Regno Unito che non vede l’ora di uscire da questo vero e proprio pantano. Non piace, invece, affatto all’Unione Europea, che si è espressa con toni altrettanto duri (“we can’t accept it”), ai Paesi latinoamericani, ai piccoli Stati insulari e, per motivi diversi, agli Stati Uniti d’America.
Ma cosa è cambiato rispetto alla bozza del 9 dicembre?
Molte opzioni testuali sono state risolte, arrivando ad un testo ora “pulito” che però, soprattutto secondo l’Unione Europea, lascia aperti troppi spazi di interpretazione soprattutto in merito alle definizioni (con riferimento agli assorbimenti, naturali e artificiali, di carbonio accostati tra le soluzioni alle riduzioni delle emissioni vere e proprie) ed alle metodologie, che insieme andranno a formare peraltro i due allegati I e II di questa decisione.
Nel “pulire” il testo, i co-facilitatori hanno eliminato ogni riferimento ai conteggi in tonnellate-anno, andando quindi incontro alle forti richieste della società civile internazionale oltre che a quelle di alcuni Paesi. Hanno eliminato, però, anche riferimenti al nuovo, previsto e ora cancellato,Programma di lavoro che avrebbe dovuto accompagnare i delegati nei prossimi anni verso una migliore comprensione della differenza tra riduzione delle emissioni, assorbimenti ed emissioni “evitate” (emission avoidance).
Importante notare che è rimasto intatto e al suo posto il quarto paragrafo del preambolo della decisione, che ricorda che i Paesi “devono” (bene il linguaggio impositivo) “rispettare, promuovere e tenere in considerazione” i loro obblighi su diritti umani: diritto alla salute, diritti dei Popoli indigeni, comunità locali, migranti, bambini, persone con disabilità e vulnerabili, uguaglianza di genere, empowerment femminile ed equità intergenerazionale. Una lunga lista, assolutamente utile però a creare dei precedenti testuali cui negli anni successivi i Paesi e la società civile potranno appellarsi, se rimarranno nel testo definitivo.
Il Messico, supportato dall’Unione Europea e dal gruppo dei Paesi latinoamericani, ha contestato la nuova formulazione del paragrafo 7, che – nel parlare della necessaria inclusività del processo rispetto alla società civile – conclude con la frase “pur rispettando le prerogative nazionali”, a detta dei tre delegati una chiosa dannosa, che indebolisce quanto detto in precedenza nel testo.
Il successivo paragrafo conteso è il 15, in cui si dice che “progetti, attività e programmi di afforestazione e riforestazione registrati sotto il (vecchio) Clean Development Mechanism potranno transitare nel nuovo meccanismo sotto l’Articolo 6.4”. Alcuni Paesi hanno sottolineato di trasformare in obbligatorio il transito tra i due sistemi e i Paesi latinoamericani si sono detti molto preoccupati di questa giravolta testuale rispetto a decisioni già prese almeno due anni fa a Glasgow. Sempre nel paragrafo 15 si dice, ora con chiarezza, che la richiesta per accreditare, transitare un progetto sotto il nuovo meccanismo dal vecchio CDM dovrà giungere entro il 30 giugno 2024.
Il controverso paragrafo che istituisce un’esenzione per i Paesi meno sviluppati dalla donazione al Fondo per l’adattamento del 5% degli share procedurali nello scambio delle emissioni (ora paragrafo 16, era 13 nella vecchia bozza) rimane intatto nella nuova bozza, segnale che questa è una richiesta forte proveniente proprio da quegli stessi Paesi a un anno dalla decisione di istituire quella donazione – altrimenti non si spiega questo tornare indietro. Da segnalare che l’esenzione rimane in ogni caso volontaria: chi vorrà donare, lo potrà sempre fare.
Dibattito, infine, sui paragrafi 19 e 22, che riprendono vari paragrafi della precedente bozza. In sostanza, il gruppo dei Paesi Like-Minded (che rappresenta il 50% della popolazione mondiale e include la Cina) contesta la “problematicità” della formulazione dei paragrafi, che potrebbero a loro dire portare ad una ridefinizione (a questo punto del negoziato non più accettata) degli assorbimenti di carbonio dall’atmosfera, che siano naturali o artificiali. Il ragionamento ha alla base l’accostamento (improprio) delle azioni di riduzione delle emissioni e di rimozione della CO2 alle emissioni evitate, sulle quali invece non c’è alcuna chiarezza operativa. Il paragrafo 22 è, in effetti, abbastanza vago per una decisione di questo calibro, visto che dice che la COP “richiede” al SBSTA (organo tecnico di supporto) “di continuare nelle sue considerazioni in merito al fatto che le attività sotto l’Articolo 6.4 possano includere emissioni evitate e attività di conservazione della natura”, rimandando poi però il tema addirittura alla prossima revisione delle regole del meccanismo, prevista per la COP del 2028. C’è confusione. Ci chiediamo come i due tipi di azione, le riduzioni e le emissioni evitate, potranno convivere in un comune contesto di necessarie rendicontazioni, conteggi, trasparenza, visto che almeno ad oggi il mondo delle emissioni evitate è più vicino al mondo delle ipotesi speculative che a quello dei conteggi tipici degli inventari delle emissioni.
Infine, Stati Uniti e Corea del Sud hanno chiesto con forza chiarimenti in merito alla nuova formulazione del paragrafo 28, in cui si dice che “in circostanze eccezionali” potranno essere applicate modifiche allo status delle comunicazioni sui crediti dei Paesi sotto il nuovo meccanismo. USA e Corea del Sud chiedono che sia chiarito cosa si intende per circostanze eccezionali e che le stesse siano indicate tenendo conto della volontà nazionale dei Paesi.
Un testo, quindi, abbastanza definitivo, ma con ancora molte questioni procedurali aperte, che la Presidenza proverà a sciogliere nella giornata odierna anche grazie ad un tentativo di mediazione della Nuova Zelanda, sembra ampiamente accettato, che in sala ha anticipato di aver preparato un nuovo testo da diffondere in queste ore tra i delegati.
Articolo a cura della Delegazione ICN a Dubai
Immagine di copertina: ENB