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COP15: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, L’ARRIVO DEI MINISTRI E LA LETTERA ALLA PRESIDENZA

Mancano pochi giorni alla chiusura di COP15 a Montreal, prevista per lunedì 19 dicembre, ma rimane ancora molto lavoro da fare sul testo dell’accordo globale per la tutela della biodiversità per il decennio 2020-2030. Infatti, i Paesi hanno fatto alcuni passi avanti rimuovendo diverse parentesi dal testo, ma non hanno ancora trovato un accordo sui temi chiave del negoziato (li avevamo spiegati qui). 

Il nodo chiave di questo negoziato, come a COP27, è la finanza. Le discussioni si concentrano sul target annuale dei fondi a supporto della biodiversità, (al momento il testo riporta diverse opzioni tra cui 10 miliardi all’anno, 100 miliardi all’anno, 200 miliardi di dollari all’anno o una cifra ancora da definire) e l’istituzione di un Fondo globale per la biodiversità ossia un meccanismo dedicato per la fornitura di risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo. Questo ultimo punto spacca gli schieramenti negoziali: i Paesi in via di sviluppo, infatti, spingono per la creazione del nuovo fondo per la biodiversità, mentre  i Paesi ricchi si oppongono alla creazione di questo fondo (come avevamo spiegato qui).

In particolare, i Paesi in via di sviluppo stanno temporeggiando ad inserire nella bozza di accordo obiettivi ambiziosi di conservazione e tutela della biodiversità, finché non vedranno impegni altrettanto ambiziosi relativi alle risorse finanziare messe a disposizione dai Paesi sviluppati per supportare l’implementazione dei target dell’accordo. 

Le tensioni sono cresciute al punto che martedì sera, in segno di protesta, i Paesi in via di sviluppo hanno lasciato la sala dei negoziati, mentre si discuteva il tema della finanza, facendo aumentare i dubbi e le preoccupazioni  sul fatto che nei prossimi tre giorni si riesca effettivamente a chiudere un accordo..  

Mercoledì è stato pubblicato un non-paper, un testo negoziale non ufficiale, con una bozza dell’accordo ripulita da alcune parentesi, ma che lascia fuori proprio l’obiettivo relativo alla finanza, perché probabilmente non si è ancora raggiunto nessun accordo. 

Ricordiamo, inoltre, che martedì durante una sessione di negoziato, i Paesi sviluppati (tra cui UE, Norvegia, Svizzera) si sono opposti all’inserimento del principio Common but Differentiated Responsibility (CBDR) all’interno del target 8 sulla riduzione degli impatti del cambiamento climatico alla biodiversità. Mentre il blocco dei Paesi in via di sviluppo, in particolare Brasile, Argentina, Bolivia e African Group, hanno fortemente espresso la volontà di inserire il riferimento al principio del CBDR. Soprattutto African Group ha affermato che un target sulla mitigazione del cambiamento climatico che non menzioni il principio CBDR non è accettabile e che se le parentesi non verranno tolte sul CBDR, il Gruppo Africano chiederà la rimozione di tutto il target. Il principio CBDR è uno dei principi cardine dell’Accordo di Parigi e prevede che i Paesi abbiano responsabilità proporzionali al loro livello di sviluppo, anche se i “livelli di sviluppo” a cui si fa riferimento sono fermi al 1992 e quindi la Cina, la seconda economia mondiale e il primo paese emettitore di gas serra, viene considerato un “Paese in via di sviluppo”. 

Per quanto riguarda i sussidi ad attività dannose alla biodiversità, rimangono i disaccordi sul target numerico.Al momento si parla di 500 miliardi all’anno nella bozza, ma il numero è tra parentesi, 

Sono stati però stati eliminati dalla bozza i due riferimenti all’industria agricola e al settore della pesca. Molti paesi hanno chiesto di eliminare il riferimento a queste due industrie, perché ogni paese ha i propri settori più impattanti e ne andrebbero inseriti molti altri come per esempio i combustibili fossili e il settore estrattivo. La Cina però possiede la più grande flotta di pesca a distanza del mondo, con 17.000 pescherecci industriali a strascico,  che si estendono lungo i confini di altri Paesi, portando via grandi quantità di pesce e calamari, ad esempio vicino alle Galápagos. Perciò, quando la parola “pesca” è stata eliminata dall’ultimo documento di lavoro, si può immaginare che dietro ci fosse lo zampino di Pechino. 

Da giovedì 15 dicembre, i Ministri dei Paesi sono a Montreal, da programma fino a sabato 17, con l’obiettivo di sostenere le fasi finali dei negoziati e cercare di garantire un esito positivo di COP15, compresa l’adozione di un efficace quadro globale per la biodiversità post-2020. 

Giovedì mattina (ora canadese) è arrivata a tutti i partecipanti una lettera dal Presidente di COP15 che spiega le ultime fasi del negoziato e informando che che alcuni Ministri sono stati chiamati a facilitare le fasi finali dei negoziati su questioni più critiche tra cui l’obiettivo sulla finanza (goal D e target 19), i sussidi (target 18), e la conservazione del 30% delle aree terrestri e marine entro il 2030 (target 3). 

In una speciale sessione plenaria pomeridiana del 17 dicembre, i Ministri e i capi delle delegazioni faranno il punto sullo stato di avanzamento dei negoziati sulla base delle presentazioni dei principali gruppi di lavoro. Il presidente di COP15 promette che tutte le decisioni verranno prese entro lunedì 19 come previsto da programma. Vediamo se i ministri  riusciranno a smuovere il processo negoziale in questi ultimi giorni di COP15 e se la fine del negoziato sarà veramente lunedì 19 dicembre.  

Articolo a cura di Margherita Barbieri, volontaria sezione Clima e Advocacy

Foto di copertina: fonte Globalnews.ca

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