COP29, INIZIA LA SETTIMANA DECISIVA
Al via la seconda settimana di COP29: un aggiornamento su tutte le questioni chiave
Oggi a Baku, in Azerbaigian, si apre la seconda settimana di COP29, quella decisiva. I negoziati si fanno ora più politici, come sempre nelle COP, perché dopo sei giorni di lavoro sotto la guida dei corpi tecnici di supporto dell’UNFCCC (SBI e SBSTA) da oggi le delegazioni negoziano come COP, sotto la guida della Presidenza stessa. In queste ore le delegazioni stanno preparando al negoziato i propri Ministri, perché sui temi più spinosi serviranno interventi, appunto, politici.
Ma a che punto siamo?
La plenaria conclusiva SBI e SBSTA della prima settimana è terminata sabato sera un po’ più tardi della mezzanotte locale, con risultati a nostro avviso deludenti.
In questo senso non vogliamo esprimere qui un’opinione solo o troppo politicizzata nella lettura di questa COP (opinione pur presente, come sapete, su alcuni temi chiave), ma è evidente a chiunque che una plenaria tecnica che rimanda all’anno successivo temi cruciali e alla settimana successiva gli altri – accompagnati però da testi caotici, incomprensibili oppure proprio senza alcun testo di accompagnamento – indica che non siamo in una buona COP. Ma andiamo per ordine e vediamo da dove partiranno i lavori, questa settimana, sui temi principali del negoziato.
NCQG – Nuovo obiettivo finanziario globale
Tutto ancora da decidere, se ne parla nella seconda settimana.
È questo il tema principale della COP29. Nella giornata di sabato è circolata una nuova bozza negoziale, che era in tutto e per tutto identica alla precedente, salvo per tre piccole correzioni. In assenza di consenso tra le parti su come limare ulteriormente il testo, il tema è passato al negoziato della seconda settimana.
I Paesi in via di sviluppo, guidati negozialmente dalla Cina nel gruppo G77+Cina, continuano a chiedere un obiettivo annuale tra 1 e 1,3 mila miliardi di dollari in finanza mobilitata fuori dalle mura domestiche a sostegno dei Paesi più vulnerabili, possibilmente in forma di erogazioni e non di prestiti.
Stati Uniti, Unione Europea e altri Paesi occidentali hanno continuato a chiedere un allargamento della base dei contribuenti che possa includere i Paesi formalmente in via di sviluppo ma con grande capacità finanziaria e più climalteranti, oltre a quelli europei e membri OCSE.
Posizioni cristallizzate rispetto a una settimana fa, insomma.
Per capirne di più, consigliamo di rileggere l’approfondimento del 13 novembre della nostra delegata Claudia Concaro e, a seguire, quello redatto sabato appena uscita la penultima bozza.
Questo negoziato sul nuovo obiettivo finanziario è senza dubbio l’oggetto negoziale trasversale di questa COP: ogni movimento in questa sala (in avanti, indietro) provocherà movimenti nelle altre, secondo un complesso sistema di intrecci di interessi a cavallo tra i vari paragrafi dell’Accordo di Parigi
Segnaliamo che un sotto-tema negoziale sotto il più ampio ombrello della finanza non ha passato il taglio della prima settimana. Dopo una settimana di discussioni, infatti, i chair dei due corpi tecnici SBI e SBSTA hanno deciso di applicare la Regola 16 rimandando al 2025 ogni decisione in merito al ruolo della Standing Committee on Finance, spesso citata nei nostri articoli per le sue analisi dei bisogni finanziari dei Paesi vulnerabili.
Mitigazione, tramite Mitigation Work Programme
Tema ucciso a COP29, nella notte di sabato – Rimandato agli intermedi 2025 (…?)
Con massima frustrazione da parte delle delegazioni di Unione europea, Regno Unito, Stati Uniti e altre nazioni, i chair dei due corpi tecnici SBI e SBSTA hanno preso atto della totale mancanza di consenso tra i Paesi su come procedere nel negoziato su questo punto e deciso, non senza scatenare forti polemiche in sala, di applicare la Regola 16.
In ambito UNFCCC, la Regola 16 rimanda il tema al negoziato successivo (quindi ai negoziati intermedi di Bonn, giugno 2025), per l’assenza di consenso in sala. Numerose delegazioni hanno preso la parola nella lunga serata di sabato per supportare la proposta del Regno Unito di approvare quantomeno un micro-testo per prendere atto dell’assenza di accordo nella prima settimana per inoltrare il tutto ai Ministri nella seconda, ma la fortissima opposizione di India, Colombia, Arabia Saudita e Gruppo Africano ha di fatto ucciso il negoziato.
Questo filone negoziale, il cosiddetto Mitigation Work Programme, rimaneva l’unico a trattare il tema cruciale della riduzione delle emissioni in vista della pubblicazione dei nuovi piani clima nazionali (NDC) nella primavera del prossimo anno, come abbiamo spiegato in questo aggiornamento di qualche giorno fa. Avevamo intitolato quel pezzo “Il programma sulla mitigazione potrebbe morire a Baku”, e da sabato sera il programma sulla mitigazione è ufficialmente morto, sacrificato sull’altare dell’assenza di progresso sul tavolo finanza. Questo rappresenta il primo grande risultato negativo di questa COP.
…Rimane tuttavia uno spiraglio per il proseguimento di questo specifico negoziato, e per questo abbiamo messo quel punto interrogativo tra parentesi all’inizio del paragrafo. Essendo il lavoro sul Mitigation Work Programme anche un punto all’ordine del giorno della CMA, ossia della COP per i Paesi che hanno ratificato l’Accordo di Parigi, la Presidenza potrebbe di sua iniziativa riaprire il negoziato, altrimenti rimandato, come detto, sotto le agende SBI e SBSTA.
Articolo 6 (cooperazione bilaterale sotto 6.2, PACM ex 6.4, approcci non di mercato)
Alla seconda settimana, con polemica su 6.2 e la questione dei registri.
Il negoziato sui tre filoni derivanti dall’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi è proseguito, in particolare sulle metodologie per la cooperazione bilaterale sotto 6.2. Ricordiamo infatti che la maggior parte delle decisioni auspicate in questa COP sotto l’Articolo 6 erano attese sotto il filone 6.4 per rendere operativo il Paris Agreement Crediting Mechanism a nove anni dalla sua ideazione, e la maggior parte di quelle decisioni sono arrivate – in maniera abbastanza inusuale – nella giornata di lunedì scorso.
Tutti e tre i filoni negoziali proseguiranno nella seconda settimana di COP29, con particolare attenzione a quello sul 6.2, dove i toni sembrano essersi scaldati tra giovedì e venerdì. Torna infatti a galla l’antica divisione, quasi filosofica se vogliamo, tra le posizioni degli Stati Uniti e dell’Unione Europea in merito alla creazione di un unico registro centrale sotto l’ONU per tutte le transazioni bilaterali tra i Paesi. Gli Stati Uniti vorrebbero meno centralizzazione, l’Unione Europea ne vorrebbe molta di più. Questo divario contribuì al collasso del negoziato a Dubai.
Non ultimo, in sala si discute anche della natura degli ITMO, ossia dei crediti per emissioni sotto il sistema di Parigi: alcuni Paesi li considerano crediti, similmente a quelli in vendita nel mercato volontario; altri, no. Questo ha conseguenze legali non banali nei singoli sistemi nazionali. Il clima appare invece molto più sereno nel negoziato 6.8 sugli approcci non di mercato (probabilmente perché a oggi nel settore girano molti, molti meno soldi rispetto a 6.2 e 6.4), e si è già giunti a una prima bozza di decisione finale.
Dialogo su come implementare il Global Stocktake
Alla seconda settimana di COP29, troviamo in prima fila Unione Europea e Stati insulari.
Il dialogo su come implementare la decisione finale di COP28 dello scorso anno ha preso la scena qui a COP29, forse anche inaspettatamente, per l’irrigidimento di alcune posizioni – ce ne ha parlato in settimana la nostra Capa Delegazione Anna Pelicci in questo articolo. In sintesi, il dialogo dovrebbe elaborare un minimo piano di lavoro per i prossimi anni, per continuare a progredire su tutte le parti della decisione sul Global Stocktake, partendo dalle considerazioni generali – siamo fuori strada per rimanere nei limiti dell’Accordo di Parigi – fino a quelle specifiche per settore. Nel corso della prima settimana l’Unione Europea, molto attiva su questo tavolo, ha più volte lamentato delusione per l’approccio non olistico di molte delegazioni al lavoro, che sembra orientato solo dalla priorità di quest’anno sulla finanza climatica. Il gruppo AOSIS, che raggruppa gli Stati insulari, punta molto su una decisione ambiziosa sotto questo filone di lavoro, soprattutto ora che la COP ha eliminato il parallelo programma di lavoro sulla mitigazione.
Adattamento, Global Goal e piani nazionali
Tre testi su quattro inviati ai Ministri per la seconda settimana, brivido sui NAP.
Quasi tutti i tavoli di lavoro sull’adattamento sono stati in grado di produrre almeno delle bozze minime di testo, sufficienti per essere inviati ai Ministri e alla COP per miglior valutazione nella seconda settimana di negoziato. Parliamo nello specifico di testi sul Global Goal on Adaptation, sulla valutazione del report dell’Adaptation Committee e sui Piani Nazionali di Adattamento (NAP).
Su questi ultimi la quadra è stata trovata solo all’ultimo minuto prima della plenaria di sabato, con la Presidenza già pronta a rinviare anche questo tema all’anno prossimo. Non ha invece passato il taglio della prima settimana il lavoro sulla revisione dell’Adaptation Committee, rinviato al 2025, con grande delusione dell’Unione Europea che in plenaria ha sottolineato come questo sia successo di nuovo “per il quarto anno consecutivo”. Nei giorni scorsi la nostra delegata Francesca Casale aveva seguito tutti i tavoli, trovate un approfondimento su cosa è stato negoziato a questo link.
Perdite e danni
Revisione del Meccanismo di Varsavia rimandata di un anno.
Quest’anno alla COP la discussione su Perdite e Danni verte su come e se includere i finanziamenti diretti al nuovo Fondo nell’NCQG. Tuttavia, mentre i contributi di nuovi Paesi portavano il Fondo a superare i 720 milioni di dollari, sono proseguiti due negoziati tecnici sulla revisione, prevista nel 2024, del Meccanismo di Varsavia (WIM) e sul report annuale del Comitato Esecutivo del Network di Santiago.
Purtroppo, constatata l’assenza di consenso nelle due sale, i Chair di SBI e SBSTA hanno dovuto applicare anche in questo caso la Regola 16 rimandando i due temi (inclusa la revisione, dovuta per il 2024) a giugno 2025.
Programma di lavoro sulla Giusta Transizione
Niente testo, ma si va alla seconda settimana.
Dopo una settimana di lavoro abbastanza inconcludente, i due corpi tecnici SBI e SBSTA hanno deciso di rinviare il tema interamente alla seconda settimana sotto la Presidenza della COP, in assenza di un testo negoziale condiviso.
Buona parte della polemica emersa nella prima settimana derivava da posizioni arroccate, come quella della Federazione Russa, che avrebbero voluto nel testo un riferimento al diritto di determinare a livello nazionale i propri piani emissivi e di giusta transizione, senza troppe ingerenze esterne; l’Arabia Saudita ha invece rallentato i lavori ricordando in più occasioni la mancanza di impegno sulla mitigazione da parte dei Paesi occidentali. Non sono mancate anche polemiche in merito alla tutela dei diritti umani e discussioni di sostanza sulla creazione e tutela dei posti di lavoro nella transizione, ma in ogni caso si va, appunto, alla seconda settimana.
Politiche di genere
Polemiche sul testo tra Iran, EU, Youngo e WGC ma si va alla seconda settimana
Si continuerà a negoziare, infine, anche sulla bozza di decisione in corso di costruzione sul tema delle Politiche di Genere, che in settimana ha fatto molto discutere perché nel testo era stato posto tra parentesi – come fosse un tema superabile, laterale – un riferimento alla necessità di prevenire la violenza di genere nello sviluppo di ogni politica per il clima. L’Iran ha più volte sottolineato che la bozza nella sua interezza rischia di cozzare con l’ordinamento giuridico interno al Paese; l’Unione Europea, il Messico, il Brasile e l’Australia hanno voluto sottolineare che su certi temi il linguaggio in COP può solo progredire e non certo tornare indietro. Una parte significativa della società civile – in particolare le constituency dei giovani e del mondo dell’attivismo femminista – ha espresso preoccupazione sulla bozza di testo.
Il negoziato proseguirà comunque nella seconda settimana.
Articolo a cura della delegazione di Italian Climate Network alla COP29 di Baku.
Immagine di copertina: foto di UN Climate Change – Kiara Worth
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