09
Nov

DIALOGO MINISTERIALE PER IL NUOVO OBIETTIVO DI FINANZA CLIMATICA POST-2025: IL TEMPO È SCADUTO

I Paesi sviluppati non hanno ancora mantenuto la promessa di stanziare 100 miliardi di dollari ogni anno entro il 2020, come sostegno ai Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, nel 2022 le Parti hanno già iniziato a discutere del prossimo obiettivo globale di finanza climatica per il periodo post-2025.

Come previsto dall’Accordo di Parigi, la Presidenza di COP27 ha convocato un dialogo ministeriale per fornire delle linee guida politiche che i successivi negoziati tecnici dovranno seguire.

La sessione si è aperta con un intervento del nuovo Segretario Esecutivo della Convenzione ONU sul Clima, Simon Stiell, che ha sottolineato l’importanza di non ripetere gli errori del passato. Il precedente obiettivo di finanza climatica, stabilito nel 2009 alla COP15 di Copenaghen, presentava infatti diverse carenze oggettive. Per iniziare, l’arbitrarietà della cifra di 100 miliardi, proposta dall’allora premier britannico Gordon Brown senza alcuna analisi dei bisogni dei Paesi in via di sviluppo. Inoltre, il ritardo nello stanziare anche questa somma è ormai eclatante, con uno slittamento dal 2020 a – forse – il 2023. Pertanto serve che il nuovo obiettivo rifletta i bisogni reali dei Paesi che necessitano di sostegno, e che le scadenze vengano effettivamente rispettate.

Come ha ricordato Stiell, fissare un nuovo obiettivo di finanza climatica adeguato rappresenta un’opportunità per ripristinare la fiducia che i Paesi in via di sviluppo hanno ormai perso nei confronti delle promesse dei Paesi più ricchi – nonché dell’intero processo negoziale. 

Nel corso del 2022, le Parti hanno presentato le loro aspettative sul nuovo obiettivo, risultate unanimi sui seguenti punti: dovrà includere obiettivi quantitativi e qualitativi (oltre alla somma da stanziare, è importante anche dare la priorità a un certo tipo di finanziamenti, e nello specifico asovvenzioni rispetto a prestiti); dovrà basarsi su una serie di princìpi quali l’accessibilità, l’inclusività e la tutela dei diritti umanidovrà riflettere una prospettiva a lungo termine e lanciare chiari segnali a tutti gli attori della finanza globale.

L’inviato speciale degli Stati Uniti per il clima, John Kerry, è intervenuto ammettendo che gli sforzi compiuti dai Paesi sviluppati fino a questo momento non sono stati per nulla sufficienti, e che è necessario collaborare per garantire un nuovo obiettivo più ambizioso: “parliamo di bilioni, non miliardi”. Condizione imprescindibile per riuscire nell’impresa è coinvolgere i finanziamenti dei privati, ma per farlo è necessario che gli investimenti siano attraenti, con garanzie che li rendano meno rischiosi per gli investitori.

Tuttavia, Kerry ha precisato che per un paese come gli Stati Uniti ci sono delle difficoltà per stanziare i finanziamenti necessari, tra cui convincere il Congresso a impegnare fondi pubblici. Questo è suonato forse come un tentativo di giustificare gli scarsi progressi dei Paesi ricchi sul tema della finanza climatica.

Quasi in risposta all’intervento degli USA, sia la Cina che l’India hanno ricordato che il nuovo obiettivo non può prescindere dal principio delle “responsabilità comuni ma differenziate basate sulle rispettive capacità”. Ovvero, sono i Paesi storicamente più responsabili delle emissioni a dover pagare.

Questo primo dialogo ha messo in evidenza i soliti contrasti tra le varie posizioni, e ciò lascia pensare che la strada per raggiungere un accordo sarà lunga: peraltro, il processo prevede che si negozi su questo punto dal 2022 al 2024.

Sebbene siano comprensibili queste divisioni, così come i limiti di manovra per negoziare dettati dal contesto politico nazionale, i Paesi più vulnerabili non possono più attendere. Emblematico, in questo senso, l’intervento del Ministro per il cambiamento climatico del Pakistan, Sherry Rehman, che chiede progressi molto più rapidi nei negoziati. Come ci ha ricordato il disastro ambientale che ha colpito proprio il Pakistan il mese scorso, quando si raggiungerà finalmente l’accordo sul nuovo obiettivo di finanza globale potrebbe essere troppo tardi

Dopo queste ultime parole del Ministro, il timer ha segnalato che il tempo a disposizione per l’intervento era terminato. Nel vedere il messaggio “Time’s up!” (Il tempo è scaduto) sullo schermo, Rehman ha affermato: “Sì, il tempo è scaduto per tutto.”

Articolo a cura di teresa Giuffrè, volontaria sezione Clima e Advocacy

Foto di copertina: da Teresa Giuffrè

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