L’URGENZA DI PARLARE DI LOSS&DAMAGE
A poco più di sei mesi dalla chiusura di COP26, i governi del mondo si preparano a tornare nell’arena globale del clima per i negoziati intermedi del 2022, che prepareranno la COP27 di Sharm El Sheikh prevista per novembre 2022. Gli intermedi si terranno come ogni anno a Bonn, in Germania, dove ha sede il Segretariato ONU che organizza i lavori della Convenzione Quadro sul clima, la UNFCCC. Si svolgeranno in presenza dal 6 al 16 giugno e vedranno un ritorno in presenza di negoziatori e osservatori, dopo il mezzo flop dei negoziati intermedi online del 2021. Ma quale sarà il punto di ri-partenza?
L’ultima sessione plenaria di COP26 a Glasgow si chiuse con l’adozione del “Glasgow Climate Pact”, un documento-ombrello che nelle intenzioni della presidenza britannica della COP avrebbe dovuto suggellare la chiusura di una COP concreta nei risultati e ambiziosa nella visione. Abbiamo avuto modo di analizzare ampiamente l’esito di quella conferenza sul clima, commentando il modo in cui i principali media occidentali avevano trasformato il colpo di coda indiano sul carbone in una storia un po’ distorta, omettendo il fatto – tra gli altri degni di nota – che neanche a Glasgow il gruppo dei Paesi storicamente responsabili per i cambiamenti climatici fossero riusciti a centrare l’obiettivo di mobilizzare i 100 miliardi di dollari all’anno in finanza climatica promessi ogni anno alle COP ormai dal lontano 2009. Allo stesso tempo, nonostante importantissimi passi avanti sui temi della trasparenza, della reportistica e nella sottoscrizione di accordi multilaterali a geometrie variabili su metano, petrolio e gas, da COP26 non è uscito niente di concreto sullo spinoso, ma urgente tema del “loss&damage”, ossia, tradotto in soldoni, delle perdite, dei danni e delle riparazioni.
Quello delle perdite e delle riparazioni è probabilmente il più complesso tra i temi negoziali, in quanto – similmente allo sviluppo di reportistiche comuni e metodologie di trasparenza – presuppone una genuina volontà da parte di tutti gli stati a collaborare, anche finanziariamente, al nuovo sistema solidale di governance globale che fa perno sul filone di lavoro sui cambiamenti climatici andando però a toccare, per principio di spill-over, tutti gli altri settori dell’attività umana. Storicamente si è parlato di perdite e riparazioni a seguito di conflitti tra Stati, con un vincitore (o una coalizione vincente) che quantifica economicamente le perdite delle varie parti in conflitto e determina riparazioni di guerra, ossia trasferimenti monetari o in beni equivalenti a quanto si è stimato di aver perduto nel corso del conflitto. Immaginare di applicare questo principio alle perdite dovute agli eventi estremi legati al cambiamento climatico può non apparire del tutto inusitato osservando dati e studi ormai comprovati sulle responsabilità storiche ed emissive di alcuni Paesi (in sintesi, dell’Occidente) rispetto ai disastri che oggi affliggono i più vulnerabili.
Già quantificare perdite e dovute riparazioni può apparire, ancora oggi e dopo trent’anni di dibattito, un compito troppo arduo per giungere a condivise soluzioni politiche, da trasformare a loro volta in azioni e programmi. Lo stesso termine “riparazioni” non figura mai nei documenti negoziali, rimandando piuttosto al più vago concetto di finanza climatica. Dalla definizione delle policy agli effettivi trasferimenti troviamo poi un altro passo, lungo e, tutto da compiere,. Mma necessario. Come società civile non possiamo non impegnarci, nelle nostre attività, affinché le vecchie promesse (i 100 miliardi di dollari all’anno in finanza climatica) vengano finalmente mantenute e nuovi e urgenti temi possano affacciarsi all’agenda dei lavori, in fin dei conti è una vera e propria questione di giustizia globale.
A Glasgow, nonostante gli entusiasmi e le speranze di molti, sul tema dei danni e delle riparazioni si è riusciti solamente a lanciare dei “dialoghi”, ossia dei momenti di incontro per approfondire la questione in un setting informale seppur sotto egida ONU, comunque senza immediato effetto sui trattati vigenti. Questi dialoghi rientrano nel nuovo filone dei “Glasgow Climate Dialogues”, la cui prima edizione andrà in scena proprio a Bonn nel corso degli intermedi, dal 7 all’11 giugno 2022. Come ogni anno Italian Climate Network sarà presente a Bonn con un proprio gruppo di osservatori dei lavori, con particolare attenzione quest’anno proprio al dialogo su perdite e riparazioni oltre che alle discussioni sul budget del Segretariato, che spesso anticipano il livello di concretezza della successiva COP. Inoltre, ICN in collaborazione con United Kingdom Youth Climate Coalition (Regno Unito) e Green Impact International (Ghana) realizzerà un proprio evento all’interno dei negoziati, previsto per l’11 giugno 2022 dalle 15.00 alle 16.30, durante il quale riprenderà le fila insieme ad altre organizzazioni giovanili per il clima verso COP27 e presentarà alla platea di negoziatori e osservatori le più recenti iniziative dal basso europee ed africane verso COP27.
Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor e UNFCCC Contact Point Italian Climate Network