perdite e danni bonn 2024
08
Giu

GLASGOW DIALOGUE SU PERDITE E DANNI: OBIETTIVO RAFFORZARE COERENZA E COORDINAMENTO

  • I finanziamenti per le perdite e i danni climatici sono lenti e inadeguati: i Paesi più vulnerabili chiedono più soldi e accesso diretto ai fondi
  • Serve un impegno concreto e il sistema attuale necessita di miglioramenti
  • Nuovo obiettivo di finanza climatica per perdite e danni: le risorse attuali non bastano, potrebbero servire 1700 miliardi di dollari annui entro il 2050

A COP26 fu istituito un nuovo tavolo negoziale, il Glasgow Dialogue sulle perdite e i danni, di fatto un forum volto a discutere i finanziamenti per le attività volte a prevenire, ridurre e affrontare gli impatti dei Paesi più vulnerabili colpiti dal cambiamento climatico. Quest’anno si è tenuta la sua terza edizione presso la sede UNFCCC a Bonn, in Germania. I primi due dialoghi erano andati in scena ai negoziati intermedi del 2022 e del 2023 (ed erano stati importanti, politicamente: maggiori dettagli in questo articolo).

Il GD3 (Glasgow Dialogue 3), ai negoziati intermedi di quest’anno, si è concentrato sul rafforzamento della coerenza e del coordinamento tra le diverse entità che si occupano di perdite e danni (loss & damage), nonché sul ruolo dei meccanismi di finanziamento in questo contesto. È stata, inoltre, un’opportunità per discutere i progressi compiuti e formulare ulteriori raccomandazioni per ampliare o migliorare i meccanismi di finanziamento esistenti e avviarne di nuovi. 

Similmente alle precedenti edizioni, le discussioni del GD3 si sono svolte in sessioni plenarie e in gruppi di lavoro, per massimizzare le opportunità di partecipazione e facilitare discussioni mirate in modo aperto e inclusivo. I temi sono incentrati su domande guida preparate dal Presidente dell’SBI con il contributo del WIM ExCom e del Santiago Network

  • Quali esperienze hanno maturato i Paesi per migliorare la coerenza e il coordinamento delle attività relative a perdite e danni? Quali sono gli insegnamenti tratti da queste esperienze? Quale tipo di supporto tecnico e di rafforzamento delle capacità potrebbe aiutare a costruire coerenza e coordinamento a livello nazionale?
  • Quale assistenza tecnica è necessaria per sostenere lo sviluppo di approcci programmatici per rispondere a danni e perdite e per accedere al Fondo operativo istituito dalle Decisioni 1/CP.28 e 5/CMA? In che modo è possibile rendere disponibili i finanziamenti per i danni e le perdite in modo da raggiungere coloro che si trovano in prima linea rispetto agli impatti del cambiamento climatico?

Il dibattito ha messo in luce le sfide affrontate dalle nazioni insulari e dai Paesi in via di sviluppo per le perdite e i danni subiti a causa della crisi climatica. Alcuni di questi sono catastrofici ed estremi (inondazioni, cicloni), mentre altri sono il risultato di processi lenti che stanno procedendo inesorabilmente (desertificazione, aumento della temperatura, fusione dei ghiacciai, innalzamento del livello del mare). A questo riguardo, durante il confronto i delegati delle Maldive hanno sottolineato il grave impatto che lo  sbiancamento dei coralli ha sul turismo e sulla pesca, settori di sostentamento del Paese. Vanuatu ha evidenziato la propria proattività presentando quattro esempi concreti: aggiornamento degli NDC, definizione di un target per le perdite e i danni, richiesta di supporto specifico alla Santiago Network e progetti pilota già pronti per l’utilizzo del fondo dedicato.

Anche le Isole Fiji hanno sottolineato la necessità di rilocazione delle comunità colpite dall’innalzamento del livello del mare e dall’aumento della frequenza e intensità dei cicloni tropicali. I Paesi Meno Sviluppati (LDCs) hanno evidenziato la mancanza di strumenti adeguati e dati per affrontare efficacemente le perdite e i danni. L’Unione Europea ha sottolineato l’importanza di enti nazionali dedicati a questi temi, come nel caso di Vanuatu, e ha portato come esempio il proprio intervento a seguito di incendi boschivi estremi nel territorio europeo, per i quali ha lavorato a stretto contatto con gli enti nazionali di competenza aiutandoli e finanziando la ricostruzione delle foreste colpite.

Palau ha criticato la lentezza delle azioni e la mancanza di risultati concreti, nonostante la creazione di nuovi organi come il  Santiago Network. Ha, inoltre, evidenziato i molteplici problemi legati alla rilocazione delle comunità, che non riguardano solo aspetti economici e politici, ma anche sociali e sanitari.

Altre nazioni, come Nuova Zelanda, Senegal, Australia e Indonesia, hanno fornito aggiornamenti sulle proprie azioni e sottolineato la necessità di ulteriori finanziamenti. Infine, alcune organizzazioni non governative hanno sottolineato l’importanza di coinvolgere le comunità colpite nei processi decisionali, in particolare per quanto riguarda i trasferimenti di popolazione.

Il GD3 ha messo in luce le molteplici sfide legate al coordinamento dei meccanismi di finanziamento per perdite e danni. È necessario un impegno concreto da parte di tutte le parti per garantire che i finanziamenti siano accessibili e tempestivi per i Paesi e le comunità più colpiti. 

È condivisa dalle Parti la visione che la combinazione di Santiago Network, Fondo per Loss & Damage e WIM EXCom rappresenti la giusta cornice per affrontare il tema. Nonostante questo, alcuni elementi potrebbero richiedere una revisione. 

I Paesi in via di sviluppo, in particolare, denunciano come le risorse attuali destinate al L&D siano poche, suddivise in molteplici fondi e difficili da ottenere. Le tempistiche che intercorrono tra la richiesta a carico degli Stati e l’effettiva erogazione dei finanziamenti sono di circa nove mesi per i fondi già operativi (escluso quindi il nuovo Fondo Perdite e Danni in costruzione sotto la Banca Mondiale). Tempi così lunghi mettono seriamente in difficoltà gli Stati più vulnerabili e soggetti ormai annualmente ad eventi climatici estremi. Per questo, viene richiesto che l’accesso ai finanziamenti sia reso più semplice, coordinato, rapido e diretto alle popolazioni colpite

Per quanto riguarda le risorse, come abbiamo ricordato in questo articolo, ad oggi i contributi al Fondo Perdite e Danni annunciati sono un totale di circa 700 milioni di dollari. Questi flussi – non ancora né mobilitati né arrivati ai Paesi in via di sviluppo –  risultano comunque già ora molto inferiori alle reali necessità. Considerando solamente il 2022, infatti, le perdite e i danni relativi ad eventi climatici e meteorologici nei Paesi in via di sviluppo (tra cui siccità, cicloni, inondazioni e incendi) sono attestate intorno ai 110 miliardi di dollari. 150 volte di più di quanto attualmente presente nel fondo. Questa cifra, inoltre, non tiene in considerazione eventi climatici di più piccola scala e impatti a lungo termine (come la desertificazione) e non economici. Si può, quindi, immaginare come l’impatto reale sia ancora più ampio di quanto attualmente valutato. Si prevede, inoltre, il suo aumento in futuro, arrivando a toccare i 1.100 miliardi di dollari annui in perdite e danni nel 2030 e i 1.700 nel 2050

Per rispondere a queste crescenti necessità la richiesta dei Paesi in via di sviluppo è duplice. Da una parte,aumentare considerevolmente le risorse e renderle adeguate alle reali perdite e danni affrontati ed, allo stesso tempo, erogare risorse che siano nuove, addizionali, prevedibili e sotto la forma di grants (sovvenzioni) e non di loans (prestiti).

Viene, inoltre, chiesto da numerosi stati che il nuovo obiettivo di finanza climatica (il New Collective Quantified Goal, di cui abbiamo parlato qui) includa risorse per perdite e danni. L’Articolo 9 dell’Accordo di Parigi, infatti, descrive gli obblighi in termini di finanza climatica dei Paesi sviluppati verso quelli in via di sviluppo solamente in termini di mitigazione e l’adattamento, non facendo accenni al nuovo tema. Nonostante questo, una lettura estensiva portata avanti dal Messico vorrebbe andare nella direzione della rimozione di barriere legali alla sua introduzione, soprattutto in considerazione della centralità che il tema delle perdite e danni ha raggiunto negli ultimi anni. Se lo vedremo presente nel nuovo obiettivo finanziario dipenderà, quindi, solamente dal processo negoziale portato avanti qui a Bonn e soprattutto a Baku a fine anno. 

Articolo di Anna Pelicci e Claudia Concaro, volontarie di Italian Climate Network

Immagine di copertina: foto di Anna Pelicci

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