COP26: AGGIORNAMENTI SULLA GIUSTA TRANSIZIONE
Il 4 novembre, durante la COP26, quindici stati Parte e l’Unione Europea hanno firmato una dichiarazione a supporto della Giusta Transizione, ovvero quell’insieme di processi e pratiche che dovrebbero prevenire nuove forme di povertà e disuguaglianza durante il passaggio dalle fonti di energia fossile alle rinnovabili. L’obiettivo dovrebbe essere quello di supportare una crescita economica verde, basata su sistemi di produzione sostenibili e circolari e posti di lavoro dignitosi. Questa dovrebbe essere la base per la decarbonizzazione delle società di tutto il mondo, in linea con la limitazione dell’aumento della temperatura media globale a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali.
La dichiarazione richiama i principi presenti nel preambolo dell’Accordo di Parigi, riflettendo gli stretti legami tra azione per il clima, sviluppo sostenibile e giusta transizione. “Purtroppo non c’è niente di nuovo, la dichiarazione non aggiunge ulteriori impegni rispetto alle scarse menzioni presenti nei testi negoziali discussi fino ad ora” dichiara Colin Potter, Research Officer per il l’unione sindacale Unite the Union, e rappresentante di TUNGO (Trade Union Non-Government Organisations), gruppo di interesse della società civile all’UNFCCC dedicato ai Sindacati. “Inoltre essendo una dichiarazione – continua – non ha nessuna valenza per gli stati Parte dell’accordo, lasciandone l’applicazione solo alla loro volontà politica senza che ci sia nessuna forma di controllo sul loro operato”.
Durante la pre-COP la Parti avrebbero dovuto stilare un documento dedicato alla Giusta Transizione, per assicurarsi che questo importante principio trovasse posto tra gli impegni vincolanti dell’Accordo. Potter sostiene invece che le Parti, nonostante le settimane a disposizione dalla pre-COP a Glasgow, abbiano riferito di non avere avuto sufficiente tempo per poter entrare nel merito della questione.
TUNGO ed altre organizzazioni a suo sostegno, hanno segnalato l’inefficienza dei lavori svolti dalle Parti sottolineando la gravità della mancata produzione di un documento dedicato da presentare al Comitato di Katovice, l’organo incaricato di gestire l’attuazione delle misure di adattamento previste dall’Accordo di Parigi.
“Ci siamo ritrovati in difficoltà. Senza un testo dedicato non avevamo modo di poter includere la Giusta Transizione tra le misure di adattamento. Abbiamo quindi cominciato a lavorare per l’inserimento di una menzione alla Giusta Transizione all’interno dell’art 6 dedicato ai Mercati del Carbonio, l’unico testo ancora oggetto di negoziati” – ci rivela Potter – “è stata una scelta strategica, la Giusta Transizione essendo una misura di adattamento, non avrebbe sede naturale all’interno l’art6, ma abbiamo deciso di “nasconderla” per evitare che venisse discussa e rimossa completamente nella speranza di poter avere un appiglio per poter sviluppare successivamente un documento dedicato”.
La strategia di TUNGO ha portato all’inclusione della giusta transizione in una breve lista di principi slegati tra di loro all’interno dell’art 6.8. Quello che però potrebbe sembrare un risultato positivo, è di fatto una misura palliativa per una situazione problematica. Le parti avendo il principio inserito nei testi saranno “costrette” ad affrontarne la sua messa in atto, ma essendo menzionato solo genericamente le parti potranno rimandare il problema richiedendo ulteriori evidenze su come implementarlo.
“L’evidente contraddizione è che ci sono già moltissimi studi ed evidenze su innumerevoli strategie a sostegno delle Giusta Transizione, ma il messaggio che abbiamo già ricevuto in passato è che le Parti non le considerano abbastanza – conclude Colin Potter – Questa è chiaramente una mossa politica per rinviare quello che viene considerato come un problema. In TUNGO abbiamo elaborato una bozza di testo con sufficienti dettagli da rendere operativo questo principio senza possibilità per le Parti di aggirarlo, ma finchè non sarà inserito in questa forma in una qualsiasi parte del Paris Rule Book, la Giusta Transizione avrà una posizione debolissima tra le misure di adattamento, con ricadute negative per i lavoratori e le comunità di cui fanno parte”.
Articolo di Chiara Soletti, Policy Advisor e Coordinatrice Clima e Diritti Umani