18
Nov

Fuori dagli schemi: un cambio di paradigma per la finanza climatica

di Francesca Insabato

Negli ultimi giorni è stato lungamente discusso il ruolo delle istituzioni finanziarie nazionali ed internazionali nell’implementazione di programmi in grado di accelerare il processo di cambiamento verso un’economia globale sempre meno inquinante. Il 16 novembre sono stati consegnati i Momentum for Change Lighthouse Initiatives Awards, riconoscimenti istituiti appositamente per premiare iniziative di carattere economico che permettono di mobilitare investimenti in energia rinnovabile (“We share Solar” e “off Grid Electric” tra le altre); l’elemento che accomuna tali iniziative, in contesti differenti:, è l’ambizione.

Ci si rende conto, infatti, che non sarà a parole che gli effetti del cambiamento climatico potranno essere arginati o contenuti: lo sforzo complessivo necessario a garantire un futuro sostenibile, non gravato da impatti in grado di incidere sulla qualità della vita di generazioni future, dipende dalla volontà collettiva di spingere il piede sull’acceleratore e reperire risorse attraverso ogni canale disponibile.

Rispetto alla COP21, a Marrakesh si è voluto imprimere un’impronta ancora più forte sui partecipanti, sottolineando il fatto che le risorse ci siano, e saranno potenzialmente maggiori via via che nuove prospettive di investimento nelle rinnovabili diverranno attrattive per i mercati; ciò che manca è un impegno condiviso sul piano finanziario per costruire una struttura comune.

Qualcuno potrebbe, a ragione, obiettare che tale struttura esista: il Green Climate Fund. Tuttavia, il target stabilito in sede dei negoziati per il raggiungimento di 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 è ancora lontano dall’essere raggiunto. Gli Stati risultano essere ancora restii a concedere ulteriori risorse in cambio di un ritorno la cui portata non è quantificabile; e, tuttavia, proprio alla COP22 tutti gli attori internazionali presenti concordano, non esiste cambiamento senza alti livelli d’ambizione. C’è anzi un’autentica filosofia dietro a questo pensiero, che prospetta una trasformazione del paradigma economico mondiale da attuarsi negli anni avvenire: il principio cardine su cui poggia è quello di complementarietà.

Ogni settore deve partecipare al processo di cambiamento, ad ogni livello devono essere sviluppate sinergie utili al funzionamento di un sistema finanziario integrato. Ogni risorsa acquisita deve poter essere investita e trasformata successivamente, in un circolo virtuoso i cui meccanismi possano essere replicati a livello globale; il modo più corretto per raccogliere fondi è quello di promuovere energie rinnovabili, efficienza energetica, riducendo allo stesso tempo i sussidi statali destinati ai combustibili fossili – questo, uno degli ostacoli maggiori per lo sviluppo di un mercato solido per le rinnovabili. Diverse personalità a livello internazionale concordano su questo punto: la portata espansiva dei mercati green è esponenziale. Una società che si pone come obiettivo quello di de-carbonizzare il sistema economico al 2050 è una società fortemente interessata ad investimenti in innovazioni ed economia circolare; in tali settori si creano nuovi posti di lavoro, attraendo investitori privati e permettendo la creazione di economie di scala.

La Microsoft, insieme ad altre imprese, ha deciso di aderire a tale filosofia seguendo una logica semplice ma brillante: istituendo un’autentica corporate carbon tax interna alla struttura della compagnia. Le risorse raccolte vengono poi reinvestite in energia rinnovabile, contribuendo ad alimentare un circolo virtuoso che apporta, tra i vari co-benefici, quello di far emergere una nuova consapevolezza tra i dipendenti. E questo non è che uno dei molti esempi di iniziative nate negli ultimi anni proprio sulla spinta dei negoziati sul clima: lo afferma Jordan Sturdy, segretario parlamentare per la British Columbia, dove una carbon tax introdotta a partire dal 2008 ha permesso la riduzione del 17% delle emissioni di gas serra pro-capite nazionali.

“All that we need, is a mindset shift”

Così afferma Rachel Kyle, CEO dell’associazione SE4All e rappresentante dell’UNSG in occasione della seconda settimana dei negoziati. Della stessa opinione sono stati il ministro olandese Ploumen ed economisti riconosciuti a livello globale: la ragione per cui il potenziale economico della transizione verso forme di energia rinnovabili non si è ancora pienamente esplicato deriva dall’”attaccamento” verso modelli di crescita ormai superati. Proseguire in questa direzione non è più possibile, neppure per inerzia: ogni istituzione deve, con forza, opporsi a politiche di incentivazione di fonti d’energia non rinnovabili ed introdurre segnali di prezzo efficaci, che riflettano il valore reale delle risorse naturali ed i costi sociali derivanti dall’estrazione, utilizzo e smaltimento di combustibili fossili.

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