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Nov

PERDITE E DANNI, SECONDO ROUND: PARLANO GLI SCETTICI

La prima storica sessione negoziale sul finanziamento di perdite e danni nella storia dei vertici ONU sul clima si era chiusa martedì pomeriggio con una lunga lista di esclusi, per motivi di tempo – ne avevamo parlato qui. Non avevano avuto la parola, di fatto, gli attori storicamente avversi alla creazione di un nuovo strumento finanziario ad hoc su perdite e danni: su tutti gli Stati Uniti d’America, ma anche l’Unione Europea ed altri. Il secondo round negoziale ha preso il via alle 17.20 di giovedì 10 novembre, con molti minuti di ritardo.

Con i Paesi meno entusiasti sono arrivate anche le prime richieste di chiarimenti, come era lecito aspettarsi. Ha aperto la sessione il Regno Unito, che pur nella volontà (più o meno genuina) di contribuire al momento storico ha da subito voluto distinguere tra eventi estremi dagli effetti immediati ed eventi ad impatto lento, da trattare diversamente in termini di risposte. Gli uni affrontabili nell’immediato tramite la cosiddetta cooperazione di emergenza, gli altri con piani di adattamento preventivi e potenziamento degli strumenti esistenti in questo senso. Una decisione, hanno detto i britannici, sarà sicuramente presa entro il 2024 – data-limite COP29 – ma sarà importante arrivarci con tutte le definizioni al loro posto. In sintesi, con un accordo politico globale su cosa è, in fin dei conti, la finanza per perdite e danni.

L’Australia, che ha preso la parola poco dopo, ha seguito una linea simile, sottolineando come ancora oggi esistano degli importanti “buchi” in termini di definizioni, appunto. Gli australiani hanno per questo chiesto una mappatura dei problemi e delle aree grigie nel prosieguo del processo.

La maggior parte dei delegati e osservatori in sala attendeva ormai da due giorni un altro intervento però, quello degli Stati Uniti d’Americaprimi responsabili storici dei cambiamenti climatici in corso in termini di emissioni generate. L’apertura dimostrata con l’accettazione di avere il punto nell’agenda dei lavori rimane politicamente timida, gli americani si guardano intorno con circospezione sapendo che ogni accelerazione rappresenterebbe per loro un sempre più vicino problema di budget. Il delegato statunitense ha aperto, come quelli britannico e australiano, alla necessità di un risultato negoziale nel 2024 (e non “entro” il 2024), consci che non esiste un’unica soluzione ad un problema tanto complesso e ancora parzialmente inesplorato.

Sebbene gli USA abbiano apprezzato la distinzione, portata a COP27 dai paesi in via di sviluppo, tra finanza climatica ex ante (come i progetti di adattamento) e quella ex post (come il sostegno alla ricostruzione dopo un disastro), continuano a dirsi confusi sulle definizioni. Per esempio, il supporto finanziario ad un Paese fragile in preparazione a probabili eventi estremi, inclusi sistemi di allerta e protezione civile, risulterà come finanza per perdite e danni (anche se ex ante) o per adattamento? Con una capriola retorica gli USA hanno quindi parlato di “adattamento trasformativo”, una sorta di approccio arrendevolmente resiliente da praticarsi in misure di adattamento preventivo molto spinte, come riallocazioni forzate delle popolazioni. Non il massimo per le orecchie dei delegati dei Paesi in via di sviluppo presenti in sala, diciamo.

Ultimo tra gli interventi di peso quello dell’Unione Europea che, dopo aver lungamente ricordato l’importanza della cooperazione europea nelle aree maggiormente colpite da disastri negli ultimi anni, ha insistito sulla concretezza del processo: prima di parlare binariamente di finanziamenti sì, finanziamenti no, occorre parlare di come arriveremo ad avere tutte le definizioni entro il 2024. Sarà lanciata una mappatura degli attori e dei bisogni? Saranno analizzate le mancanze dell’attuale sistema finanziario globale in merito a perdite e danni, anche fuori dal contesto UNFCCC? Per evitare l’impressione – legittima – di voler solo prendere tempo, il delegato UE ha infine ricordato che anche se il processo necessario alle definizioni può sembrare lungo e frustrante, il mondo non si muove in un vuoto finanziario: nell’attesa della decisione da prendere nel 2024, dicono gli europei, sarà possibile potenziare gli strumenti esistenti.
Un tentativo politico di dimostrare, ex post, che forse andavano già bene gli strumenti di cui disponevamo.. ex ante?

Come Italian Climate Network continuiamo a credere nella necessità di creare strumenti finanziari innovativi e indipendenti da quelli esistenti su mitigazione e adattamento per affrontare adeguatamente il tema, mentre si sciolgono i nodi tassonomici in merito all’accettabilità delle richieste di compensazione. Qualche mese fa abbiamo anche lanciato una campagna proprio su perdite e danni assieme al consorzio europeo Spark, è possibile aderire cliccando qui.

I negoziati su perdite e danni riprendono domani, ultime battute prima della pausa domenicale e prima dei negoziati ministeriali della prossima settimana.

Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor e UNFCCC Contact Point

Foto di copertina: la seconda sessione su perdite e danni è iniziata con venti minuti di ritardo, i delegati collegati da remoto hanno fissato sedie vuote per diverso tempo – Italian Climate Network

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