08
Nov

PERDITE E DANNI, VIA ALLE DANZE

La terza giornata di COP27 non sarà sicuramente ricordata per la seconda sfilata di Capi di Stato di Governo, impegnati a pronunciare discorsi senza alcuna reale novità – quasi nessun annuncio in merito all’aggiornamento degli NDC – di fronte ad una plenaria vuota, con il solo favore delle telecamere. La maggior parte dei leader di rilievo internazionale ha parlato ieri, inclusa la nostra premier Meloni – ne abbiamo parlato qui. La mattinata a COP27 è quindi passata tra prime sessioni negoziali di conoscenza reciproca e preparazione di tempi, modi e regole per le discussioni dei dieci giorni successivi. Ma anche qualche nervosismo.

Relativa tranquillità nel primo incontro formale sull’Articolo 6.2 dell’Accordo di Parigi, sulla collaborazione volontaria tra Paesi in termini di scambi di mercato di emissioni, sostanzialmente privo di novità o particolari posizioni – è ancora troppo presto. 

Molto più delicato invece l’incontro sul paragrafo 6.4 che tratta del futuro (prossimo?) sistema globale di cooperazione sui crediti di emissioni secondo schemi di mercato. Facendo seguito ad una richiesta di chiarimento emersa a COP26 da parte dei negoziatori in merito a cosa si dovesse intendere tecnicamente per “rimozioni di carbonio” nei testi – insomma, una tassonomia – il gruppo di supervisione tecnica (Supervisory Body) ha presentato una serie di raccomandazioni che sono state accolte molto male dalla società civile per la vaghezza delle definizioni, che sembrano lasciare troppe porte aperte; accolte invece molto velocemente dai sottogruppi di negoziatori che avrebbero già stilato un testo quasi definitivo, un rush iniziale davvero inatteso. A detta di alcune associazioni, questa vaghezza potrebbe aprire la strada all’inclusione nelle misure nella parte cooperazione sotto l’Accordo di Parigi a soluzioni di geo-ingegneria ultra-invasive e sostanzialmente contrarie allo spirito ed agli obiettivi dell’Accordo stesso. Monitoreremo l’andamento di questa parte di negoziato per fornirvi più dettagli nei prossimi giorni, con un particolare focus sulla tutela dei diritti umani delle popolazioni coinvolte.

L’appuntamento più atteso della giornata è stato però il primo incontro dei delegati dei Governi sul punto 8.f dell’agenda dei lavori, la definizione di strumenti finanziari a sostegno di perdite e danni, previsto per le ore 16.00. Che non si sarebbe trattato di un negoziato qualsiasi lo si capiva fin dalle prime ore del mattino, quando delegati e osservatori hanno cominciato a ricevere email di cancellazione o spostamento di altri meeting nel pomeriggio, nel terrore generalizzato di non trovare posto in sala. Timori fondati. Centinaia di delegati e osservatori si sono assiepati attorno alla sala, troppo piccola per un tema di questa portata, già dalle 15.00 creando un enorme ingorgo nella parte centrale del centro congressi di Sharm El-Sheikh. Che alcuni osservatori sarebbero rimasti fuori per fare posto ai delegati dei Governi (inclusi noi di ICN) era atteso; abbastanza incredibile invece vedere quanti negoziatori ministeriali siano poi rimasti di fatto chiusi fuori per l’esaurimento della capienza della sala, senza poter quindi intervenire.

(foto: dettaglio rubato dell’immenso ingorgo di delegati fuori dalla sala dove si negoziava sul finanziamento di perdite e danni nel pomeriggio dell’8 ottobre – Italian Climate Network)

Il problema in realtà non si è posto. La prima sessione negoziale formale su perdite e danni in trent’anni di conferenze sul clima è durata solo un’ora e ha visto gli interventi di Repubblica Dominicana, Ecuador, Maldive, Antigua e Barbuda, India, Sud Africa, Messico e Tuvalu, insomma con una maggioranza di Paesi fortemente favorevoli all’istituzione del nuovo strumento finanziario. Sono invece rimasti in lista d’attesa Paesi critici o dalle posizioni influenti come Stati Uniti d’America, Regno Unito, Canada e altri.

Ma cosa hanno chiesto e proposto, in dettaglio, i Paesi che sono intervenuti nella prima, storica seduta di questo filone di lavoro? Utile riprendere l’intervento del delegato dell’Ecuador, che ha parlato a nome del Gruppo dei 77 più Cina, promotori dell’iniziativa politica su perdite e danni. 

  • Creazione di un fondo di risposta su perdite e danni che sia adatto allo scopo e multilaterale;
  • La finanza su perdite e danni non può essere confusa con quella a sostegno delle azioni di adattamento, semplicemente perché sull’adattamento si lavora ex ante, sulla base di progetti; in caso di perdite e danni occorre rispondere ex post, in maniera emergenziale e i finanziamenti non possono essere soggetti a eccessivi controlli di monitoraggio e valutazione vista la necessaria rapidità delle risposte dovute;
  • La finanza su perdite e danni deve essere il più possibile pubblica e accessibile a tutti i Paesi;
  • Nella consapevolezza che non tutte le decisioni potranno essere prese a COP27, ma al massimo entro il 2024, si proceda quantomeno con l’istituzione di un organismo di coordinamento e controllo della finanza su perdite e danni, addizionale a quelli esistenti su mitigazione e adattamento;
  • Il fatto che perdite e danni non rientrano nella reportistica biennale obbligatoria sotto l’UNFCCC e l’Accordo di Parigi non vuol dire che i Paesi non possano, autonomamente, includere analisi e stime – sin da subito – su perdite e danni subiti, in prospettiva della creazione dello strumento finanziario (identificare le necessità è infatti un punto nodale del processo);
  • Servono da subito risorse straordinarie sul filone di lavoro di perdite e danni nel bilancio UNFCCC, già approvato senza alcuna menzione del tema (quindi senza previsione di spese per workshop, incontri, vertici etc. fino al prossimo anno).

Quello di oggi è stato il primo di una serie di incontri che, in questa prima settimana, dovranno preparare umori e bozze per i negoziati ministeriali della seconda settimana, quella decisiva. Moltissimi ancora gli interrogativi sul tavolo, a partire dall’identificazione tassonomica di cosa sia un evento estremo direttamente collegabile al cambiamento climatico da ogni Governo, dall’ONU, da investitori privati secondo criteri condivisi e intelligibili. 

In poche parole, quali eventi potranno poi essere meritevoli di compensazione e quali invece no, e perché. Ciononostante, i paesi del Sud del mondo sembrano aver impostato il lavoro in maniera pragmatica, alzando da subito l’asticella dell’ambizione ma ben sapendo di avere almeno altre due COP per portare a casa l’obiettivo

L’asticella di questa COP incerta e sorprendente si alza improvvisamente.

Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor e UNFCCC Contact Point

Foto di copertina: il Primo Ministro di Antigua e Barbuda, Gaston Browne, apre la sessione negoziale sul finanziamento di perdite e danni – Italian Climate Network

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